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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maria Federica - 17 aprile 2001
13 aprile 2001 - ERGIFE

Comitato di coordinamento dei Radicali

Hotel Ergife, Roma - 12/14 aprile

Speaking notes di Emma Bonino

NON SIAMO PIU' SOLI

Ho voluto rivedere, alla vigilia di questa nostra riunione, le note e gli appunti raccolti in occasione dei nostri ultimi due incontri, a Chianciano in dicembre e qui all'Ergife nel febbraio scorso. L'ho fatto per ricostruire i termini esatti di una questione che da un anno a questo parte e' rimasta centrale sia nel nostro dibattito interno sia nella discussione sull'immagine che del nostro movimento intendiamo trasmettere all'esterno.

La questione essendo: come rompere il nostro isolamento in vista delle elezioni legislative del 2001? Come risalire la china dopo la doppia batosta referendum-regionali e la nostra conseguente marginalizzazione ? Come uscire dal cono d'ombra che ci rendeva quasi invisibili e inaudibili proprio nel momento in cui potevamo contrapporre, al vuoto programmatico della destra e della sinistra, la definizione di un pacchetto di "nuove liberta'" da conquistare, nuovi diritti civili e nuovi diritti economici che molti sono disposti a condividere - individualmente e sottovoce - ma che nessuna forza politica, di destra o di sinistra, e' ancora disposta a includere nel proprio programma?

Per quasi un anno ci siamo misurati con un dilemma:

rompere l'isolamento cercardo a tutti i costi una qualche alleanza (a destra o a sinistra) per accasarci, per "rientrare nel giro" e rendere visibili, in tempo utile -elettoralmente parlando - le nostre idee e le nostre proposte ?

oppure correre il rischio di aspettare il momento in cui saremmo riusciti a riemergere da soli, contando sulla forza delle nostre idee laiche e liberali, e sull'originalita' delle nostre proposte, rispetto all'offerta elettorale degli altri ?

E' questa seconda strada che abbiamo imboccato e abbiamo fatto la scelta giusta. Perché proprio in queste ultime settimane abbiamo rotto l'assedio e non siamo piu' soli: andiamo alle elezioni del 13 maggio senza avere aderito ad alcun consorzio di partiti e partitini ma in ottima compagnia. Ci andiamo insieme a Luca Coscioni, affiancati dalle decine di Premi Nobel e dalle centinaia di uomini di scienza che si riconoscono in questa nostra battaglia per liberare la scienza e la vita dalla cappa degli integralismi e dai lacci della politica politicante

Tutti noi ricordiamo l'atmosfera pesante - quasi angosciante - in cui discutevamo, appena pochi mesi fa: coscienti che non ci si poteva rassegnare all'impotenza e al silenzio proprio quando il nostro paese aveva bisogno di liberalismo autentico come dell'ossigeno. Ebbene oggi, a un mese esatto dal voto, anche se non sono certo le difficolta' che ci mancano, né gli avversari, io credo che non abbiamo più ragione di sentirci frustrati. Abbiamo attraversato anche questo deserto.

IL RADAR RADICALE FUNZIONA BENISSIMO

Sfogliate i giornali di questi giorni e vi accorgerete che - a parte il chiacchiericcio che si leva dal cortile della partitocrazia, che riproduce una dimensione virtuale della politica - le sole questioni reali di cui si parla, quelle che riguardano la vita di tutti noi, riconducono quasi sempre a qualcuna delle "nuove liberta' civili ed economiche" invocate dal nostro programma elettorale, e soprattutto ai travagliati rapporti che scienza e politica intrattengono in Italia.

Amici e compagni, in quest'ultimo anno ci hanno detto e scritto talmente tante volte che noi radicali abbiamo esaurito il nostro compito, la nostra forza propulsiva, la nostra capacità di rinnovarci, che abbiamo rischiato di crederci noi stessi. Per fortuna sono i fatti, con la loro testardaggine, a dimostrare il contrario, a dimostrare che il nostro radar liberale funziona a meraviglia e continua ad avvistare i "nodi italiani" prima di chiunque altro.

Prendiamo la questione dei rapporti fra politica e scienza, o per meglio dire della permanente prevaricazione che la politica esercita nei confronti della scienza. Si può forse negare che noi radicali siamo stati i primi e siamo ancora i soli ad aver colto l'importanza di tale questione, tanto da metterla - con l'aiuto di Luca e del suo coraggio, fisico e morale - al centro della nostra campagna elettorale?

Quello che noi diciamo è che l'Italia ha un bisogno urgente di "bonificare" i rapporti fra politica e scienza e di metterli al riparo da tutti i fondamentalismi. E abbiamo cominciato a dirlo fin dallo scorso autunno, nei giorni della psicosi collettiva di quel momento, quella legata alla "mucca pazza", cui sono altre psicosi sono seguite (per l'uranio impoverito, per l'elettrosmog, per le sementi transgeniche) e altre seguiranno.

LA PAURA COME STRUMENTO DI GOVERNO

C'è una pericolosa tendenza a governare - a legittimarsi presso l'opinione pubblica - facendo leva sulla paura e quindi sull'irrazionale. Purtroppo tutti gli integralismi hanno bisogno di promettere il paradiso a chi crede nei loro dogmi e di minacciare l'inferno a chi ne dubita. E non ci sono soltanto il paradiso e l'inferno dei cattolici, che sono condizioni dell'anima, mete ultraterrene, situate oltre la vita.

Anche l'integralismo verde ha il suo paradiso e il suo inferno. Un paradiso perduto per sempre - ci ammoniscono i verdi più allarmisti - facendo riferimento a un momento magico e mitico (sconosciuto peraltro dalla storia) nel quale l'uomo e la natura vissero in piena armonia. E ora? E ora, colpevoli come siamo di avere distrutto il paradiso che avevamo, non ci rimane ora che evitare l'inferno, che per l'integralismo verde è il presunto "caos naturale" - foriero di morte e di imprevedibili sciagure - cui certamente ci porterà la "scienza impazzita" del nostro tempo e i suoi frutti avvelenati: i prodotti manipolati geneticamente, le munizioni all'uranio impoverito, i telefoni cellulari, l'elettrosmog e quant'altro.

L'Italia ha bisogno di ambientalisti, ma di ambientalisti laici e liberali. Con i nervi saldi.

Come ci dimostra il lungo e solitario duello che il ministro della Sanità Umberto Veronesi conduce da mesi contro i fondamentalismi cattolici e verdi che siedono insieme a lui in consiglio dei ministri, il politico integralista accetta con la scienza un rapporto alla pari solo se ne è assecondato. Se la scienza lo contraddice o lo intralcia, il politico integralista zittisce la scienza, proclamando il primato della politica. Senza ulteriori discussioni.

Che fa Veronesi ? Ha la pretesa di prendere sul serio il suo ruolo di ministro della Sanità e, facendo ricorso alla sua formazione scientifica e alla sua coscienza laica e liberale, manifesta puntualmente opinioni ed avvertenze che in qualsiasi altro paese d'Europa apparirebbero di pubblica utilità. Veronesi ha detto :

che il preservativo é il primo e più sicuro strumento di difesa contro l'Aids (e ha suggerito di ridurne i prezzi d'acquisto) ;

ha detto che la pillola del giorno dopo è il metodo più aggiornato che la scienza offre alle donne per evitare le sofferenze fisiche e psicologiche dell'aborto (e ha suggerito di renderla accessibile a tutte le donne italiane e non solo a quelle che possono comprarla all'estero) ;

ha detto che, se si riconosce il diritto della persona a sottrarsi al dolore, deve cadere il tabù che circonda l'eutanasia (e ha suggerito che il nostro parlamento ne discuta liberamente, come altri parlamenti d'Europa);.

ha detto che in materia di droghe il proibizionismo é fallito;

ha detto che la crociata contro l'elettrosmog è una bufala elettorale

ha detto che la manipolazione genetica può risolvere alcuni grandi problemi della nostra epoca.

Ogni volta (con l'eccezione della farsa sull'elettrosmog) è stato zittito in nome del primato della politica e/o dell'etica sulla scienza. E' un approccio aberrante e poco importa sapere se il politico in questione agisca in buona fede - convinto di perseguire il bene dell'umanità - o cerchi più banalmente un po' di consenso e visibilità in vista delle elezioni.

