COMITATO DI COORDINAMENTO RADICALE
Chianciano 14-17 Dicembre 2000
Intervento di EMMA BONINO
Quadro della situazione
Siamo abituati ai frangenti difficili, ma non vi nascondo la crescente frustrazione che sento nel vedere il nostro movimento tanto in difficoltà in una congiuntura storico-politica in cui il nostro paese ha bisogno di idee liberali e liberiste come dell'ossigeno ; in un momento in cui il Polo e il Centro-sinistra ci ripropongono, dietro bisticci chiassosi, da teatro delle marionette, la vecchia e rancida minestra del duopolio Dc-Pci.
Tira di nuovo aria di unità nazionale, cari compagni ed amici. Emerge prepotente una voglia di complicità fra destra e sinistra, di connivenza fra i due consorzi politici dominanti, governo e opposizione, di cui il duopolio Rai-Mediaset è la metafora quotidiana. La partitocrazia non ha mai goduto di una salute migliore : così come si sono spartiti le televisioni i due consorzi si spartiscono gli altri mezzi di comunicazione, i giudici, gli ordini professionali, le banche, gli industriali, tutto. Il tutto, naturalmente, all'insegna di una sorta di » pensiero unico liberale che destra e sinistra insieme sbandierano e insieme tradiscono.
E siccome a qualcuno questa mia tesi può sembrare un eccesso polemico, un'esagerazione, forse è opportuno ricordare qualche dato sul liberalismo solo di facciata delle due grandi coalizioni. Cominciando dal centro-destra, che continua a raccontarci di avere il liberalismo nel sangue, e cominciando dalle regioni che il Polo ha conquistato per farne degli avamposti di » liberalismo applicato . Prendiamo il Lazio, per esempio, e il suo frenetico governatore polista Storace, che vuole salvare i nostri figli dalle cattive letture scolastiche : che fine hanno fatto le privatizzazioni dell'Acea e della Centrale del Latte ? E come mai in Sicilia non si sente più parlare della privatizzazione dell'azienda vinicola Corvo di Salaparuta ? E come mai il Polo ha dimenticato, su scala nazionale, la tanto attesa liberalizzazione del commercio ? Mi fermo qui.
Dell'immaginario liberalismo del centro-sinistra non metterebbe conto di parlare se statalisti inveterati come il ministro Salvi e i baroni del sindacato non cercassero di spacciare come » storiche riforme le poche misure di modernizzazione del mercato del lavoro che, incalzati dalla normativa comunitaria europea, hanno dovuto ingoiare obtorto collo. Dovrebbero passare le vacanze di Natale in Olanda a vedere come un sindacalista socialista diventato primo ministro, Wim Kok, liberalizzando il mercato del lavoro, ha portato la disoccupazione sotto il 3 per cento.
Ci sono anche settori dove destra e sinistra recitano il loro falso liberalismo tenendosi per mano. Penso alla mancata riforma degli ordini professionali o a quella delle fondazioni (che consente ai partiti di restare saldamente acquartierati nelle banche) : penso soprattutto alla bomba a orologeria delle pensioni, di cui tutta l'Europa si allarma salvo l'Italia. Aspettiamo ancora che una voce autorevole, di destra o di sinistra, dica chiaramente agli italiani : per riequilibrare la nostra spesa pubblica e offrire prospettive migliori alle nuove generazioni é necessario intervenire drasticamente nel nostro sistema pensionistico.
La partitocrazia è in ottima salute e manda a dire a chi pretende di svolgere in politica il ruolo che è proprio dell'autorità anti-trust: attenzione, chi tocca il duopolio muore ! E d'altra parte, la morte politica del craxismo, non fu determinata (prima ancora che dagli errori dei socialisti) dalla pretesa di Craxi di spezzare il duopolio DC-Pci ?
Offriamo asilo politico a Umberto Veronesi
Accade la stessa cosa oggi - cambiando ovviamente quel che c'é da cambiare - al medico laico Umberto Veronesi. Che ha fatto Veronesi ? Ha avuto la pretesa di prendere sul serio il suo ruolo di ministro della Sanità del centro-sinistra e, facendo ricorso alla sua preparazione scientifica e alla sua coscienza laica e liberale, ha manifestato opinioni ed avvertenze che in qualsiasi altro paese d'Europa sarebbero apparse perfino banali :
ha detto che il preservativo é il primo e più sicuro strumento di difesa contro l'Aids (e ha suggerito di ridurne i prezzi d'acquisto) ;
ha detto che la pillola del giorno dopo é il metodo più aggiornato che la scienza offre alle donne per evitare le sofferenze fisiche e psicologiche dell'aborto (e ha suggerito di renderla accessibile a tutte le donne italiane e non solo a quelle che possono comprarla all'estero) ;
ha detto che, se si riconosce il diritto della persona a sottrarsi al dolore, deve cadere il tabù che circonda l'eutanasia (e ha suggerito che il nostro parlamento ne discuta liberamente, come altri parlamenti d'Europa).
ha detto infine che in materia di droghe il proibizionismo è fallito.
Anatema ! Temendo che le parole pacate e sensate di un suo ministro potessero spingere la Chiesa cattolica e i suoi vescovi a pronunciare una qualche forma di scomunica elettorale, il centro-sinistra si é precipitato a scomunicare lui Veronesi, riversandogli addosso una gragnuola di precisazioni, distinguo, smentite. Questo centro-sinistra indeciso a tutto ha dato un'inattesa prova di prontezza e di intolleranza solo per zittire la voce di Veronesi, che minaccia di rompere l'incantesimo dell'ipocrisia in virtù della quale una maggioranza sedicente laica si prosterna, in estasi permanente, di fronte alla cupola di San Pietro. Non avrebbero fatto diversamente, temo, quelli dellla Casa delle Libertà se Veronesi fosse stato un ministro loro. Nessuno quanto noi radicali conosce gli automatismi con cui la partitocrazia esclude e cerca di » oscurare gli attori politici che si pongono fuori della sua logica.
Ma l'umiliazione inflitta dal centro-sinistra a Veronesi é un'offesa arrecata a tutte le coscienze laiche e liberali d'Italia. Per questo ha fatto bene Marco Pannella a proporre a Umberto Veronesi di collaborare politicamente con i radicali, se lo desidera, per esempio dando vita a un ticket Veronesi-Bonino. In questa proposta di Marco qualcuno ha voluto vedere un banale espediente pre-elettorale : io la vedo più semplicemente come un'offerta di asilo politico che noi radicali facciamo a un uomo che apprezziamo e che questo centro-sinistra non merita.
Il centro-sinistra non merita uomini come Veronesi anche perché, come ha rivelato recentemente un'indagine commissionata all' » Unicab Italia , gli elettorati del centro-sinistra e del centro-destra sono sì divisi su molte cose ma non sui temi dell'etica sessuale e dei comportamenti individuali. Esiste ormai, per fortuna, un'Italia in maggioranza secolarizzata refrattaria ai dettami della gerarchia ecclesiastica in campo etico, propensa ad un'etica » della reponsabilità individuale . Rivela quest'indagine, giusto per citare il dato più vistoso, che il 90% degli elettori di centro-sinistra (e l'80% di quelli di centro-destra) si dichiara totalmente indisaccordo con la Chiesa » quando quest'ultima afferma che non si devono usare contraccettivi nei rapporti sessuali con il partner . Ecco dati che Veronesi probabilmente conosce, frequentando il mondo reale delgi ospedali, ma che Berlusconi, Veltroni, Castagnetti o Casini nemmeno sospettano.
Libertà economiche e libertà civili
Cari amici, io sono convinta che riuscirà a cambiare l'Italia soltanto quella forza politica - o aggregazione di forze politiche - capace di convincere una » massa critica di elettori che le libertà dette civili e le libertà dette economiche sono le due facce di una sola medaglia, due aspetti inscindibili della libertà individuale. Per quanto ci riguarda noi abbiamo già investito nel perseguimento di questo obiettivo tutte le nostre risorse umane e materiali. Se dovessi riassumere la nostra battaglia referendaria in uno slogan questo slogan sarebbe : la libertà economica è una componente fondamentale della libertà individuale.
Non preoccupatevi, non intendo versare altre lacrime sui referendum. Voglio al contrario rivendicare con orgoglio il merito di avere dato agli italiani l'occasione per riflettere e decidere su materie che restano essenziali. E faccio questo proprio ora, alla vigilia di una campagna elettorale difficilissima, perché è bene ricordare a tutti che la nostra battaglia referendaria rimane l'unico tentativo condotto fino a oggi in Italia per uscire dalla palude della concertazione e della partitocrazia e avviare una stagione di riforme liberali e liberiste.
La posta in gioco è sempre la stessa. E sono ancora lì, schierati a sbarrare la strada ad ogni iniziativa di » rivoluzione liberale , le due forze che si coalizzarono contro di noi in occasione della battaglia referendaria : la sinistra conservatrice - statalista e corporativa - guidata dalla burocrazia sindacale e dai suoi leader (Cofferati e D'Antoni, così diversi e così uguali) ; e una destra che più si proclama liberale e più somiglia al vecchio blocco sociale centrista e trasformista che per mezzo secolo ha dominato la scena politica nazionale.
Non passa giorno senza che qualcuno ci dica : o vi alleate con qualcuno o alle prossime elezioni sarà inutile votarvi. Personalmente sarei felice di trovare alleati per realizzare anche solo in parte le riforme che i radicali invocano. E sarei assolutamente a mio agio sia nell'allearmi con esponenti di una sinistra europea moderna e riformista (capaci di concepire e applicare politiche come quelle dei socialdemoratici Tony Blair, Gerhard Schroeder o Wim Kok), sia nel lavorare insieme a una destra che sia liberale di nome ma anche di fatto, come la coalizione guidata in Spagna da Aznar.
In pratica. Mi fiderei del centro-sinistra se il maggiore partito di questa coalizione, i DS, non riconoscesse a Cofferati il diritto di veto, come se la Cgil fosse il membro permanente di un invisibile consiglio di sicurezza della sinistra. E mi fiderei del centro-destra, del Polo, della Casa delle libertà se - dopo avere sbandierato tanto liberalismo - Berlusconi non avesse sei mesi fa sbattuto la porta in faccia alla nostra » rivoluzione liberale : salvando la partitocrazia dei quaranta partitini ; salvando dalle riforme la casta dei giudici e qualla dei sindacalisti ; condannando gli imprenditori a restare prigionieri del mercato del lavoro più rigido d'Europa.
Qualcuno in questo paese deve pur continuare a difendere le idee liberali e liberiste. Quel qualcuno siamo noi e possiamo allearci e lavorare con chiunque, purché non ci si chieda di ammainare la nostra bandiera, purché non ci si proponga di andare in parlamento ma rinunciando a credere e proclamare che le libertà sono indivisibili e quindi vivono o muoiono tutte insieme :libertà economica, libertà terapeutica, libertà della ricerca scientifica, libertà di cercare la gioia e di sottrarsi al dolore.
E infatti Taradash, onestamente, non ci propone alleanze : ammette apertamente che a destra non ci sono i margini per parlare di » contenuti ma insiste che a destra dobbiamo » accasarci . Un discorso simile ci farà, immagino, Cominelli sull'altro versante.
Ma voi radicali, ci si chiede, che proposte concrete avanzate ? Quale contributo originale dareste a un programma di governo ?
[ Chi cercasse un'intesa con noi - questa la risposta - avrebbe l'imbarazzo della scelta. Quanto all'originalità dei nostri programi, lasciatemi ricordare, in questo momento in cui prende corpo il partito on-line, le » proposte per lo sviluppo della società dell'informazione messe a punto quasi tre anni fa. Si tratta di un pacchetto di misure atte a ridurre il ritardo di cui soffre l'Italia in materia di utilizzo delle nuove tecnologie, un pacchetto di proposte di legge che abbraccia quattro diversi campi :
il fisco : con una riduzione dell'Iva per i servizi relativi alla connessione con la rete e per l'acquisto di prodotti hardware e software utilizzabili per la connessione ;
la formazione : rilanciando le misure necessarie a realizzare l' » alfabetizzazione informatica di massa nelle scuole e nelle aziende;
l'immigrazione qualificata : istituendo una » green card (simile a quelle adottate negli Stati Uniti e in Germania) per favorire l'immigrazione di specialiasti extracomunitari nelle tecnologie dell'informazione ;
la pubblica amministrazione : fissando un termine entro il quale le amministrazioni pubbliche dovranno effettuare on line una quota rilevante dei loro acquisti di beni e servizi (almeno il 10%) contribuendo così allo sviluppo dell'economia in rete ;
il voto elettronico, accompagnato dalla trasmissione audiovideo via internet di tutte le sedute parlamentari e dei consigli regionali-provinciali-comunali e dalla pubblicità in rete di tutti gli atti amministrativi.
