RIPENSANDO MAASTRICHT
CRESCITA, COMPETITIVITA E DISOCCUPAZIONE SULLA STRADA
DELL'UNIONE EUROPEA.
di Giorgio Barba Navaretti
(Il Sole 24 Ore, 28-10-1994)
"Verso il 1996" è il titolo della "Pontignano Conference" che si apre questo pomeriggio a Siena alla presenza del presidente del Senato Carlo Scognamiglio, e di Ralph Dahrendorf, principale promotore dell'iniziativa. L'anno scorso il St. Anthony's College di Oxford, l'Università di Siena e il British Council hanno unito accademici, imprenditori e rappresentanti della vita pubblica italiana e inglese per un confronto informale su un tema di interesse comune ai due Paesi: l'Europa. Il successo ha spinto gli organizzatori a trasformare l'iniziativa in un evento annuale, appunto le "Pontignano Conference", dal nome della magnifica Certosa alle porte di Siena che ospita il convegno.
Il 1996 è l'anno della conferenza inter-governativa per la revisione del processo di Maastricht. La transizione verso un'effettiva unione poggia sull capacità dei Governi membri di inserirsi su canali istituzionali, strategici ed economici convergenti. Tutt'altro che semplice. Non è chiaro come sarà possibile disegnare istituzioni che siano allo stesso tempo efficaci e legittimate ad agire rispetto ai Governi nazionali. Non è chiaro come si potrà raggiungere una linea di politica estera e di difesa comune a cui tutti i Paesi membri siano disposti ad aderire. Non è chiaro come le diverse economie potranno convergere verso la creazione della moneta unica europea e la definizione di una politica economica comune.
L'impresa è resa ancora più difficile dalla "mobilità geografica" dell'Unione: Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria entreranno tra pochi mesi. Sarà poi il turno di Cipro, Malta e i Paesi in transizione dell'Europa Orientale.
Il libro bianco voluto da Delors sui problemi della crescita della competitività e dell'occupazione è l'ossatura fondamentale su cui misurarsi per la definizione di una politica economica comune: e sarà questo il tema su cui si localizzerà buona parte del convegno odiemo. Il rapporto è stato scritto per rispondere alla domanda: come ridurre la disoccupazione che affligge più o meno tutti i Paesi europei, dove in media i disoccupati sono l'I 1,5% della forza lavoro contro il 7% degli Stati Uniti e il 2,5% del Giappone? Nel tentativo di rispondere con i toni elevati di una ricetta che unisce mercato e solidarietà, il rapporto fornisce un quadro molto interessante della natura e dei problemi dell'economia europea.
Il punto fondamentale recepito dal rapporto è la mobilità. La letteratura economica più recente, il cosiddetto approccio dei flussi, mette in evidenza come il mercato del lavoro, indipendentemente dal livello di disoccupazione, sia costantemente caratterizzato da flussi contemporanei di creazione e distruzione di sosti di lavoro. Uno studio del 1992 degli economisti americani Steven Davis e John Haltivanger sull'occupazione manifatturiera negli Stati Uniti tra il 1973 e il 1986 calcola che ogni anno vengono contemporaneamente creati e distrutti posti di lavoro o per oltre il 7% della forza lavoro. L'implicazione di quest'analisi è che la disoccupazione è un elemento fondamentale e necessario di processi di ristrutturazione economica e di creazione di nuovi posti di lavoro.
Per ridurre la disoccupazione i Governi devono facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, non solo con le misure tradizionali di contenimento del costo del lavoro, ma anche con interventi attivi nel campo della formazione, promozione di piccole imprese, decentralizzazione e flessibilità del rapporto contrattuale. Michael Burda, ha dimostrato che le differenze nel tasso di disoccupazione medio tra i Paesi dell'Ocse tra il 1986 e il 1990 è sostanzialmente spiegato da tre fattori istituzionali: il grado di corporativismo nei processi collettivi di contrattazione salariale, la generosità dei sussidi alla disoccupazione (in quanto disincentivano la ricerca di nuova occupazione) e la spesa in programmi attivi per l'occupazione, volti appunto a favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
In questa prospettiva il libro bianco auspica il varo di grandi programmi infrastrutturali di spesa, volti a stimolare l'occupazione del lato della domanda, uniti a programmi che dirottino risorse dalla solidarietà passiva verso disoccupati a interventi attivi di riduzione delle rigidità del mercato del lavoro. La posizione dei Paesi membri relativamente alle due grandi aree di intervento varia notevolmente. Lunedi scorso il Governo inglese fortemente contrario a politiche keynesiane di domanda, ha varato un programma che riduce i sussidi alla disoccupazione a una durata di solí sei mesi e obbliga i disoccupati a recarsi in appositi centri aspettando qualsiasi tipo di cupine ragionevole.
La mobilità non significa solo flessibilità produttiva, ma anche un ampliamento degli orizzonti geografici. Il rapporto insiste molto sulla globalità dei processi competitivi che caratterizzeranno il futuro dell'Europa e in tal senso propone piani di investimento infrastrutturali che facilitino le comunicazioni e i trasporti. Che la globalizzazione e soprattutto l'integrazione con nuove aree e realtà produttive sia la scommessa futura dell'economia europea ci sono pochi dubbi. Dai processi di globalizzazione, però, rischiano di emergere le principali asimmetrie tra i membri dell'Unione, con forti oscillazioni della bilancia tra liberalizzazione e protezione.
Il dilatarsi dei tempi che ha caratterizzato l'Uruguay Round (oltre sette anni di negoziazioni) è in parte spiegato dalle divisioni e dai conflitti di interesse tra i paesi dell'Unione europea, conflitti così evidenti da minare la rappresentatività dei negoziatori dell'Unione. Anche il recente accordo commerciale tra Unione europea e paesi dell'Est ha effetti molto asimmetrici nei Paesi membri. Le importazioni dalle economie in transizione sono infatti soprattutto in concorrenza con quelle dei Paesi del Sud Europa. Col tempo si potrebbero modificare le posizioni dei singoli Paesi relativamente all'accordo e in futuro, ridurre i consensi all'allargamento dell'Unione. Forse il convegno aiuterà a capire se le tendenze alla convergenza riusciranno a prevalere.
Giorgio BARBA NAVARETTI