E' dei giorni scorsi lo stupidissimo attentato contro la multinazionale Monsanto, che i verdi accusano di finanziare la ricerca sugli organismi geneticamente modificati - gli OGM - e di promuoverne la commercializzazione per l'ignobile scopo di moltiplicare i suoi profitti.

I verdi non vogliono nemmeno sentir parlare dei problemi economici e sociali che l'umanità potrebbe risolvere imparando ad usare gli OGM in un quadro di norme internazionalmente rispettate. L'ambientalista liberale pensa che le potenzialità rivoluzionarie della genetica - potenzialità straordinarie anche sul fronte della tutela ambientale - vanno governate in un quadro di regole, poche e certe. L'ambientalista liberale pensa che è doveroso garantire i cittadini-consumatori, ma che demonizzare gli organismi geneticamente modificati (tanto più se si perseguono secondi fini protezionistici, come avviene nell'agroalimentare) impedisce un dibattito aperto su questi temi e penalizza la ricerca europea, già fortemente in ritardo rispetto a quella americana.

L'ambientalista fondamentalista dice: vade retro Satana, lasciando il campo - ahimé - ai bombaroli, giovani e meno giovani nella cui mente l'integralismo ambientalista fa corto circuito con un anticapitalismo primario.

Ora io ho qui un ritaglio dell'Avvenire di pochi giorni fa che riferisce quanto segue: l'agenzia per lo Sviluppo delle Nazioni Unite ha annunciato che, grazie ad un progetto di ricerca finanziato fra gli altri dalla Banca Mondiale e dalla Banca Africana per lo Sviluppo, viene già prodotto in Guinea-Conakry un "super-riso" geneticamente manipolato, specialmente destinato all'Africa perché è resistente a insetti e malattie, è ricco di proteine e consente raccolti abbondanti. Non è un OGM "classico" bensì un prodotto manipolato - spiegano gli esperti - di "seconda generazione".

Non mi stupirebbe che anche di fronte a prodotti di questo genere, armi preziose per sconfiggere la fame, i verdi più intransigenti insistessero nel loro rifiuto di ogni manipolazione genetica.

Insomma: mentre all'africano che rischia di contrarre l'Aids l'integralista cattolico vorrebbe già proibire l'uso del preservativo, all'africano che rischia la morte per fame l'integralista verde vorrà proibire l'uso del cibo manipolato geneticamente?

SIAMO NOI LAICI A SENTIRCI ASSEDIATI

Da qualche tempo il quotidiano dei vescovi italiani si occupa di me e di quel che dico. Ne sarei onorata se non vedessi le mie posizioni sistematicamente stravolte (o assimilate a quelle di personaggi con cui non ho nulla da dividere) e soprattutto se le critiche a me rivolte non venissero adoperate per dimostrare che la Chiesa subisce un vero e proprio assedio da parte dei suoi nemici.

E siccome questa mi sembra davvero troppo grossa, credo che una messa a punto sia necessaria. Premettendo che se in Italia c'è una cultura assediata, soffocata dal clericalismo dilagante - a destra e a sinistra - è proprio la nostra cultura laica e liberale.

E non lo diciamo all'improvviso, per polemizzare coi vescovi. Noi denunciamo l'ubriacatura clericale che investe il mondo politico italiano dai primi mesi del 2000, quando era ancora aperto il dialogo fra noi radicali e Berlusconi in vista delle regionali e dei referendum e i paladini della cristianità come Casini, Buttiglione e Bossi si misero di traverso, dichiarando che un'intesa con i radicali metteva in pericolo i valori cristiani di cui il Polo è guardiano.

Più avanti altri esponenti del nuovo clericalismo hanno cercato lo scontro con noi laici, su un altro terreno, quello del proibizionismo e del "paternalismo di Stato".

Ricordate le dispute esplose attorno al caso di cronaca detto dell'"utero in affitto"? Ricordate quando Rosy Bindi, ministro della Sanità in carica, pensò di mettere fine alle paure destate dalle nuove tecniche di fecondazione assistita chiedendo allo Stato (che nella nostra vita privata dovrebbe non entrare affatto o entrare in punta di piedi) di fare il necessario per annullare la sentenza di una giudice che pure aveva investito tutta se stessa nella ricerca della soluzione più equa ad una questione assai complessa?

Dissi allora e ripeto adesso, in questi giorni di battaglia sulla clonazione, che quando le cronache - e la scienza - ci mettono di fronte a situazioni insolite e impreviste bisogna lasciare spazio a riflessioni dettate dalla tolleranza e dall'apertura al nuovo piuttosto che rifugiarsi in dogmi e pregiudizi.

Dissi allora e ripeto oggi che la "maternità surrogata" (cioè, il diritto a essere madre senza gravidanza) legittimata dal Tribunale di Roma, una pratica prevista a titolo gratuito nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dove migliaia di bambini hanno avuto in questo modo diritto ad una vita del tutto normale.

Io mi guardo bene dal celebrare come positiva qualsiasi scoperta scientifica. Ma altrettanto bene mi guardo dal nutrire nei confronti della scienza una istintiva sfiducia, quella ossessione - per intenderci - a porre sotto tutela gli scienziati della vita che contraddistingue tanti moralisti. E non vedo ragione perché il dibattito fra noi e i cattolici debba scadere di livello e assumere forme e toni che ricordano i tempi di Galileo o Giordano Bruno.

Nessuno quanto noi radicali lavora nel concreto sulla linea dei valori di riferimento della Chiesa contemporanea. Le nostre battaglie all'ONU, per una moratoria della pena di morte e per la creazione di una "giustizia senza frontiere" che giudichi i crimini contro l'umanità, sono battaglie fortemente sostenute anche da Papa Wojtila. E lo stesso accadeva quando ci battevamo, quasi vent'anni fa, contro lo sterminio per fame. E colgo l'occasione per ricordare ancora una volta ai neo-clericali che fu proprio al termine di una delle nostre marce di Pasqua - da Porta Pia a san Pietro - dedicate a questa campagna, che Marco Pannella ed io fummo ricevuti dal Papa, a dispetto del fatto che eravamo allora, come oggi, quegli stessi radicali che chiedono l'abrogazione del Concordato.

Sulle questioni che ci dividono, così come al tempo del divorzio, ci ostiniamo a chiedere al mondo cattolico e alla chiesa l'apertura di grandi dibattiti pubblici, che coinvolgano le coscienze, nella ricerca di verità e di giustizia, contro ogni ipocrisia.

Che alcune scoperte scientifiche mettano in difficoltà la Chiesa e turbino le coscienze dei singoli credenti è cosa comprensibile e da rispettare. E' anche per placare le ansie dei suoi seguaci che la Chiesa esercita, credo, il suo magistero. Nulla da ridire, fino a quando i depositari e gli interpreti delle norme religiose orientano i comportamenti individuali di coloro che credono. Ma il magistero spirituale diventa azione politica integralista - che insidia l'irrinunciabile laicità dello Stato e delle leggi - quando pretende di trasformare il precetto religioso in obbligo giuridico, il peccato in reato; di delegittimare le leggi approvate dal parlamento.

Io sono convinta - e non c'è superbia né insolenza in quel che dico - che nella determinazione dei valori della convivenza civile la laicità (che é cosa diversa dal laicismo, anch'esso una forma pericolosa di fondamentalismo) é molto più utile della fede, perché a differenza della fede - che può sempre spingere a condannare l'altro e il diverso - la laicità ha il dovere di salvaguardare le ragioni di tutti e ciascuno.

LIBERTA' ECONOMICHE

E' desolante constatare come, trent'anni dopo la battaglia per il divorzio, nulla sia cambiato; che contro ogni nuovo tentativo di estendere i diritti civili degli italiani scatta inesorabile la solita vecchia tenaglia dei clericali e conservatori di destra e di sinistra. Sui nuovi diritti civili Berlusconi e Rutelli recitano oggi un copione che ricalca quello messo in scena dalla Dc e dal Pci ai tempi del divorzio. Centrodestra e centrosinistra sono molto meno in conflitto di quanto vogliano farci credere.

Sui diritti civili e sulle libertà economiche. Salta agli occhi di un liberale l'attrazione fatale che entrambi i poli sentono per l'immobilismo. Qualche prova? Basta vedere la fumosità con cui entrambi i candidati premier affrontano i due meccanismi più cigolanti della precaria macchina economica italiana: le pensioni e il mercato del lavoro.

Nel loro duello a distanza Berlusconi e Rutelli, come si trattasse di un'asta pubblica, fanno a gara a chi offre di più: a chi alza di più la pensione minima; a chi promette di farlo nel più breve lasso di tempo; a chi promette di coinvolgere il numero più alto di pensionati; uno offre 6.000 miliardi, l'altro ne offre 10.000. Peccato che nessuno dei due dica una sola parola sul modo concreto in cui si pensa di finanziare simili sacrosante misure. E che se qualcuno rompe il silenzio in uno dei due schieramenti, come ha fatto Buttiglione, dice sciocchezze come quella di destinare alla previdenza, cioè alla spesa corrente, i proventi delle privatizzazioni. Ciò che è contrario ad un tempo e al buon senso e alla legge.

Eppure non è così difficile indicare qualche strada. Noi, malgrado la nostra fama di "liberisti selvaggi", ci dichiariamo a favore delle misure in questione e abbiamo anche una proposta per finanziarle: qualche ritocco immediato di alcuni parametri del nostro sistema - per esempio l'innalzamento a 57 anni dell'età pensionabile - che costituirebbe solo un piccolo passo, rispetto alla più vasta riforma di cui avrebbe bisogno la nostra previdenza per diventare sostenibile, ma un piccolo passo sufficiente a finanziare qualche doverosa misura sociale. Il punto è che per avanzare proposte concrete bisogna essere, come noi, liberi dall'ipocrisia e dai ricatti degli alleati.

E quel che vale per le pensioni vale anche per il mercato del lavoro. Gli ultimi dati sull'occupazione (incoraggianti ma non certo in linea con il trend europeo) dimostrano al di là di ogni dubbio non soltanto che la flessibilità paga, ma che essa premia - come noi diciamo da tempo - le fasce più deboli del lavoro dipendente: i giovani, le donne, il Sud. Resta, a sbarrare la strada alla liberalizzazione del mercato del lavoro, l'ostacolo dei contratti a termine, di cui si discute inutilmente da una diecina d'anni. Un ostacolo che proprio uno dei nostri referendum bocciati dalla Corte Costituzionale avrebbe potuto spazzare via, aprendo una prospettiva autenticamente europea. Ma non é successo.

E così ci tocca assistere a una sinistra che continua a difendere il mercato del lavoro più rigido dell'Occidente ma mena vanto per quelle modeste riforme che ha varato obtorto collo, solo perché non poteva più impedirle. E una destra che, quando va a parlare con gli imprenditori - vedi l'incontro di Berlusconi con la Confindustria - evita accuratamente anche soltanto di citare il problema mercato del lavoro.

Perché anche questo unisce Berlusconi e Rutelli, dietro le loro chiassose polemiche a distanza: la determinazione del centrodestra e del centrosinistra di ritornare alla concertazione, di privilegiare il rapporto con le burocrazie sindacali e gli interessi costituiti che esse rappresentano rispetto a una politica di apertura verso i disoccupati e le categorie meno protette del mondo del lavoro.

Immobilismo, concertazione e paternalismo dello Stato. Quanto poco diversi siano i due Poli lo dimostra, ad abundantiam, una pessima legge sull'"editoria informatica", poco comprensibile salvo nel suo orientamento di fondo: rinchiudere Internet nella stessa gabbia statalista e corporativa in cui è rinchiusa l'editoria "tradizionale"; e agitare l'osso dei finanziamenti e dei sussidi statali per rendere accettabile la mancata liberalizzazione di un settore di cui la partitocrazia giustamente diffida.

