Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
sab 17 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maria Federica - 23 giugno 2000
PONTIGNANO - 16 settembre 2000

Introduzione

Tutte le grandi democrazie industriali d'Europa vivono oggi, in maniera più o meno acuta, la stessa contraddizione. Le loro economie esigono ciò che le loro società temono: l'innesto massiccio e accelerato di lavoratori immigrati e soprattutto specializzati. I ritmi e le modalità dello sviluppo economico in tempi di globalizzazione impongono alle nazioni più avanzate d'Europa - la cui età media é sempre più alta e il cui tasso di natalità sempre più basso - una marcia a tappe forzate verso la multietnicità, verso quella coabitazione linguistica, culturale, religiosa, che é oggi se non l'unica, certo una delle fonti principali di tensione nel nostro continente.

Ne é prova il fatto che proprio la questione dell'immigrazione, del modo di affrontare il fenomeno dell'immigrazione, risulta una delle poche discriminanti che ancora contrappongano destra e sinistra, "egoisti" e "solidaristi", nel campo ideale.

Entrambi i corni del dilemma corrispondo a dati oggettivi: i sistemi economici europei hanno bisogno di forza lavoro per restare competitivi; i vecchi corpi sociali europei subiscono una trauma dal doversi adattare alla coabitazione con soggetti nuovi, diversi e sempre più numerosi. Da qui i fenomeni di incomprensione e intolleranza che possono sfociare in forme più o meno virulente e più o meno organizzate di razzismo e xenofobia.

La strada maestra per gestire questa mutazione epocale e anticiparne i contraccolpi é quella di fornire a tutti gli interessati - agli imprenditori come ai cittadini europei, vecchi e "nuovi" - un quadro di regole certe ed applicabili, possibilmente valide per l'intero spazio comunitario, che diano a tutti la sicurezza di un confine netto fra legalità e illegalità.

Tutto questo é più facile a dirsi che a farsi. Anche perché l'Unione si é decisa a mettere in cantiere politiche comuni riguardanti l'immigrazione solo di recente, con grande ritardo. Troppo a lungo é durata, infatti, nei paesi più organizzati e con una più vasta esperienza del fenomeno, l'illusione di poter gestire meglio il fenomeno da soli piuttosto che insieme ai paesi di "nuova immigrazione", come la Spagna e l'Italia, per esempio. Nessun governo nazionale, per quanto efficiente, é più in grado di risolvere all'interno delle proprie frontiere nazionali un problema che é senza frontiere.

La necessità di giungere al più presto alla definizione di regole comuni europee e alla creazione degli strumenti necessari per applicarle é resa più urgente dallla presenza in Europa di forze politiche più o meno apertamente xenofobe, (non a caso ostili anche al processo di integrazione europeo), che rischiano di aprire nel corpo delle società contemporanee sempre più multietniche ferite che sarà lungo e difficile cicatrizzare. A queste forze, che catturano consenso elettorale facendo leva sulle paure e le incertezze che l'immigrazione - soprattutto illegale - suscita negli strati sociali più vulnerabili, nonché promettendo illusorie espulsioni di massa degli "intrusi", devono fare da contrappeso politiche, soprattutto nazionali, destinate a riconquistare la fiducia di ciascuna collettività nella capacità dei propri amministratori a far fronte a ogni tipo di situazione.

Dove finiscono le frontiere d'Europa? Personalmente non credo molto nelle frontiere cosiddette naturali - gli Urali, il Bosforo e quant'altro - che esse siano o no rafforzate dalla storia dei popoli che abitano a ridosso di tali linee ideali.

La realtà che già costituisce l'Europa comunitaria, in continua espansione da mezzo secolo, evoca la prospettiva di una "nuova Europa" in divenire: ma pre-definire fin d'ora in quali spazi geografici e in quali termini di tempo questo processo si concluderà é esercizio azzardato e di dubbia utilità. Sarebbero infatti da prendere in considerazione oggi le troppe variabili politiche ed economiche con cui dovranno fare i conti i dirigenti europei presenti e futuri: quelli comunitari, quelli degli Stati membri, quelli degli Stati candidati e quelli di paesi che (come Russia e Ucraina) non hanno ancora preso in considerazione una qualche forma di adesione alle istituzioni comunitarie.

Lo scenario appare ed é complesso, ma lo si puo' tuttavia ricondurre ad un'unico dilemma: o il processo di integrazione europeo troverà sul suo cammino i leader politici "visionari" di cui si é nutrito fin qui per realizzare il sogno dei padri fondatori, oppure si esaurirà, prima o poi, in una associazione senz'anima di un certo numero di Stati sovrani. Una sorta, come dice qualcuno, di "nuova CSCE".

PAGE 3

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail