Venezia.
Il terzo incomodo, capace di innestare qualche patema nel duello fra i poli, si chiama Emma. Se sarà un ciclone, come è avvenuto alle ultime europee, lo diranno le urne del 16 aprile. Di sicuro lei, Emma Bonino, va alla guerra con il piglio di chi vuol vincerla.
- A che serve, oggi, un voto ai radicali?
Dare la preferenza alla lista Bonino significa poter vincere in alcune regioni. Penso al Piemonte, per esempio, che non do affatto per perso. La vittoria non è fine a se stessa, serve a innescare la rivoluzione liberale e federalista nel nostro Paese. E anche laddove non vincessimo, serve avere 1/5 dei consiglieri regionali, in modo da poter sottoporre al giudizio di un referendum popolare il prevedibile pasticcio elettorale che i partiti ci proporranno quando metteranno mano allo Statuto di ogni singola Regione. Le due coalizioni, infatti, in materia di legge elettorale, hanno al loro interno le più inconciliabili divergenze e finiranno per accordarsi su una quindicina di mattarellum. Certo, l'esito del referendum del 21 maggio può influire su questi processi, ma serve comunque una pattuglia d'avanguardia all'interno dei Consigli regionali, al fine di scongiurare pastrocchi che sarebbero la replica del marasma romano in tante copie quante sono le Regioni.
- Ma in una situazione in cui la competizione elettorale sembra risolversi in un duello fra i due poli, prediligere altri soggetti non implica disperdere il voto?
- I due poli sono speculari. Come si fa a pensare di dare nuove competenze alle Regioni a fronte del ceto politico di governo che si esprimerà, per esempio, nel Veneto?
Noi siamo l'unica alternativa alla partitocrazia e un antidoto alla restaurazione.
- Lei ha avuto modo di conoscere Giancarlo Galan fin dal '94, quando fu eletta deputato a Padova nelle liste di Forza Italia. Che giudizio ha maturato sul leader del Polo veneto?
Non ho avuto gran rapporti con lui, perché l'anno seguente l'elezione sono stata nominata commissario europeo. Ma la mia impressione, riguardo Galan, pensando all'Europa e alle Regioni-Stato, è quella di un amministratore senza grandi capacità di innovazione e un politico non esattamente cuor di leone di fronte ai rigurgiti e innesti democristiani che pervadono il suo partito e il Polo.
Voi radicali avete definito Galan un candidato debole. In che senso, posto che si tratta del presidente uscente della Giunta?
Ripeto che mi pare accerchiato dai democristiani e che in termini di innovazione e di leadership appare inadeguato. Ammesso che sia stata fatta, non basta la buona amministrazione. Prendiamo il tem immigrati. Vogliamo dire che senza immigrazione un bel po' di aziende venete chiuderebbero i battenti? Vogliamo dire che se non importiamo ingegneri telematici dall'Asia saremo tagliati fuori dalla new economy? Essere leader vuol dire avere il coraggio e l'autorevolezza per affermare anche verità scomode. Caratteristiche che Galan non ha. Mi pare che segua una parola d'ordine che gli arriva dal centro, difatti Berlusconi s'è accordato con Bossi, Cossiga, Buttiglione, Andreotti, mica noi.
- Su quali regole condominiali potrà reggersi la "casa delle libertà"?
Berlusconi m'è parso, durante e dopo le trattative con noi, un leader assediato e dimezzato, che non so quando finirà disarcionato. Mi pare prigioniero di alleati retrogradi e passatisti, come dimostrano le sortite di Fini e Buttiglione per la revisione della legge sull'aborto. Peggio mi sento quando Berlusconi, per colmo di opportunismo, dice ai suoi adepti che su divorzio e aborto è meglio glissare e non rispondere alle domande degli elettori. E poi mi parlano di valori.
- E' suoi valori, tuttavia che hanno innalzato le barricate per impedirvi di accedere alla "casa delle libertà"
Sono una sfasciafamiglie, infatti. Loro, avendone molte di famiglie, hanno un'esperienza di cui parlare. Con le crociate annunciate da questa destra oscurantista su diritti civili, immigrazione, religione, aborto, divorzio mi pare assistere a un ritorno indietro di 30 anni. Se poi penso che Casini ha lanciato gli effetti della new economy, senza capire che non si tratta affatto della distruzione di settori sani dell'economia, come può essere il tessile nel Veneto! Bisogna essere dei peracottari per non capire che vendere in Internet può aprire nicchie di mercato negli USA o in Australia, facendo andare al di là della vendita porta a porta sia chi produce olive in Puglia che chi si occupa di abbigliamento nel Nordest.
A proposito di economia, come valuta la designazione di Antonio D'Amato al vertice di Confindustria? Secondo Agnelli "hanno vinto i berluschini".
Per alcuni perdere è proprio difficile. Intanto, ritengo molto positivo che Confindustria abbia votato. Se votasse pure il sindacato sarebbe bene, inizierebbe la modernizzazione invocata anche da Padoa Schioppa. Vedo con favore l'elezione di D'Amato, se non si farà stringere troppo dalle mediazioni.
- Come dire: se non salverà la concertazione ad ogni costo?
I sindacati e le categorie economiche non sono tutti gli interessi in campo, mentre la politica è labile nella sua funzione di rappresentanza delle istanze generali. La concertazione spesso è stata un confronto fra i sindacati dei garantiti e i rottamatori. E' mai possibile, per esempio, che in una vertenza per gli autoferrotramvieri non sia sentita anche la voce degli utenti?
- Ma con chi ritenete di poter avviare quella che chiamate la rivoluzione liberale nel Paese?
Berlusconi è troppo impegnato a vincere purchessia, a prescindere dagli obiettivi di un suo eventuale governo. Mentre noi gli proponevamo un programma, lui aveva già sottoscritto tutti gli accordi illiberali possibili e immaginabili. Non capisce il rischio contenuto nella miscela don Gelmini-Bossi, con una visione tutta proibizionistica, molto da grida manzoniane, anche se non le rispetta nessuno. E al situazione non è per niente migliore sul versante di sinistra, con il ministro Bianco che pensa sia sufficiente mettere i divieti alle discoteche. Ci resta, però, il dialogo con una buona parte degli elettori di centrodestra e anche di centrosinistra.
- E mai colta da scoramento e tentata dall'idea che l'Italia sia irriformabile?
In 30anni di battaglie, ho sperimentato che le riforme vere sono venute quasi sempre dalla gente e quasi mai dai partiti. Potrei aggiungere che lo sconforto mi prende un giorno e l'altro pure, ma poi cerco di tenere duro dicendomi che qui, nella società, la rivoluzione sociale è già iniziata, solo che la classe politica non se ne accorge.