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Conferenza ERA
Partito Radicale Giorgio - 12 febbraio 1999
PATTO PER LA CIVITAS ESPERANTISTA
Commissione per l'evoluzione

Rapporto sull'evoluzione dell'Esperantia

(anno 1998)

1. Fonti del rapporto.

L'articolo 7 del patto per la Civitas Esperantista assegna alla Commissione per l'evoluzione il compito di preparare ogni anno un rapporto sull'evoluzione dell'Esperantia.

Questa volta il compito è stato reso più semplice dalla pubblicazione di almeno due studi nell'estate del 1998: "Esperanto post la jaro 2000" (Esperanto dopo l'anno 2000) di Aleksander Korjhenkov, e il discorso d'inaugurazione di Giorgio Silfer in occasione del Forum. Il testo di Korjhenkov è apparso come brochure a parte presso la UEA.

Il discorso di Silfer è apparso in maniera completa nel "Literatura Foiro 174" e senza la "parentesi sulle NU" nell'"Heroldo de Esperanto" 9-10:1998. A quegli studi si sono aggiunti in maniera evidente il Patto per la Civitas Esperantista e la risoluzione 2, che include la Quinta Tesi.

Accanto a questi documenti-base meritano d'essere menzionati il discorso di Humphrey Tonkin a Montpellier (anch'esso nell'HdE 9-10:1998) e due tesi di laurea, discusse all'università di Torino, purtroppo solo in italiano: quella di Federico Gobbo, riguardo la scienza della comunicazione nell'Esperantia e quella di Luigi Ribolodi, sulla struttura del sistema UEA.

2. Differenza tra i forum

Il testo di Korjhenkov è proposto come contributo al Forum della Strategia di Montpellier. Perciò è opportuno e legittimo confrontare i due forum.

Dopo la convocazione del forum a La Chaux-de-Fonds, ad opera dell'ERA e dell'esperantista PEN, ed il lancio della Quinta tesi da parte della cooperativa LF, la UEA annuncia il proprio forum strategico a Montpellier. I due convegni hanno delle differenze di base:

a) La Chaux-de-Fonds è aperto a chiunque, Montpellier non è permesso all'ERA (secondo la lettera del presidente Lee-Chong Yeong al presidente della KCE, nel novembre 1997)- di conseguenza, anche la KCE prende la decisione di non partecipare. La PEN e la cooperativa LF non decidono nulla riguardo Montpellier, semplicemente vanno solo a La Chaux-de-Fonds (dove saranno presenti quatto membri su cinque del consiglio direttivo della LF e tutto il direttivo della PEN).

I Centri culturali non partecipano a Montpellier, eccetto La Kvinpetalo, ma tre di loro si annunciano per La Chaux-de-Fonds.

b) La Chaux-de-Fonds raccoglie delle iscrizioni relativamente eterogenee (associazioni internazionali, associazioni nazionali, centri culturali, cattedre universitarie, club locali, redazioni, ecc.), Montpellier unisce principalmente associazioni internazionali del settore.

c) La Chaux-de-Fonds lancia il Patto. Montpellier crea solo una conferenza informale all'interno della UEA (infatti essa si riunisce solo agli UK), dove le associazioni di settore giocano un ruolo principale. Si tratta effettivamente di un ulteriore scalino in una lunga marcia, cominciata a Seoul nel 1994, che si è concretizzata a Tampereo 1995 con la creazione di un membro del consiglio direttivo della UEA per le associazioni di settore, e ulteriormente s'evolve per la pressione esercitata sul comitato da quelle stesse associazioni.

In pratica tutte le discussioni, prima e dopo i forum d'agosto, hanno a che vedere con La Chaux-de-Fonds e in tal maniera con il Patto per la Civitas Esperantista. Montpellier sta subito sullo sfondo.

3. Tatticamente contro il Patto.

Al Patto dedicano attenzione principalmente gli organi degli aderenti: Literatura foiro, Heroldo, Radio Radicale, Monata Cirkulero de KCE. L'organo dell'UEA (11:1998) dedica un articolo obiettivo di Bruno Masala (il quale ha partecipato come delegato OSIEK), anche con un titolo positivo: "Invito al Civito" (invito alla Civitas). Anche "La Ondo de Esperanto", una rivista intellettuale piuttosto prestigiosa, dedica attenzione al Patto nonostante il suo non vasto pubblico.

Il Patto riceve attacchi e critiche essenzialmente da due persone, motivate da rancori personali: Jorge Camacho e Jouko Lindstedt. Entrambi travalicano l'insulto personale e si rendono colpevoli d'un più vasto attacco contro la cooperativa LK per la concorrenza sleale. Al di là dei tratti passionali, che spesso riducono l'efficacia della loro argomentazione, le principali critiche sono due: una strategica, l'altra tattica.

