ELEZIONI UE: INUTILE DOPPIONE ?
di Martino Cavalli
(Il Sole 24 Ore, 10-10-1994)
Più che di elezioni europee, sarebbe meglio parlare di elezioni in Europa. Anche l'ultima consultazione per nominare i rappresentanti al Parlamento di Strasburgo ha dimostrato che siamo fermi al '79, anno delle prime elezioni: non si va a votare per un'assemblea omogenea che si occuperà di problemi comuni, ma ci sono dodici popoli chiamati simultaneamente alle urne (e la data sembra essere la sola cosa in comune) per eleggere ognuno pensando ai problemi di casa propria - dei "replicanti" dei deputati nazionali.
La conclusione - che non stupisce, ma resta comunque piuttosto sconfortante - è emersa nel corso del quinto convegno internazionale della Società italiana di studi elettorali (Sise) dedicato al tema: »Le elezioni del Parlamento europeo 1979-1994 . Numerosi esperti internazionali che hanno preso parte al convegno - promosso a Pavia dalla Facoltà di Scienze Politiche e dalla rivista »Il Politico dell'Università della città lombarda - hanno messo a nudo la crescente disaffezione dei cittadini europei per l'unica istituzione che dovrebbe e potrebbe rappresentarne democraticamente gli interessi. Basta dare un'occhiata all'affluenza alle urne per rendersene conto: nel '79 si è recato a votare il 63% dei cittadini (addirittura l'85,7% in Italia); quindici anni dopo, nel giugno '94, appena poco più della metà degli aventi diritto ha deciso di ripetere l'esperienza (il 56,5%, con un calo di 6,5 punti percentuali), ma gli italiani hanno dimostrato un calo d'interesse ben maggiore, scendendo al 73,70% dei votanti sul
totale degli aventi diritto, 12 punti percentuali in meno.
Ma sapere quanti cittadini votano non è abbastanza. Ancora più importante è sapere perché lo fanno, e cioè se prendono la loro decisione in un'ottica europeistica oppure in base a meri interessi riazionali. Ebbene, sulla base degli exit poll effettuati dalla Cirm nel giugno scorso è emerso che soltanto il 34,3% degli elettori italiani apparteneva alla prima categoria, sebbene i sondaggi li classifichino da sempre come i più "euroentusiasti". Tutti gli altri hanno ammesso di pensare alla situazione politica interna. La colpa non è solo dei cittadini, ma anche dei mass media. Sempre nel caso italiana è stato infatti preso in considerazione il grado di copertura assicurato nelle varie consultazioni da un grande quotidiano nazionale. Le elezioni del '94 hanno suscitato l'attenzione del giornale per soli 7 giorni, rispetto ai 12-13 giorni delle consultazioni precedenti. E la politica comunitaria ha occupato soltanto il 7% dello spazio, contro il 22% del '79.
Si potrebbe quindi dedurre che le elezioni europee sono consultazioni di "secondo livello", paragonabili cioè a quelle amministrative: esiste un ciclo elettorale nazionale che decide anche dell'esito delle votazioni che hanno un'importanza secondaria. Ma ci sono alcuni elementi che sembrano contrari a questa tesi. Gianni Riccamboni, dell'Università di Padova, ha sottolineato come le elezioni europee sembrino essere contrassegnate da un maggior grado di libertà dell'elettorato (perché la posta in gioco è meno importante), con grande attenzione al candidato simbolo e un massiccio ricorso al voto di preferenza e al capolista in particolare. Si spiegano cosi due avvenimenti che si sono verificati nelle elezioni dell'84 e del '94: lo storico sorpasso del Pci sulla Dc, certamente favorito dalla recente scomparsa di Enrico Berlinguer, e il notevole successo personale riportato da Silvio Berlusconi con quasi 3 milioni di preferenze, pari ad oltre la metà di tutte quelle espresse in favore di Forza Italia.
Ma le elezioni europee possono anche avere un significato maggiore di quello che si crede - sostiene Hermann Schmitt dell'Università di Mannheim perché la scarsa mobilitazione e le diverse regole elettorali permettono di emergere a gruppi politici minori, magari destinati ad affermarsi in seguito anche a livello nazionale. E' successo in Germania nel '79 con i Verdi e dieci anni dopo con l'estrema destra dei Republikaner, nonché al francese Le Pen nell'84. Nel caso tedesco, lo scarso impegno dei partiti maggiori dà più possibilità ai piccoli di superare la barriera del 50% al sistema proporzionale. In Francia, invece, quando si vota per l'Europa si abbandona il sistema maggioritario a due turni per passare al proporzionale puro, col medesimo effetto. Dunque anche in Italia, che conserva il proporzionale solo per le europee, queste elezioni potrebbero assumere in futuro il ruolo di "spia" per nascenti gruppi politici che magari saranno presto destinati a "sbucare" dalle maglie del maggioritario.
Martino CAVALLI