SCHEDE

La clonazione a scopo terapeutico

La questione ruota soprattutto attorno alla possibilità di utilizzare a scopo terapeutico cellule staminali prelevate dagli embrioni detti "sovrannumerari" in quanto sono lo scarto dei programmi di fecondazione assistita. Congelati e conservati sotto azoto, questi embrioni debbono essere usati entro una determinata scadenza, trascorsa la quale vengono semplicemente buttati via. Ora una delle utilizzazioni possibili degli embrioni , la ricerca di terapie contro malattie giudicate tuttora incurabili. Come ha detto il nostro compagno Luca Coscioni alla conferenza stampa di presentazione della nostra proposta di iniziativa popolare, che riguarda direttamente il suo destino di uomo colpito da sclerosi laterale amiotrofica: "La mia malattia può forse essere curata ricorrendo alle cellule staminali. Per ragioni non ancora note, infatti, le cellule staminali,una volta inserite nel sistema nervoso, sono irresistibilmente attratte dai punti, come le aree di lesioni o degenerazioni, dove c'è più bisogno di loro. E una

volta arrivate a destinazione tali cellule indifferenziate si trasformano in neuroni in grado di sostituire o riparare quelli distrutti o danneggiati". Numerose sono le malattie incurabili, come quella di cui soffre Luca, e che abbiamo finalmente la speranza di sconfiggere con l'aiuto delle cellule staminali: l'atrofia muscolare spinale, il morbo di Alzheimer, il Parkinson, il lupus, il diabete ed altre. E sono circa 10 milioni gli italiani che, vittime di varie patologie, potrebbero guarire con terapie basate su queste cellule. Non sono io a dirlo. Sta scritto nel Rapporto Dulbecco, redatto dai 25 saggi cui il ministro della Sanità Veronesi ha affidato il compito di esaminare (cito) "Le problematiche relative all'utilizzo di cellule staminali a scopi terapeutici e di chiarire il reale potenziale di sviluppo e di applicabilità di tale uso nella ricerca in Italia" (chiuse virgolette). Le conclusioni del Rapporto Dulbecco ricalcano, per fortuna, l'approccio laico e liberale che ha spinto già molti mesi fa il

governo laburista britannico di Tony Blair e l'amministrazione democratica americana guidata all'epoca da Bill Clinton (nonchè, altri governi occidentali, via via) ad autorizzare la sperimentazioni sugli embrioni crioconservati e la clonazione a scopo terapeutico.

E in Italia? La nostra ricerca , già in ritardo di oltre sei mesi. Ma nemmeno l'ipotesi, ormai verosimile, di salvare centinaia di migliaia di vite umane riesce a incrinare le certezze della Chiesa e dei "proibizionisti", di coloro cioè, i quali, in nome di precetti e valori dell'etica cattolica dicono no alla sperimentazione e no alla clonazione. Perchè, sostengono, l'embrione , già una forma di vita umana e come tale va rispettata.

Per noi , già difficile capire perchè, sia più rispettoso verso l'embrione gettarlo nella spazzatura anzichè, portarlo in laboratorio. Ma ancor più difficile ci riesce - forse per ottusità laica - seguire l'itinerario logico ed etico di chi, in nome della sacralità della vita, si strappa le vesti per l'embrione ma poi, potendo strappare milioni di vite alla sofferenza e alla morte, non muove un dito e volge lo sguardo altrove. Contribuendo, in definitiva, a dividere gli ammalati fra quelli che, disposti a peccare e dotati dei mezzi necessari, andranno a cercare la guarigione all'estero; e quelli che, essendo il loro reddito insufficiente, continueranno a soffrire e morire in patria, ma astenendosi dal peccare.

La pillola abortiva

Stiamo parlando della "RU 486", di un farmaco scoperto in Francia negli anni Ottanta, in circolazione in 12 dei 15 paesi dell'Unione europea (fanno eccezione, con l'Italia, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo) nonchè, la Svizzera, e che ha già consentito a centinaia di migliaia di donne non solo di interrompere la gravidanza entro la nona settimana, ma di farlo senza ricorrere al chirurgo, riducendo al minimo la sofferenza fisica e quella psicologica. Il trattamento consiste nell'ingestione di due pillole, a distanza di 48 ore una dall'altra.

Benissimo. Nulla dovrebbe impedire la circolazione di questo farmaco in un paese come il nostro dove da anni, grazie a una battaglia di civiltà, durissima, che non è il caso di rievocare, l'aborto legale. Tanto più che la legge che regola l'interruzione di gravidanza, la 194, esplicitamente raccomanda la promozione (cito) "delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integralità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione di gravidanza" (fine della citazione).

