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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maria Federica - 3 novembre 1999
Speaking-notes per l'intervento di Emma Bonino al Foro Formentor - (Mallorca 22-23 ottobre 1999)

Lasciatemi esprimere in primo luogo la mia gratitudine al Foro Formentor, a doppio titolo : per l'onore che mi é stato fatto includendomi fra coloro che presiedono i panels, ma ancor più per avermi affidato i lavori di questo pomeriggio, ai quali avrei comunque assistito, anche da semplice spettatrice, per l'interesse del tema - le migrazioni e il loro impatto sulle società contemporanee - e per il calibro dei relatori.

Approfitto del mio ruolo per qualche brevissima riflessione preliminare e personale, per qualche spunto sul nostro tema che offro alla nostra discussione.

Continua a stupirmi il constatare che ci sono ancora in Europa governanti, leader politici, opinion-maker i quali - preoccupati (se non addirittura spaventati) dai grandi e continuati flussi migratori contemporanei che attraversano l'area mediterranea - promettono a se stessi e all'opinione pubblica di combattere questo fenomeno epocale (o quanto meno di ridurlo drasticamente) reprimendolo alle frontiere, " fisicamente ", e sul territorio europeo, con leggi sempre più restrittive, riguardanti il diritto dei non-europei a trasferirsi in Europa.

Tale approccio rivela, oltre a una certa grettezza morale, anche una palese incapacità di interpretare la realtà socio-economia contemporanea nonché alcuni principi fondatori della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Da una parte la crescita dei flussi migratori é una delle conseguenze della globalizzazione dell'economia mondiale, cioé di un fenomeno che (libero ciascuno di pensarne quel che vuole) é già in corso : esso puo', anzi deve, essere governato ma non puo' certo essere fermqto né tanto meno cancellato. Per un altro verso le migrazioni di oggi verso l'Europa, come le migrazioni di ieri dei nostri nonni e padri, dall'Europa verso le Americhe, alimentate come sono dai bisogni materiali, ci ricordano il diritto inalienabile di ogni essere umano a sfuggire alla povertà e al degrado, a salvaguardare - come puo' e dove puo' - la dignità della persona, propria e dei propri cari.

Il che non vuol dire naturalmente che l' Europa di oggi, e parlo soprattutto dell'Unione Europea, non debba - di fronte all'ampiezza del fenomeno e ai mutamenti sociali e culturali che esso induce - studiare e adottare le misure più opportune, anche sul terreno legislativo, per fronteggiare questa sfida.

C'é un enorme lavoro da fare sul piano sociale e culturale, nel mondo del lavoro e in quello della scuola (cito solo i due esempi più vistosi) al fine di disinnescare in tempo incomprensioni e tensioni prodotte dal passaggio di tutto il nostro continente - anche delle ultime società monoetniche, come l'italiana - alla multietnicità e alla multiculturalità. C'é un enorme lavoro da fare perché l'Europa scopra che l'Islam, lungi dall'essere - come qualcuno sostiene - il " nemico numero uno dell'Occidente ", alla stregua del comunismo ieri, é solo una religione in nome della quale, come accade a tutte le altre, gli uomini possono compiere grandezze e nefandezze.

A me sembra tuttavia che il nucleo centrale di questa sfida che l'Europa ha davanti a sé riguarda la nostra capacità di offrire tempestivamente ai " nuovi cittadini " la cui venuta arricchisce e complica l'antico mosaico europeo, un quadro giuridico di riferimento che sancisca parità di diritti e di doveri per tutti.

Ho alcune idee in proposito e voglio esporle a mo' di conclusione. Poiché ogni forma di coabitazione comporta, per definizione, la rinuncia a qualcosa da parte di tutti i coabitanti (vale sempre il vecchio motto secondo cui la tua libertà finisce dove comincia la mia) ; poiché il quadro giuridico di riferimento di cui parlo deve soddisfare le esigenze di esseri umani che hanno lingue, religioni e tradizioni diverse ; io credo che l'autorità (Stato nazionale o ente sovranazionale) emanante tale quadro giuridico di riferimento (1) debba necessariamente ispirarsi alla più rigorosa laicità ; (2) debba prendere in considerazione esclusivamente diritti e doveri dell'individuo.

Quando parlo di laicità dello Stato penso alle distanze che il legislatore deve prendere non solo rispetto alle religioni e ai loro precetti (che vincolano, a mio modo di vedere, solo le singole coscienze), ma anche rispetto alle tentazioni e inclinazioni che possono ispirare i condizionamenti ideologici, etnici o altri.

Si sente spesso parlare, e spesso in buona fede, di relativismo culturale, dell'opportunità cioé di rispettare l'altro da noi, rispettandone usi e costumi, anche quando urtano la nostra sensibilità, e astenendoci dall'imporre i nostri usi e costumi. Principio accettabile (non senza qualche riserva) per quanto riguarda la sfera personale del cittadino, ma improponibile quando si parla di leggi, di regole valide per tutti. Dobbiamo avere il coraggio di dire che il rispetto per gli altri e per le loro culture non puo' in alcun caso consentire l'introduzione nell'ordinamento giuridico di uno Stato di diritto di norme in uso in altri paesi ma che di fatto ratificano violazioni dei diritti fondamentali della persona. Dalla pena di morte alle mutilazioni sessuali, passando per ogni forma di discriminazione basata sul sesso.

L'unica bussola che deve guidarci é quella che conduce allo Stato di diritto : una visione del mondo in virtù della quale, nei rapporti fra i popoli, gli ideali e i principi universalmente riconosciuti come validi per l'umanità intera, valgano almeno quanto le materie prime.

 
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