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Conferenza Federalismo
Partito Radicale Massimo - 14 novembre 1994
UE-EST EUROPA

Dopo i vari articoli inseriti in questa conferenza vorrei tentare di aprire il dibattito almeno per quanto concerne uno dei principali problemi a cui l'Ue sara' a chiamata a rispondere nei prossimi anni: l'adesione all'Unione di alcuni paesi dell'ex blocco del Patto di Varsavia. Non intendo e non ho la capacita' di dare delle risposte, ma solo tentare di sollevare su questo aspetto alcune contraddizioni in seno all'Unione, di mettere in rilievo, da radicale-federalista, alcuni punti sui quali dobbiamo dare una risposta.

- Conferenza CSCE a Budapest

In questi giorni ho seguito con una certa attenzione i lavori della Conferenza della CSCE che si stanno svolgendo a Budapest e sia dagli interventi scritti degli ambasciatori (alcuni dei quali inseriti in conferenza) sia da alcune analisi lette sulla stampa mi sembra che la conferenza sia in qualche maniera "incartata", bloccata. Indubbiamente il ruolo che negli anni passati, negli anni della guerra fredda, aveva assunto la CSCE e' scomparso, ma sempre di piu' il movimento delle diplomazie mi appare dipendente dai risultati delle elezioni avvenute in USA e dalla nuova possibile "dottrina" in politica estera degli americani.

Numerose questioni all'ordine del giorno in Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, ecc. stanno aspettando un chiaro segnale dai diversi interlocutori. I problemi che questi paesi stanno attraversando, sia di natura economica ma anche di effettiva emancipazione dalla ex-leadership russa hanno bisogno di urgenti e precise risposte dalla Unione europea.

In Ungheria una dei punti piu' importanti del nuovo Governo socialista-liberaldemocratico di Gyula Horn e' l'adesione alla NATO superando il concetto della "partnership for peace".

Sempre in Ungheria si lanciano segnali sempre piu' precisi, inoltre, alle diplomazie europee per dar concretezza a piani piu' concreti di aiuto in numerosi campi (conoscenze tecnologiche, aiuti economici, ambiente e sviluppo del territorio, produzione, ecc.).

Lo stesso avviene in Polonia ed in Romania.

Nella repubblica Ceca la presidenza della Commissione per l'integrazione europea e' stata di recente assunta dal primo ministro Klaus, dando in questa forma, mi sembra di capire, una priorita' dell'impegno del governo ceco.

Non sto sostenendo la tesi di un possibile coinvolgimento USA in questa zona. Sarebbe una tesi certamente irreale, sia per gli aiuti economici che per altri fattori. Sto cercando di comprendere meglio il ruolo degli americani (specialmente dopo le elezioni di alcuni giorni fa') nell'intricato rapporto delle diplomazie su tre punti: ruolo della Ue nei rapporti con terzi, riforma delle Nazioni Unite e politica estera della superpotenza.

In questo intervento mi soffermero' solo sul primo punto.

- Ruolo della Ue

Il ruolo che l'Ue vuole avere in questo frangente non e' chiaro, anzi segnali sempre piu' allarmanti danno in questi paesi la sensazione dell'abbandono ed il conseguente ripiegamento sulle posizioni USA e' sempre piu' chiaro. In qualche maniera, anche al recente seminario USIS che si e' svolto a Monaco di Baviera, sono state espresse da parte americana (non governativa) delle valutazioni positive sulla adesione NATO di Ungheria, Polonia, ecc. nella prospettiva di "cordone democratico" attorno alla Russia.

I futuri rapporti USA-Russia saranno certamente importanti anche per capire meglio il ruolo della Ue e a Budapest il 5 e 6 dicembre ci sara' il summit dei capi di stato CSCE, con un incontro previsto tra Clinton e Jeltsin. Sara' molto utile analizzarne gli sviluppi ed individuare gli schemi di una possibile nuova "dottrina estera" al posto della ormai famosa "dottrina Lake".

