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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maria Federica - 23 maggio 2000
Osservatorio Parlamentare
Un progetto di "Charta" per l'Europa: verso una costituzione per i 15?

Roma, 23 maggio 2000

Intervento di Emma Bonino

23 maggio 2000 - OSSERVATORIO PARLAMENTARE

Cari amici, permettetemi prima di ogni cosa di felicitarmi. Non capita spesso infatti alle riviste mensili, e tanto meno ai convegni, i cui tempi di gestazione sono notoriamente lunghi, di battere i mass media sul terreno dell'attualità. Eppure é questo che succede oggi. Perché oggi - grazie soprattutto al ministro degli Esteri tedesco Joshka Fischer e al suo appello del 12 maggio scorso per un'Europa-federazione - non c'é tema più attuale nel nostro continente di quello cui é dedicata questa giornata: l'urgenza per la nostra comunità di riprendere un processo di integrazione politica fra i cui passaggi obbligati c'é proprio quello che voi indicate. La nascita di una carta costituzionale europea.

Dedicherò quindi il tempo che voi mi avete dato a qualche riflessione riguardo a una iniziativa politica che io definirei tedesco-francese piuttosto che soltanto tedesca, che ha avuto nel nostro paese di europeisti immaginari un'eco assai limitata.

L'appello di Fischer a riaprire il "cantiere istituzionale" comunitario per far avanzare il progetto di Europa federale concepito dai padri fondatori mezzo secolo fa ha il merito, in primo luogo, di non nascere come la sortita estemporanea di un autorevole uomo politico.

Intanto perché il ministro degli Esteri tedesco fa esplicito riferimento, nel suo discorso del 12 maggio, agli uomini che ispirano la sua iniziativa: Jacques Delors, Helmut Schmidt, Valéry Giscard d'Estaing. E sono nomi che pesano: i nomi forse più rappresentativi di una "seconda generazione di fondatori" che ha saputo continuare l'opera e concretizzare la visione di Jean Monnet, di Altiero Spinelli e degli altri.

Ma non é solo questione di fedeltà al passato. Il discorso di Fischer infatti - sui cui punti salienti ritornerò più avanti - anticipa e inquadra qualcosa che già avviene da qualche tempo dietro le quinte: le consultazioni già in corso fra gli addetti ai lavori dei sei Stati fondatori della nostra comunità (a cominciare dall'asse franco-tedesco, che negli ultimi tempi qualcuno aveva frettolosamente archiviato) alla ricerca della strada migliore, dei progetti più adatti per rilanciare l'integrazione politica.

Perché Fischer parla oggi, alla vigilia di una nuova "conferenza inter-governativa" che, sia pure con un'agenda per niente ambiziosa, si accinge a riaprire il cantiere istituzionale? Si pongono questa domanda, in primo luogo, coloro che di questa iniziativa diffidano per riverse ragioni: alcuni britannici, per la loro nota allergia all'integrazione politica in generale e ai progetti di federalismo europeo in particolare; alcuni spagnoli, nei quali ogni richiamo ai "paesi fondatori" desta il giustificato timore che la Spagna (oggi uno dei pilastri su cui poggia l'Unione europea) possa essere esclusa dalle attività di un club cui essa storicamente non appartiene ma soltanto - é il caso di dirlo - "per causa di forza maggiore".

Mi sia consentito, a proposito di diffidenze, un breve inciso nazionale. Non ho letto né ascoltato, nel nostro paese, alcuna apprensione di fronte al rischio concreto, evocato nel corso delle consultazioni cui ho fatto riferimento, che il "club dei paesi fondatori" senta il bisogno di porre l'Italia temporaneamente ai suoi margini. Perché? Per la reputazione di partner poco decifrabile e poco affidabile che continua ad inseguire il nostro paese e che é certo uno stereotipo, ma che l'esito della battaglia referendaria (che io leggo come rifiuto delle riforme) non aiuta certo a combattere.

Queste diffidenze sono comprensibili ma sono anche superabili. Perché a ben vedere - a mio modo di vedere, ovviamente - i tempi scelti da Joshka Fischer appaiono dettati dall'istinto politico, dall'intuizione che la spinta per rilanciare il processo di integrazione politica possa venire alimentata, paradossalmente ma non troppo, da due "paure" che incombono sulla nostra comunità:

- una, che non é certo infondata, nasce dal processo di allargamento della comunità verso est, ed é la paura che l'Unione estesa a 25 o 30 Stati-membri diventi ingovernabile senza una riforma delle sue istituzioni;

- l'altra paura, per il momento parlerei piuttosto di una "vertigine", é l'inquietudine suscitata dall'innarrestabile declino dell'Euro, che ricorda a tutti noi i limiti di una forte istituzione economico-finanziaria, qual é la Banca Centrale Europea, priva di un "governo" che la diriga e la tuteli.

Ebbene, sia i rischi contenuti nel processo di allargamento, sia le difficoltà incontrate dalla moneta unica, ci ripropongono la stessa esigenza: quella di dare al più preso all'Unione europea il profilo e l'identità di una federazione di Stati retta e guidata da istituzioni autenticamente "europee", legittimate democraticamente ed efficienti, in grado cioé di deliberare tempestivamente.

Come avete capito saluto positivo / vedo limiti

Buona carta costituzionale / Buona parlamentarizzazione /

Non mi nascondo i limiti: non si può eludere la questione britannica / non si può fare Pesc senza Difesa e non si può fare difesa senza UK

C'é molto pragmatismo: cooperazione rinforzata/ Euro, Schengen, armonizzazione fiscale // Chute su principio di Genscher

 
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