Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
dom 11 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maria Federica - 20 marzo 2000
L'ECO DI BERGAMO - 16 marzo 2000
Speciale Pagina 8

Di Franco Cattaneo

Fini, nell'intervista di questa serie al nostro

giornale, dopo la mancata intesa con il Polo vi

ha accusato di incoerenza sul piano del

bipolarismo, aggiungendo che ora per il

centrodestra sarà tutto più semplice. Lei cosa

risponde?

"Noi - risponde Emma Bonino, leader dei radicali

e candidata alla presidenza della Regione

Piemonte - siamo sempre stati bipartitici

anglosassoni. Certo, il bipartitismo in questo

Paese non esiste, anche se i cittadini con i

referendum del '92-'93 sono stati chiarissimi:

avevano optato per il maggioritario e il

bipartitismo. Poi i partiti rappresentati in

Parlamento hanno deciso che l'esito referendario

non andava bene e gli stessi hanno inventato il

Mattarellum (l'attuale sistema elettorale misto

che si vuole correggere in senso maggioritario

con uno dei quesiti referendari di maggio: n. d.

r). Dal punto di vista della legge elettorale

non siamo andati né a Londra né a Parigi. Ci

troviamo viceversa, con tutto il rispetto per il

Libano, nel Paese dei Cedri o in piena Romania.

Non siamo né nel maggioritario bipartitico né

nel bipolarismo ordinato alla francese. Siamo al

pasticcio di 44 partiti e partitini virtuali che

si creano per partenogenesi dei gruppi

parlamentari: un bel giorno un paio di

parlamentari saluta e si fa un altro gruppo.

Detto questo, a Fini rispondo dicendo che, per

noi, quella elettorale è la riforma delle

riforme: o si risolve questo problema, o si

torna al proporzionale. Noi, dinanzi a ripetute

e patenti illegalità, non ci arrendiamo".

L'iniziativa referendaria a favore del

maggioritario ha però accelerato la

controffensiva dei proporzionalisti.

"Tutti ora si rendono conto che le conseguenze

del Mattarellum sono un disastro e quindi, dopo

aver sprecato sette anni, corrono ai ripari. Io

resto convinta che serva una svolta - come dire?

- radicale. In un Paese bastano due partiti: chi

vince ha l'obbligo di governare, senza ribaltoni

e pasticci vari, e chi perde si prepara per la

volta successiva, esercitando nel frattempo

funzioni di controllo. Questo ci hanno insegnato

le grandi democrazie".

Ci aiuti a capire: la mancata intesa con

Berlusconi vi ha lasciato l'amaro in bocca, o

siete comunque soddisfatti così?

"Credo davvero che il dialogo con l'elettorato

di orientamento liberale debba rimanere aperto,

quindi mi è dispiaciuto molto del cambiamento di

posizione di Forza Italia".

Lei conferma che la rottura è avvenuta sulla

indisponibilità di Berlusconi a sottoscrivere la

scelta maggioritaria (sostenuta da Fini ma

osteggiata da Bossi) e quindi a schierarsi a

favore del vostro referendum elettorale?

"I nodi sono i referendum. Del resto, Forza

Italia ancora oggi non ha detto cosa farà il 21

maggio, il giorno del voto referendario, sui

quesiti che abbiamo posto. Tutto questo mi

dispiace, perché osservo una deriva che non mi

pare esattamente moderata, piuttosto orientata

verso posizioni sempre meno chiare. E legittimo

- per carità - cambiare opinione, purché lo si

dica. Ma non è legittimo contestare a chi non ha

cambiato opinione di ricorrere a un pretesto".

Al Nord abbiamo sempre avuto il tripolarismo: il

terzo polo era rappresentato dalla Lega, oggi da

voi.

"La nostra ambizione non è affatto quella di

costituire un terzo polo. Voglio essere chiara

su questo aspetto: noi intendiamo rappresentare

una forza che costringa uno degli altri due

schieramenti ad assumersi responsabilità

liberali in politica economica, anche in termini

di diritti civili. Il nostro obiettivo è dunque

quello di coagulare quelle forze che hanno già

compiuto una rivoluzione sociale e della quale

la classe politica non vuole prendere atto.

Perché il punto è proprio questo: una

rivoluzione sociale è già stata compiuta, nel

modo di produrre, di lavorare, di inventarsi

nuove attività. Vogliamo essere una forza che

riesca a condizionare con un'impronta liberale

il centrodestra o il centrosinistra".

Parliamo degli altri referendum, quelli

cosiddetti sociali: in realtà vi si accusa di

proporre quesiti antisociali. Per cui la domanda

diventa questa: ce l'avete con il sindacato in

quanto tale, o con "questo" sindacato?

"Noi ce l'abbiamo con "questo" sindacato rimasto

fermo agli Anni Settanta, che difende le regole

fatte allora per un sistema produttivo che era

quello degli Anni Sessanta e che pretende di

applicare le stesse regole nel Duemila anche per

difendere se stesso e il suo potere

politico-burocratico. Viceversa, il problema che

tutti noi sentiamo è quello di ampliare le

possibilità di assunzione, di aprire porte e

finestre alla nuova economia. Nuova economia -

lo voglio sottolineare - non vuol dire affatto,

come qualcuno paventa, che le attività

produttive attuali debbano chiudere. Non è così,

perché le nuove tecnologie possono dare

potenzialità ai settori sani della nostra

economia".

In sostanza, lei è dell'idea di Tremonti, di

Forza Italia, per il quale Internet è il

"manifesto" della destra libertaria?