E' solo uno dei contributi radicali alla modernizzazione dell'Italia.]
L'Unione dopo Nizza, più imbrogliata di prima
Qualche giorno fa, nelle ore in cui cercavo con difficoltà di decifrare i risultati del vertice di Nizza, ho trovato un prezioso ritaglio di stampa francese in cui si riassumeva - paese per paese - che cosa avesse chiesto ciascuno dei 15 e che cosa effettivamente avesse ottenuto. Alla voce Italia era scritto : ecco l'allievo modello, che nulla ha preteso e nulla ha ottenuto. L'Italia continua, in buona sostanza, a subire con entusiasmo l'Europa comunitaria, le sue evoluzioni e le sue involuzioni. Che intendo dire ? Che Nizza è diventato a un certo punto un campo di battaglia fra interessi nazionali contrapposti e come in tutte le battaglie ci sono stati vincitori e vinti. E l'Italia in tutto questo ? Ebbene, ho l'impressione che se il nostro paese non fosse stato protetto dal suo status di membro fondatore e ancor più dalla demografia, che ci iscrive d'ufficio fra i paesi che pesano di più perché » grandi , dal vertice di Nizza saremmo usciti con qualche osso rotto anche noi. Tornerò più avanti su questo p
unto.
Se mi si chiede di trarre un bilancio complessivo, da un punto di vista comunitario, del vertice di Nizza la mia prima risposta è : abbiamo perso un'occasione per districare l'imbroglio istituzionale che caratterizza l'Unione e la rende così indecifrabile per il semplice cittadino europeo. E non è sorprendente che abbiamo perso quata occasione, perché mentre a Nizza erano ben rappresentati i 15 attori nazionali dell'Unione, le sue capitali, nessuno si è assunto il compito di rappresentare e difendere adeguatamente l'Europa in quanto tale, l' » interesse europeo .
Non voglio infliggervi una conferenza di diritto comunitario sviscerando i meccanismi tecnico-giuridici discussi a Nizza. Mi limiterò a osservare che non sono affato sicura che sia stato centrato l'obiettivo principale e dichiarato del vertice : riformare le istituzioni prima dell'allargamento per metterle al riparo dalla paralisi. Cerco di spiegarmi. Due sono i risultati visibili del vertice :
la » minoranza di blocco con cui i paesi » grandi si pongono al riparo da iniziative che essi ritengono contrarie ai propri interessi ;
il diritto alle » cooperazioni rafforzate cioè la facoltà riconosciuta a gruppi di almeno otto Stati-membri di varare, a certe condizioni, forme più avanzate di integrazione .
Sulla cosiddetta » minoranza di blocco c'è poco da dire, se non che essa sancisce la tendenza in atto nell'Unione a privilegiare il processo decisionale inter-governativo (che nasce per consultazione diretta fra le capitali) a scapito del potere decisionale centrale, comunitario. E questo a dei federalisti come noi non può certo piacere.
Quanto alle » cooperazioni rafforzate , che invece dovrebbero piacere a chi auspica il trasferimento di poteri e competenze dagli Stati nazionali verso entità sovranazionali, c'è un problema non secondario. Gli esperti di ingegneria istituzionale al lavoro a Nizza, infatti, non hanno avuto il tempo, o forse l'intenzione, di descrivere il funzionamento delle » cooperazioni rafforzate : questi gruppi d'avanguardia daranno vita a nuove strutture proprie permanenti o potranno interagire con le istituzioni esistenti ? può uno stesso paese (e in che modo) appartenere a diversi eventuali » gruppi di otto ? Siamo insomma di fronte a un meccanismo che, per la sua natura che è a geometria variabile e per la fumosità dei criteri che lo ispirano, potebbe rivelarsi ingovernabile. Il contrario, insomma di quello di cui aveva bisogno l'Unione europea.