Strategicamente, si attacca il Patto perché condurrebbe ad una sorta di "sciovinismo verde". Tatticamente, si attacca il Patto perché esso avrebbe un carattere anti-Rotterdam.

Alla critica strategica risponde il successivo paragrafo ma della critica tattica trattiamo subito.

E' un dato di fatto che l'intervento di Giorgio Pagano nel Forum (consultabile nel sito in rete dell'ERA) può sembrare una pasquinata contro la UEA; ma è anche vero che i Camacho e i Lindstedt a ragione ignorano o semplicemente non conoscono l'intervento (è apparso solo nel sito in rete dell'ERA). La critica non si poggia quindi su delle prove, ma solamente su di una premessa congiunturale: esistono alcune persone che, con ogni argomentazione, imbroglio e anche menzogna, s'affannano a presentare il Patto alla stregua di un'iniziativa contro la UEA. Quelle persone non sono di per sé duci dell'associazione, ma godono però di un appoggio interno presso l'apparato burocratico. La pressione si fa sentire su alcuni aderenti, innanzitutto sulla redattrice della rivista "Kontakto" ed i rappresentanti delle associazioni dei Paesi.

Poiché noi sappiamo che abbiamo sottoscritto il Patto verso qualcosa e non contro qualcuno, non è infondato il sospetto che alcuni desiderano alimentare il fuoco e accrescere la possibilità di conflitto fra la UEA e chi alla UEA è esterno. Lo stesso presidente della UEA , Kep Enderby, secondo la sua intervista all'"Heroldo de Esperanto", non desidera affatto alimentare il conflitto. La stessa Commissione per l'evoluzione ha altri obiettivi che quello di combattere contro la UEA.

E' interessante anche vedere la contraddittorietà dei nostri screditatori: da un lato essi fanno quasi credere che gli aderenti al Patto distruggeranno l'Esperanto, dall'altro enfatizzano il fatto che si tratta solamente di un manipolo di rincretiniti. Fra le due una sola è possibile: o siamo dei cretini, e allora non ci è possibile distruggere la solida e gigantesca UEA, oppure siamo Davide che riesce ad uccidere Golia, ma in tal caso non siamo rincretiniti... Un'altra contraddizione è l'accusa di voler usurpare potere all'UEA, ma se volessimo conquistare il potere nella UEA sarebbe sufficiente divenire membri e candidarsi per la direzione (per la quale mancano candidati!).

Perché Camacho e Lindstedt gettano benzina sul fuoco? Perché si sono compromessi. Camacho per il suo antisemitismo, Lindstedt per la sua perorazione a favore dei persecutori degli intellettuali esperantisti orientati verso Raùma, nella Polonia d'allora. L'errore del primo è già noto, quello del secondo molto di meno. Se la UEA avesse con l'attuale opposizione delle buone relazioni, la loro credibilità automaticamente subirebbe una contrazione. In effetti né la UEA né gli altri hanno interesse ad intraprendere un conflitto: il consiglio di direzione della UEA si è indebolito sperimentando i duri scontri all'interno del Comitato; la coop-LF, la KCE e la PEN hanno i loro rispettivi interessi produttivi ed organizzativi, e l'ostracismo contro l'ERA danneggia sia lo scomunicatore che lo scomunicato, ma in particolare la vittima.

Tutti gli elementi si concordano: la conflittualità fra la UEA e gli altri, è il terreno adatto affinché certe persone abbiano un ruolo crescente all'interno dell'Esperantia. Perciò lavorano costantemente per seminare rancore, ed ogni eventuale attacco degli aderenti al Patto sarebbe un'arma nelle loro mani.

4. Strategicamente contro il patto

" Buongiorno, Maestro! Si sieda, prego. / Come si sente dopo ottant'anni di morte? / Vogliate fumare. Allora, certamente lei indaga / sul Movimento, e l'attuale prospettiva? "

Così più o meno suonerebbe la bella poesia di William Auld da "Humoroj". In occasione della giornata a Zamenhof 1998 ci interroghiamo infatti sulla prospettiva per la lingua di Zamenhof:

Noi vediamo tre scenari.

Il primo è quello della Vittoria Finale (Fina Venko): l'esperanto diventerà effettivamente la seconda lingua per tutti, la lingua di tutti gli alberghi e aeroporti, la lingua internazionale ausiliaria generalmente utilizzata. Ma affinché la maggior parte di noi la vivano, o almeno la vedano, la data della Fina Venko dovrebbe collocarsi tra domani e il 2020. Più tardi sarebbe solo la Vittoria Lontana (Fora Venko).

