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Conferenza Emma Bonino
Bonino Marta - 22 luglio 1997
Varie * La Repubblica

VISTO? NON ERA L'ITALIA CON I CONTI IN DISORDINE

ROMA - Era il 23 aprile scorso a Bruxelles, data che resta negli annali europei per la prime "battaglia delle pagelle". Preceduto dalla grancassa delle indiscrezioni di stampa, il commissario europeo per la moneta unica, il francese Yves Thibault de Silguy, presento' alla riunione della Commissione europea le ettesissime previsioni dei suoi esperti sui conti pubblici degli Stati membri. Verdetto: Germania e Francia promosse all'esame preliminare per la moneta unica. Ade entrambi i Paesi De Silguy assegnava un deficit pubblico pari a un bel 3,0% del Pil. Una cifra tonda tonda, esattamente entro il limite massimo consentito da Maastricht. L'italia invece era in odore di bocciatura con un contestatissimo 3,2%. In quel fatidico mattino del 23 aprile, intorno al tavolo della Commiussione si erano levate due voci di dissenso: Emma Bonino e Mario Monti. I due commissari, com'è noto, per statuto sono i ministri dell'Esecutivo europeo, pertanto non rappresentano il proprio Paese. Eppure in quella occasione i due ita

liani si sono ribellati senza esitazioni ad un trattamento che trovavano ingiusto. Un giudizio sbagliato non solo e non tanto per l'Italia(in effetti, solo nei due mesi seguenti il miglioramento dei nostri conti pubblici si è consolidato a tal punto da rendere quasi certo il nostro 3%), ma piuttosto perché Germania e Francia sembravano godere di un'eccessiva indulgenza. Il sospetto di allora è diventato una certezza, come ha confermato a Repubblica Emma Bonino.

Tre mesi fa, giorno per giorno, il suo collega de Silguy prevedeva che Francia e Germania avrebbero raggiunto il 3% di deficit/pil.

Adesso lostesso governo francese lo ha smentito clamorosamente: il deficit pubblico di Parigi tende verso il 3,5-3,7%. Perfino dopo la manovra aggiuntiva annunciata ieri, la Francia ammeette che a fine anno non raggiungerà il 3% ma un livello di disavanzo compreso fra il 3,1 e il 3,3%. In quanto alla Germania, Waigel promette di centrare il parametro di Maastricht, ma i più autorevoli economisti tedeschi ne dubitano. Insomma, i fatti hanno dato ragione a lei e a Monti.

"Certo che avevamo ragione, oggi è più evidente che mai".

Eppure quel giorno la vostra battaglia fu inutile.

"Inutile non lo so, forse fu frantesa. Vede, il problema non era quello di avere un occhio di riguardo o una particolare clemenza nei confrnti dell'Italia. Le obiezioni che furono mosse alle cifre presentate da de Silguy non andavano assolutamente nel senso di chiedere indulgenza per un Paese. Semmai, era ben visibile il rischio di sottovalutare i problemi e le difficoltà altrui".

Il 23 aprile si ebbe l'impressione che quelle cifre fossero state piegate alla ragion di Stato (dei due Stati più forti). Sia l'Ocse che il Fondo monetario internazionale formulavano già allora previsioni più pessimistiche sui conti francesi e tedeschi.

"Ma bastava vedere quel che stava accadendo sul piano politico. Vorrei ricordare che quella discussione con de Silguy avvenne mentre il presidente Jacques Chirac aveva sciolto l'Assemblea nazionale francese per andare alle elezioni anticipate. Nel motivare quella decisione, Chirac aveva fatto esplicito riferimento alla difficoltà di rispettare l'appuntamento della moneta unica. Era strano che la Commissione non ne tenesse conto, dando per scontato il raggiungimento di un obiettivo che lo stesso presidente francese vedeva in pericolo. In Germania poi, se si pensa allo scontro WaigelBundesbank sull'oro, forse è andata anche peggio."

 
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