A Nizza un vincitore c'è sicuramente stato ed è la Germania, che ha ottenuto alcune correzioni istituzionali necessarie per attribuire ai tedeschi un ruolo meglio proporzionato alle loro peso demografico ed economico. Al successo della Germania ha contribuito l'Italia, e non c'è nulla di male o di sbagliato in sé. E' un peccato per la diplomazia del nostro paese essersi alleata a quella tedesca in cambio di niente. Anzi, in cambio di qualche rischio per i futuri rapporti fra il nostro Stato e le nostre regioni.
Comincio da qui. Pochi commentatori italiani hanno rilevato (erano come al solito troppo impegnati a seguire ogni fiato e ogni gesto dei nostri governanti) che nel famoso » documento italo-tedesco di cui i portavoce della Farnesina vanno così fieri è incluso un cosiddetto » catalogo delle future competenze fra Stati e Regioni che piace a Berlino perché concepito a misura della peculiare realtà federale tedesca ma che suscita vive preoccupazioni - per fare un esempio - a Madrid. Dove il federalismo è di casa ma dove si ritiene che ogni ulteriore indebolimento dello Stato centrale comporterebbe unalto rischio di ingovernabilità. Si è chiesto a Nizza qualche spagnolo che conosce l'Italia ed è al corrente degli attuali conflitti di competenza fra Stato e regioni : ma che diavolo di interesse hanno gli italiani a giocare col fuoco ?
La risposta sta nel vistoso, incomprensibile, abbaglio collettivo che ha spinto l'insieme delle forze politiche italiane ad appassionarsi e a darsi battaglia su un evento che è un non-evento, sulla nascita di un documento - la cosiddetta » Carta dei diritti fondamentali dell'Ue - che è un non-documento perché non ha alcuna rilevanza giuridica ma soprattutto perché è totalmente inutile. Come qualsiasi giurista avveduto può confermare, questa Carta di cui tanto s'è parlato è una mera enunciazione di principi che, in più, nulla aggiunge all'attuale contenuto dei Trattati in vigore.
Come ha sostenuto Olivier Dupuis nei giorni scorsi a Strasburgo questa Carta è l'osso che il Consiglio Europeo di Colonia gettò al Parlamento europeo perché avesse di che trastullarsi mentre le altre istituzioni, soprattutto gli Stati membri, discutevano di » cose serie . Il Parlamento europeo c'è cascato in pieno. Ma questa carta-specchietto per le allodole ha fatto altre vittime, politici e diplomatici italiani convinti che il semplice » portare la Carta a Nizza fosse una conquista tale da farci dimenticare qualsiasi altro obiettivo concreto. Complimenti al governo e all'opposizione.
L'azione politica transnazionale
Non tutto il nostro panorama, per fortuna, é così buio. Da qualche tempo, per quanto mi riguarda, tanto il fare politica in Italia mi dà la sensazione alle volte angosciosa di attraversare un deserto senza fine ; tanto l'azione politica transnazionale mi dà la percezione quasi quotidiana dell'utilità del lavoro che facciamo, delle mete raggiunte e di quelle che - continuando a lavorare con passione - raggiungeremo.
Quello che voglio dirvi é che il Partito Transnazionale - il cui rilancio abbiamo deciso essere una delle nostre priorità, insieme alla creazione del partito on line - continua a mietere successi da un capo all'altro del mondo, sia pure al prezzo di sacrifici enormi da parte dei nostri militanti. Non c'é campagna transnazionale, fra quelle avviate, che non continui a crescere e a dare frutti : e tutte insieme esse attribuiscono al Partito Transnazionale l'immagine dell'avanguardia nei confronti di quel vasto movimento d'opinione » senza frontiere che alla cultura della Realpolitik - che tende a coesistere con ogni sorta di tirannia e con ogni sorta di ingiustizie - contrappone la cultura della Idealpolitik, fondata sulla difesa intransigente della legalità internazionale e sul rispetto rigoroso della Dichiarazione universale dei diritti umani.
E' questo il mastice della nostra azione transnazionale che è visibile e gratificante, certo, ma che - debbo dirvelo con molta franchezza - resta nel campo della politica virtuale : perché l'insieme delle attività che mi accingo ad esporvi non costituisce ancora la realtà di un partito vero, strutturato, dotato di un gruppo dirigente plausibilmente transnazionale, di un programma e delle risorse umane e materiali necessarie per realizzare tale programma. Anche su questo dobbiamo ragionare e possibilmente prendere delle decisioni. Per ora, posso solo dirvi quel che stiamo facendo :
IL TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE Dopo avere ottenuto nel 1998 dalle Nazioni Unite la conferenza diplomatica di Roma, dove é nato il Trattato istitutivo della Corte, siamo ora a metà strada verso la meta delle 60 ratifiche di parlamenti nazionali necessarie perché il Tribunale diventi operativo. Ero pochi giorni fa in Mali, per una conferenza africana che ha ridato la carica ai compagni di » Non c'é pace senza giustizia e a tutti noi ; vado lunedì prossimo all'Aja per un incontro internazionale fra giuristi e politici decisi a rilanciare la battaglia per le ratifiche e ridurre i tempi di gestazione della Corte.
L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE Anche questa battaglia é diventata, grazie all'iniziativa radicale condotta da » Nessuno tocchi Caino , uno dei temi ricorrenti della diplomazia internazionale e possiamo dire che, malgrado qualche battuta d'arresto, l'obiettivo immediato di una moratoria universale é ormai a portata di mano.
Cari amici, si chiude un anno in cui l'azione transnazionale dei radicali si é imposta prepotentemente e drammaticamente all'attenzione del mondo. Abbiamo sepolto appena ieri il nostro compagno Antonio Russo, che non é mai stato iscritto all'Ordine dei giornalisti né ha mai frequentato alcun salotto televisivo ma che si é conquistato - facendo del giornalismo - la gratitudine di interi popoli oppressi, tanto da essere condannato a morte proprio dai loro oppressori.
Abbiamo sepolto Antonio Russo negli stessi giorni in cui uscivamo a testa alta - al Comitato Economico e Sociale delle Nazioni Unite - dal » processo che con accuse infamanti ci aveva intentato proprio la Russia di Putin (per avere noi contribuito a denunciare gli orrori in Cecenia), con l'aiuto della Cina (che non ci perdona il nostro sostegno alla liberazione del Tibet) e di una dozzina di regimi autoritari come Cuba, Sudan e Libia. Siamo usciti a testa alta da quel processo perché le più importanti democrazie del mondo - Stati Uniti, Germania, Francia giusto per citarne alcune - hanno votato per la nostra assoluzione, hanno riconosciuto il valore transnazionale dei valori che noi difendiamo.
La battaglia contro le MGF
Cari amici, l'enorme successo dell'iniziativa che noi deputati radicali abbiamo avviato al Parlamento europeo per combattere la piaga delle mutilazioni genitali femminili rafforza ulteriormente la nostra convinzione che il mondo contemporaneo ha bisogno di una difesa transnazionale dei diritti fondamentali della persona.
Chiariamo, in primo luogo, i termini della questione. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della Sanità circa 130 milioni di donne hanno subito tali mutilazioni, che continuano ad essere inferte ogni anno a circa due milioni di bambine originarie di 28 paesi dell'Africa e (sia pure con modalità relativamente meno crudeli) di paesi del Madio ed Estemo Oriente.
Per i danni irreparabili, fisici e psicologici, che tali sevizie provocano esse marchiano l'intera esistenza dio chi le subisce. Praticate con attrezzi rudimentali e nonsterilizzati, esse favoriscono la trasmissione di ogni sorta di infezione, compreso il virus HIV. Fra le conseguenze più frequenti si riscontrano : patologie delle vie urinarie, setticemia, tetano, emorragie, epatiti, fistole vagino-rettali, sterilità, assenza di orgasmo, disgusto per l'atto sessuale, traumi psicologici, depressione, suicidio.
E' opportuno segnalare che per quanto praticate in regioni prevalentemente musulmane, tali pratiche non sono dettate da alcun precetto dell'Islam o di altra religione : esse sono millenarie e vengono tramandate per semplice oscurantismo. Da decenni sono nate organizzazioni femminili che si battono per l'abolizione di questo supplizio e una decina di paesi africani ha già dichiarato illegali le mutilazioni genitali, senza peraltro ottenere grandi risultati.
I crescenti flussi migratori hanno » esportato per così dire la questione nel Nord del mondo : negli Stati Uniti, in Canada, in Europa. In paesi dove le mutilazioni continuano ad essere praticate malgrado esse siano considerate dalle leggi vigenti un reato contro l'integrità fisica della persona. Le poche statistiche disponibili parlano di 30mila vittime nel Regno Unito e di 28mila in Italia. E' in questo contesto che nel giugno scorso gli eurodeputati radicali hanno depositato una bozza di risoluzione in cui si denuncia la piaga delle mutilazioni e si invitano i 15 stati-membri dell'Unione a combatterla attivamente, concedendo per esempio la più alta forma di protezione - il diritto di asilo - a chi fugge dal proprio paese per sfuggire alla violenza delle mutilazioni.
Constatando l'enorme consenso suscitato dalla nostra proposta - sottoscritta in breve tempo dalla maggioranza assoluta degli eurodeputati (318 su 626) - abbiamo organizzato il 29 novembre a Bruxelles, insieme alle principali organizzazioni femminili africane impegnate in questa battaglia, una » Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il cui successo è andato oltre ogni previsione. Alla Giornata hanno aderito numerose agenzie delle Nazioni Unite, Ong attive nel campo sociale e nel settore dei diritti umani, due commissari europei - Antonio Vitorino e Anna Diamantopoulou - nonché il segretario generale del » Gruppo degli Stati ACP , cui appartengono tutti i paesi più toccati dalla questione dellle mutilazioni. Anche l'eco che la Giornata ha suscitato nei media internazionali ha superato le nostre aspettative. A parziale discolpa dei media italiani che, con qualche eccezione, hanno ignorato l'evento, va detto che il 29 novembre i giornalisti italiani erano in sciopero e i corrispon
denti a Bruxelles (malgrado lo sciopero) erano precettati per la visita di Giuliano Amato.
Siamo riusciti ad ogni buon conto, per la prima volta, a » globalizzare una battaglia per i diritti umani rimasta fino a oggi nell'ombra. Possiamo sperare, con una campagna d'opinione simile a quella condotta a favore delle donne afghane, di spingere la comunità internazionale a includere la lotta per l'abolizione delle mutilazioni genitali femminili fra le priorità in tema di difesa dei diritti umani : accanto ad altre emergenze come la prostituzione infantile, i bambini-soldato, la pena di morte, la tortura, la discriminazione razziale e sessuale.
L'integrazione, antidoto contro la xenofobia
Mi sono dilungata sulla battaglia appena iniziata contro le mutilazioni, non per autoincensazione, ma perché l'esperienza appena fatta al fianco di alcune straordinarie donne africane, che sono riuscite a conciliare la difficoltà di emigrare in Europa con quella di continuare questa lotta per la dignità e l'integrità del corpo femminile anche qui da noi, alla luce del sole, mi ha fatto riflettere : cari amici, una delle vie maestre verso l'integrazione delle comunità immigrate nelle nostre società passa per l'identificazione di obiettivi comuni a noi e a loro e per l'impegno comune a perseguire tali obiettivi. E l'integrazione rimane, per quanto mi riguarda, il migliore antidoto conosciuto contro il razzismo, la xenofobia e ogni forma di intolleranza : ce lo dimostrano alcune grandi democrazie - Stati Uniti, Canada, Australia - che sono nate e prosperano in virtù dell'integrazione fra diversi. Dove le regole comuni sono considerate tali perché frutto di battaglie comuni.