Questo preambolo per spiegare la sorpresa dei laici, anche in questo caso, di fronte alla chiusura nettamente proibizionista della Chiesa, dei politici clericali e persino di alcune categorie professionali, farmacisti inclusi. Di quelle stesse forze che volevano l'aborto rimanesse clandestino, che vorrebbero ritornasse ad essere un reato, ma che sanno di avere contro la maggioranza degli italiani. (Non fu Berlusconi in persona a dire ai suoi "non parlate di aborto e divorzio in campagna elettorale"?) Con quali argomenti si vuole proibire ora la "RU 486"? Con uno su tutti, che fa orrore a qualsiasi donna: che la "pillola del giorno dopo" banalizza l'aborto e rischia di moltiplicarne la pratica. Chi pensa che l'interruzione della gravidanza - in qualsiasi circostanza essa avvenga - possa costituire un "fatto banale" nella vita di una donna, non sa quello che dice. E non conosce le statistiche dei paesi che ammettono l'uso della "RU 486" - sempre sotto controllo medico - e nei quali il numero degli aborti, anzi

chè, salire, è lievemente diminuito.

Conclusione: prende corpo, inesorabilmente, un mercato nero della "pillola del giorno dopo", che come quello delle droghe pesanti, si svolge senza regole: controlli sui prezzi e senza garanzie per la salute di chi ne fa uso. A questo mercato nero vogliamo strappare le donne italiane.

L'eutanasia

Il varo di una legge che l'eutanasia in Olanda (e il probabile varo di una legge simile anche in Belgio) se da una parte sottolinea la grandissima attualità della nostra proposta di legge, dall'altra ha riportato alla ribalta i proibizionisti, quelli che ci accusano di propagandare "la cultura della morte". A costoro ha già risposto lapidariamente Indro Montanelli, annunciando il suo sostegno alla nostra proposta di legge per la regolamentazione della cosiddetta "interruzione volontaria della propria sopravvivenza", che si ispira al modello già adottato da una delle due camere del parlamento olandese. Dice Montanelli (Cito)"Se noi abbiamo un diritto alla vita, abbiamo anche un diritto alla morte, il diritto di scegliere il quando e il come della nostra morte. I cristiani dicono che la sofferenza eleva lo spirito. Per me la sofferenza fa male e ne ho paura, mentre non ho paura della morte." (fine della citazione)

Gli olandesi hanno affrontato la questione eutanasia molto pragmaticamente, spinti non già dal desiderio di far prevalere alcuni principi etici rispetto ad altri ma dalla necessità per il legislatore di fissare criteri rigidi e trasparenti per regolare il "conflitto" che sorge sempre più spesso fra i medici - che sentono l'obbligo di applicare tecniche sempre più avanzate per prolungare la vita, anche degli ammalati più gravi - e quei pazienti che, volendo porre fine a sofferenze ritenute inutili, rivendicano il diritto di sottrarsi alle cure, anche scegliendo liberamente di morire.

Non a caso l'obiettivo dichiarato della legge olandese , quello di definire le circostanze nelle quali il medico può assecondare, senza essere più punibile, la volontà del malato di terminare la vita.

Questi criteri, ampiamente condivisibili sono i seguenti: accertare che il paziente esprima la propria scelta coscientemente e liberamente; accertare, insieme a un medico indipendente, l'irreversibilità del male e il livello di sofferenza; assicurarsi che la terminazione della vita sia eseguita "accuratamente sotto il profilo medico".

A questi criteri i nostri amici di EXIT, l'Associazione italiana per il diritto a una morte dignitosa, insieme ai quali abbiamo avviato questa battaglia, aggiungono la questione non irrilevante della dignità della persona, diritto fondamentale sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. E non si vede davvero perchè, la stessa persona che ha goduto del diritto alla dignità fin dalla nascita debba perdere tale diritto al momento di concludere la vita.

Dicevo a Chianciano e ripeto qui che riuscirà a cambiare l'Italia solo quella forza politica - o aggregazione di forze - che saprà convincere una "massa critica" di elettori che le libertà dette civili e le libertà dette economiche sono le due facce di una stessa medaglia , due aspetti inscindibili della libertà individuale.

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