"Sì, proprio così. Bisogna pensare che, nel

campo delle nuove tecnologie, l'Europa è già in

ritardo e l'Italia, nel quadro continentale, lo

è ancora di più. Nel nostro Paese solo l'otto

per cento dei cittadini è collegato ad

Internet".

Il Nord, e soprattutto il Nordest, è

protagonista dell'attuale rivoluzione

capitalistica: in questo tipo di sviluppo quale

spazio c'è per i diritti dei lavoratori, per le

regole, per il sistema della solidarietà?

"La più grande forma di solidarietà è il lavoro

e non le false pensioni di invalidità,

l'assistenzialismo, la carità pelosa. Quindi

bisogna ampliare le possibilità di lavoro in una

società che muta. La solidarietà non è l'assegno

assistenziale a casa, ma - per esempio - è più

formazione".

Ci troviamo in una situazione contraddittoria:

l'occupazione cresce, però la crescita avviene

in gran parte nelle aree forti del Paese e

quindi si aggrava il divario fra Nord e Sud.

"Sì, questo è vero. Però noi ci siamo inventati

i lavori socialmente utili, che sono

assistenzialismo, e pertanto continuiamo ad

avere delle palle al piede mentre il resto del

mondo corre. Noi andiamo piano, a traino della

congiuntura internazionale, gli altri vanno al

galoppo. Le dicevo di Internet e, su questo

tema, ricordo che solo il 14% delle imprese

italiane utilizza il web per parlare con i

propri fornitori, là dove la media europea è del

25%. E una questione di priorità, di scelte

politiche".

Immaginiamo che voi stiate dalla parte del

presidente designato di Confindustria, D'Amato,

e che condividiate la lettura che è stata data

di questa vicenda, cioé dell' imprenditoria

"nuova" che ha battuto il vecchio capitalismo

delle grandi famiglie e dei poteri forti.

"Mi auguro che tutto non sia un'illusione. Mi

auguro cioé che D'Amato resista e che i poteri

forti non tentino subito di condizionarlo.

Quanto è avvenuto in Confindustria lo interpreto

come la riscossa della piccola e media impresa,

e spero anche della piccolissima, che è quella

che produce più ricchezza in Italia".

Onorevole, parliamo adesso di Europa, una

situazione che lei ha vissuto da Commissario:

perché voi fate parte del Gruppo tecnico con la

Lega, mentre sarebbe stato più facile vedervi

con i liberali con i quali siete più affini?

"Non è esattamente il nostro punto di vista: i

liberali sono tali in economia, ma non sono

federalisti. I nordici, poi, sono marcatamente

anti-europei. Il nostro progetto è quello di

riuscire in questa legislatura a formare un vero

gruppo federalista, di un'Europa delle regioni".

Tutte le famiglie politiche italiane hanno

riferimenti analoghi a livello europeo: voi

invece, da questo punto di vista, sembrate

vivere in solitudine.

"Noi da sempre siamo legati al federalismo di

Altiero Spinelli, mentre ci riesce difficile

essere inglobati nelle grandi "scuderie

politiche" che sono afflitte dalla burocrazia.

L'attuale regolamento dell'europarlamento

consente solo un ridotto margine di manovra: o

ci si adegua alla disciplina di gruppo, oppure

l'iniziativa politica è quasi zero".

Lei, da Commissario europeo, si è distinta per

la difesa dei diritti umani, ma sulla vicenda

dello xenofobo austriaco Haider, il cui partito

è al governo con i popolari a Vienna, lei non è

parsa in sintonia con la condanna da parte

dell'Europa, giunta sia dalla sinistra sia dal

centrodestra. In sostanza: lei, Haider, non lo

avverte come un pericolo contagioso e ritiene

che l'Europa abbia sbagliato o che si sia

comportata nella maniera giusta?

"Io ritengo innanzitutto che sono stati violati

gli articoli 6 e 7 del Trattato di Amsterdam nel

senso che, certo, l'Europa poteva esprimere

preoccupazioni, ma ci sono regole che

l'istituzione comunitaria si è data e che vanno

rispettate. Una cosa è dire vigileremo, un'altra

è sospendere le relazioni bilaterali. A me non

risulta che finora l'Austria abbia violato le

norme del Trattato e ora tutto questo rischia di

diventare un boomerang. Io sono preoccupata per

il nazionalismo delle "piccole patrie", ma credo

anche che quando l'Europa istituzionale sbaglia

finisce per creare dei martiri, delle vittime.

Non è che ogni mattina uno si alza e inventa

delle regole comunitarie a seconda di come gli

fa più comodo".

Ma non si era detto e ridetto che il deficit

europeo è politico e dunque la presa di

posizione dei leader del Vecchio Continente era

un modo positivo per colmare questo vuoto?

"Ripeto: il Trattato di Amsterdam, che regge

l'Europa, è stato sottoscritto soltanto un anno

fa e in quella circostanza gli Stati membri non

hanno voluto dare competenze politiche

all'Unione".

L'ultima domanda, onorevole, ancora sui diritti

umani: lei ritiene che l'Europa sia stata più

saggia a trattenere il dittatore cileno Pinochet

in Inghilterra, o a rispedirlo a casa?

"Io credo che l'Europa sarebbe stata francamente

molto più saggia se avesse ratificato il

Tribunale contro i crimini di guerra: due anni

fa a Roma centoventi Paesi hanno sottoscritto lo

Statuto, dopodiché hanno girato pagina e

nessuno, salvo quattro Paesi, lo ha ratificato.

Quindi Pinochet è stato rilasciato per motivi

umanitari e non di diritto dicendo al Cile,

grosso modo, di sbrigarsela da solo. Noi non

governiamo i fenomeni: semplicemente rincorriamo

la storia".

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail