Teniamo questo convegno in un momento difficile per chiunque voglia occuparsi di questioni concrete. Abbiamo stamattina un compito difficile, reso difficile dal fatto che in questi giorni nulla piu' riesce a sfuggire - sembra riuscire a sfuggire - alle strumentalizzazioni e, peggio, alle semplificazioni mistificanti di una lotta politica furibonda.
Quale che sia il problema sul tappeto - norme elettorali, inflazione, sanità, carceri, lavori socialmente utili - il problema stesso viene ignorato nel suo merito e ridotto ad arma impropria nelle mani di questa o quella fazione.
Prendiamo i due referendum sulla liberazione del lavoro di cui intendiamo parlare stamattina. Essi sono, come sapete, gli unici due (insieme agli altri 5 su cui voteremo il 21 maggio) superstiti di un pacchetto referendario compiuto e coerente - a nostro giudizio - concepito per disincagliare alcune riforme liberali che tutti sembrano auspicare ma che nessuno sembra capace di avviare.
L'approdo di questi (e degli altri) quesiti referendari alle cabine dei seggi elettorali è il risultato di un lavoro che è durato molti anni: costituisce, o almeno dovrebbe costituire, di per sé una vittoria per il movimento referendario. E per tutti i liberali italiani.
Ma è francamente difficile sentirsi vittoriosi quando - giunti finalmente alla vigilia dell'appuntamento referendario - il dibattito politico rimane inchiodato alla questione del quorum. Il dibattito, si fa per dire, si trasforma in calcolo di bottega: e, nel timore che questo o quel quesito referendario possa nuocere alla propria parte politica (poco importa se sia utile o no al nostro paese), ci si interroga sull'opportunità di invitare i propri elettori ad andare alle urne o stare a casa.
Tutto questo è avvilente. E lasciatemi aggiungere che mi pare particolarmente avvilente (lo dico senza intendere con questo aprire una polemica ad personam con chicchessia) mi pare particolarmente avvilente e mistificante affermare, come ha fatto qualcuno, che il raggiungimento del quorum sarebbe una vittoria della sinistra.
Tutti sanno che ognuno dei sette quesiti referendari divide profondamente e trasversalmente le forze politiche di destra e di sinistra, alcune lacerate al loro stesso interno.
Niente. Il pacchetto referendario, il nostro pacchetto referendario è diventato uno strumento "oggettivamente" (come dicevano una volta i marxisti) al servizio della sinistra. E così finiscono oggettivamente di sinistra anche i due quesiti detti sociali che la sinistra non solo avversa ma definisce senz'altro - con gusto della sfumatura - barbari.
Ecco. Io spero che la nostra discussione di stamattina riesca almeno in questo, a ricondurre il dibattito sulla liberalizzazione del mercato del lavoro nel suo alveo.