Il secondo scenario è proprio quello della Fora Venko: l'attuale "comunità verde" un poco alla volta ingiallirà, avvizzirà e si accartoccerà come foglie cadenti, e morirà con la speranza che una nuova stagione verrà e vedrà il successo. Il nostro compito non sarebbe altro se non quello di far sopravvivere la lingua, perfezionare il prototipo fino alla produzione industriale e l'immissione sul mercato.

Il terzo scenario è quello della Civitas esperantista. Per parafrasare un giacobino (o un trotzkista): in nessuna modo rinunceremo ad esportare la rivoluzione, ma in primo luogo la realizzeremo e la firmeremo almeno da noi. Detto in altri termini: non è sufficiente il prototipo di una lingua comune, è necessario almeno anche il prototipo del comune Codice di Comportamento (Norma).

Sia il primo che il secondo scenario escludono il terzo, mentre il terzo non esclude i primi due. Semplicemente esso è il più pragmatico, il meno utopico: poiché i primi due scenari immaginano un nuovo tipo di umanità, il terzo vede solamente cittadini del mondo. I primi due sognano che il mondo si migliori; il terzo lavora perché almeno noi si migliori.

Noi siamo certi che oggi Zamenhof sceglierebbe il terzo scenario. Siamo certi di ciò, dopo aver riletto la sua brossura sull'"hilielismo", dopo aver riletto la sua lettera a Antoni Kofmann, dopo aver riletto le sue opere durante gli anni della guerra... Per Zamenhof l'esperanto non è mai stato un giocattolo, né un puro mezzo tecnologico, né uno strumento di comunicazione senza fini artistici (lui stesso subito applicò la sua lingua nella creazione poetica!). Per Zamenhof l'esperanto fu una "bandiera", un segno d'identificazione per una disseminata minoranza che lui chiamò cittadini del mondo.

Nei suoi ultimi anni di vita, parlare dell'esperanto come qualcosa in cui identificarsi significava coalizzare contro di sé il crescente sciovinismo. Era grande il bisogno (per piacere alla macrosocietà) di dimostrare, che anche gli esperantisti sono buoni patrioti. Nel "Pola Esperantisto" (esperantista polacco), dal maggio1914 (nota bene: prima della guerra mondiale!) quella intima convinzione si espresse negli articoli di Niemojewski, che ricevette il sostegno anche del direttivo della Pola E-Societo. Zamenhof fu scioccato dalla campagna sciovinista dei "compagni d'idea" (samideanoj) di Varsavia , campagna che prese un carattere chiaramente antisemita. Le sue lettere di protesta non furono pubblicate dal "Pola Esperantisto". Al contrario Niemojewski stesso, nella gazzetta in lingua polacca, nell'aprile 1915 attaccò la "Aperta lettera del Dottor Zamenhof ai diplomatici". L'esperantista Niemojewski concluse che l'ebraismo, lo hilelismo e singolarmente Zamenhof come esponente di quelle, mirano ad allontanare

dalle nazioni le loro lingue, religioni, culture ed il loro amore verso la patria, cosa che minaccerebbe del tutto la loro stessa esistenza.

Oggi, parlare dell'esperanto come qualcosa in cui identificarsi significa giustamente ricevere l'accusa di "sciovinismo verde". Gli odierni Niemojewski (i quali, curiosamente, tacquero sull'articolo antisemita su "Monato", o scrissero/pubblicarono pamphlet antisemiti) attribuiscono esattamente ad altro il proprio vizio. Sia nel 1914, sia nel 1998, nelle teste di alcuni regna una grande confusione su nozioni come nazione, stato, minoranza e collettività.

L'esperanto è e sarà una lingua apolide. L'Esperantia è la collettività umana caratterizzata da questa lingua apolide. Noi vediamo solo un naturale progresso in ciò, che la collettività si renda più consapevole della sua identità comune, dei suoi bisogni comuni, delle sue comuni aspirazioni. Questo di fatto è la presa di coscienza dell'esistenza di una cultura comune. I moderni Niemojewski, che negano il valore di questa cultura, assomigliano agli ordinari non-esperantisti, che negano il valore e il diritto d'esistere della nostra lingua.

"Bene, Maestro, è stato piacevole... Arrivederci; / gioiranno per la visita i samideanoj. / Puoi tornare nella tomba con fede forte, / che i Cittadini fan durare la tua Cosa. "

 
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