E siccome sento già brontolare, da una parte, il cardinale Biffi (che vuole solo immigrati cattolici praticanti), e dall'altra quei » nuovi cittadini di sentimenti integralisti (che rifiutano fieramente qualsiasi forma di integrazione) voglio laicamente chiarire che per integrazione io intendo un processo consensuale che consente, a chi lo desidera, di andare oltre la propria identità di origine e sentirsi parte di una comunità più vasta e più complessa, retta da regole di convivenza da tutti accettate.
Io credo che in materia di diritti civili e di diritti fondamentali noi dobbiamo diffidare dalle » leggi su misura , che assecondano paese per paese la » cultura dominante di questa o quella comunità, legalizzando discriminazioni, violenze e abusi di ogni sorta. Fra le conseguenze che considero positive della globalizzazione - di cui il fenomeno delle migrazioni massicce è uno degli effetti più vistosi - includerei il nuovo bisogno che la comunità internazionale sente oggi di riaffermare su scala planetaria l'indivisibilità e l'universalità dei diritti fondamentali contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948. Cogliamo l'occasione che ci si presenta di globalizzare finalmente i diritti fondamentali.
Non c'è altro modo di difendere la convivenza civile, sotto tutte le latitudini, se non quello di fissare regole accettabili per tutti e obbligare tutti a rispettarle. Così come non c'è altro modo conosciuto di prevenire i conflitti se non il rispetto dei principi cui si ispira lo Stato di diritto, all'interno di ciascun paese, e il rispetto delle norme del diritto internazionale nei rapporti fra gli Stati.
Nel rispetto della legalità sta il fondamento della nozione di pace e con esso si costruisce l'emancipazione dell'umanità : non cercando di esorcizzare il presunto demonio della mondializzazione. La globalizzazione, se mi è consentito un paragone suggeritomi dalla mia esperienza marinara, è il vento che soffia in questa nostra epoca : e come ogni vento, bisogna saperlo sfruttare, perché può farti attraversare l'oceano ma può anche affondarti. Quel che è certo è che senza vento il velista rimane fermo dov'é.
Conclusione
Il quadro a me sembra di una chiarezza assoluta e scoraggiante.
Il centro-destra non ha bisogno di noi - o ritiene di non avere bisogno di noi, fa lo stesso. Convinti come sono della nostra irrilevanza, politica ed elettorale, non ci lanciano segnali né ci offrono alcunché. Così stanno le cose, se vogliamo guardarle in faccia.
Il centro-sinistra ha bisogno di tutto e di tutti, quindi anche di noi. Ma non dispone, come il Polo, di un leader che decide e mette in pratica le sue decisioni. Il centro-sinistra non ha nemmeno un » amministratore delegato , qualcuno che abbia ricevuto dall'insieme degli azionisti una delega - anche temporanea, anche limitata - a tracciare strategie, applicarle e risponderne. E Rutelli ? Rutelli svolge con difficoltà - né potrebbe essere diversamente - persino il compito di portavoce della coalizione. Non vorrei trovarmi al suo posto.
Il centro-sinistra non può mandare a noi o ad altri alcun segnale chiaro perché non è in grado di esprimere segnali chiari, frutto di iniziative riconducibili ad un disegno comune. Il cupio dissolvi sembra oggi essere il comune denominatore di un'alleanza così certa di andare incontro alla sconfitta da pensare più al dopoguerra che alla guerra. La parola d'ordine è : cerchiamo di non straperdere, per non compromettere il futuro. Gli strateghi del centro-sinistra non fanno piani d'attacco. Calamitati dalla sconfitta e spaventati dal rischio, pensano già a fortificare le trincee arretrate su cui attestarsi per gli anni dell'opposizione, i » collegi sicuri da tenersi stretti riservandoli ai leader. E i » collegi insicuri ? Vengono regalati al Polo schierandovi i candidati di seconda scelta, la carne da cannone elettorale.
Ecco perché non riceviamo segnali politici dal centro-sinistra. E dobbiamo accontentarci di qualche vaga proposta botanica, di trasformarci in petalo di uno dei fiori sempre più finti che continua a fabbricare il nostro ceto politico. Non è granché.
PAGE
PAGE 1