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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 30 settembre 1997
umanitario, afghanistan * LA REPUBBLICA
Le schiave dell'Afghanistan

Uno schiaffo all'Occidente che si è illuso di poterle

aiutare

di GUIDO RAMPOLDI

EMMA Bonino ha l'ottimo vizio di immettere nel suo ruolo di Commissario europeo ciò che in genere la diplomazia internazionale rifugge: valori, principi, passioni civili. E questo probabilmente spiega perché ieri mattina a Kabul sia incorsa in un incidente mai accaduto prima ai prudentissimi emissari delle Nazione Unite: è stata arrestata dai Taliban, gli ultra-fondamentalisti afghani.

Agli occhi di quei guerrieri, gli occidentali erano incorsi in varie e gravi violazioni. Non solo la Bonino se ne girava spudoratamente a viso scoperto, ma addirittura non mostrava alcuna sottomissione ai Taliban intervenuti, comportamento inammissibile per chi usa la stessa parola, artina, quando vuole significare sia "donna adulta" sia "essere inferiore". Inoltre i cameramen stavano riprendendo alcune donne afghane, anche questo un tabù infranto, essendo alle donne proibite perfino le foto-tessera, nel terrore che quelle immagini siano poi destinate ad usi innominabili.

Infine tutto questo accadeva in uno dei luoghi più sensibili dell'Afghanistan talibanizzato, il reparto femminile dell'ospedale di Kabul, lì dove collidono teologia e buon senso. Nel reparto dovrebbe essere in vigore il codice di comportamento stilato dal messia dei Taliban, il mullah Omar, il quale da Khandahar trasmette via fax a Kabul i voleri di Allah. Omar ha la sua linea rossa col Cielo ma lassù nessuno ha studiato medicina. Se le sue raccomandazioni fossero applicate alla lettera, se per esempio il medico non potesse palpare la zona malata e le pazienti dovessero restare sotto il burqa anche nel corso dell'intervento chirurgico, l'ospedale sarebbe la via più breve al cimitero. Poiché invece le donne sopravvivono ai tentativi di mullah Omar, si deve supporre che medicina e mistica abbiano trovato un compromesso. Ma in segreto, con ipocrisia islamica.

Per tutto questo era scontato che l'intrusione degli occidentali avrebbe scatenato la reazione furiosa della polizia coranica di guardia all'ospedale. Improbabile che la Bonino non l'avesse previsto. E ancor più improbabile che l'incursione sia avvenuta solo per un caso nel primo anniversario della caduta di Kabul. Ma poiché l'etichetta vieta ad un Commissario europeo di prodursi in "provocazioni", la Bonino non potrà che negare di aver cercato questo meritorio incidente. Senza il quale i media occidentali oggi non tornerebbero a parlare di un argomento che sembra premere soltanto a pochissimi giornali, tra i quali questo: la sorte delle donne di Kabul. Delle prigioniere di Kabul.

Da un anno nell'Afghanistan sotto il tallone dei Taliban le donne sono esseri inferiori per effetto dei decreti che arrivano via fax direttamente da Allah, ovvero dal suo tramite sulla Terra, il quarantenne analfabeta mullah Omar. Non possono studiare, lavorare, cantare, chiacchierare in pubblico con altri se non i consanguinei, esporre la bocca, gli occhi, l'avambraccio, fumare, viaggiare, esistere se non come madri o sorelle. Ovunque sono soggette alle aggressioni della polizia coranica, che può bastonarle a piacimento con le verghe sacre. Da un anno così vivono a Kabul, mentre la comunità internazionale si gingilla con l'illusione di un baratto: massicci aiuti umanitari contro un allentamento della pressione sulle donne (e la proibizione di coltivare il papavero da oppio). Parrebbe un compromesso ragionevole, dopotutto l'Onu si accontenterebbe di azioni simboliche, almeno all'inizio. Ma com'era evidente anche ieri, i Taliban sono estranei alla razionalità occidentale.

Anche il regime più osceno del pianeta avrebbe tentato di mostrare un volto accattivante al Commissario europeo per gli aiuti umanitari, essendo comunque in gioco milioni di dollari in cibo e medicine. Invece la Bonino ieri ha rischiato d'essere bastonata per aver cercato di visitare un ospedale. Casomai qualcuno si illudesse ancora, i Taliban sono del tutto indifferenti alla sorte dei loro sudditi, che considerano, non a torto, popolazioni ostili. Dunque il baratto "umanitario" non può funzionare. Tutto ciò che preme ai Taliban è l'occorrente per la guerra in corso contro le fazioni di etnia tagica e uzbeca asserragliate nel nord. Armi, munizioni, benzina, denaro per le paghe dei soldati (i quali non combatterebbero per Allah senza quell'incentivo in petrodollari). Gran parte di questo è fornito dal Pakistan, come è universalmente noto e tacitamente ammesso. E dunque sul Pakistan che dovrebbe indirizzarsi la pressione europea ed occidentale. Se questo non avviene, è per calcoli strategici presenti soprattut

to agli americani. I Taliban sono, grossomodo, degli imbecilli, ma in apparenza imbecilli utili. Rappresentano una spina nel fianco di un fondamentalismo ben più pericoloso, quello iraniano. E stabilizzando l'Afghanistan aprirebbero la strada agli oleodotti per succhiare il petrolio del mar Caspio ambito da iraniani e russi. La "provocazione" della Bonino sembra fatta apposta per ricordare gli spaventosi limiti di questa geopolitica in cui salta ogni congruenza tra mezzi e fini. In primo luogo, produrre mostri per combattere altri mostri (la politica americana nell'area), conduce solo alla nascita di nuovi Saddam, alla moltiplicazione dei Frankenstein pronti a rivoltarsi contro tutto ciò che l'Occidente in astratto rappresenta, e che l'Europa per una volta concretamente ha testimoniato attraverso la propria ambasciatrice.

 
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