Sono sempre piu' convinto che per alcuni paesi dell'area risolvere il "nodo russo" sia una delle porte di uscita ad alcuni problemi di politica interna, di consolidamento programmatico di coalizioni in molti casi traballanti.

Un piccolo inciso: non mi soffermo per vari motivi sulla problematica e complessa analisi che arriva dalla nuova configurazione geopolitica europea. Vedo sostanzialmente tre blocchi di paesi: quelli nati dalla disgregazione dell'URSS, quelli dell'ex-Yugolsavia e i rimanenti dell'europa centro-orientale, con qualche caso particolare. Ognuno ha bisogno di un approccio differente, di ulteriori approfondimenti che lascerei ad altri interventi. E' comunque importante arrivare ad una visione complessiva dei problemi per poter produrre un qualche schema di lavoro e di iniziativa politica che come radicali e federalisti dobbiamo dare. Vorrei solo portare un piccolo esempio che mi pare simpatico in questa contesto ricordare: nei paesi Baltici non esiste una rappresentanza diplomatica italiana e quindi un lettone che vuole andare in Italia si deve recare all'ambasciata a Mosca (chiedendo quindi un ulteriore, adesso, necessario visto per la Russia). Un "passaggio a nord-est" emblematico quanto demenziale.

Ritengo che i prossimi mesi saranno importanti e in qualche maniera imporranno un percorso politico nella zona dell'europa centrale ed orientale della durata di alcuni anni.

La Ue vuole diventare effettivamente soggetto e responsabilmente occuparsi, collegialmente o in maniera coordinata, dei possibili nuovi paesi membri oppure mantenersi divisa nei giochi diplomatici delle aree privilegiate, dei veti e degli assi politici preferenziali ?

L'Unione (o i suoi stati membri) vuole continuare a preferire ad avere accordi bilaterali, doganali, commerciali, dando vita alle "zone del marco", del "franco francese", verso questo o quest'altro paese dell'europa dell'est oppure chiaramente dare dei segnali precisi a Budapest, Praga, Bratislava ecc. che sta lavorando verso un effettivo piano di aiuti complessivo, di emancipazione economica?

La prospettiva europea, guardata da Budapest, e' una come una fioca lucetta accesa che mostra un'Europa sempre piu' divisa all'interno per poter decidere la leadership senza avere una visione globale dei problemi, matura per proporre l'Europa di serie A e di serie B, di sviluppare incredibili problemi come l'ultimo caso sloveno-italiano, capace solo di far dimettere il ministro degli esteri Peterle.

Sarebbe sufficiente analizzare il comportamento dei Foreign Office europei da tre anni a questa parte sul comportamento tenuto nei confronti degli stati nati dalla sgretolamento della ex-Yugolsavia per dare un voto di netta insufficienza verso il cammino dell'integrazione.

Ma gli sguardi in occidente sono rivolti alla Conferenza intergovernativa per la revisione del Trattato di Maastricht prevista, se non vado errato, nel 1996, guardando ancora con distrattezza il 1999, anno in cui dovrebbero far parte della Ue, Ungheria, Repubblica Ceca ed altri.

Credo veramente che se la Ue si lascera' sfuggire questa occasione, questo impegno di lavoro nei prossimi anni, il suo ruolo scadra' sempre di piu' ad una mera associazione inter-statale, di accordi doganali e niente di piu': una pacifica eurocrazia a lavorare sulla pianificazione della produzione di pomodori nel sud italia, della pesca del baccala' portoghese o del camambert francese.

Un impegno oneroso per la nuova Commissione esecutiva della Ue.

- La crisi all'est.

I rischi sono altissimi e sono sotto gli occhi di tutti. La debolezza intrinseca di alcune nuove democrazie e' palese. Problemi di varia natura e di una complessita' interna molto forte investono numerosi paesi del vecchio blocco est.

In Albania il progetto di nuova costituzione, a cui il Parlamento lavorava da tre anni e' stato bocciato da un referendum popolare e il governo di Meksi nonche' la stessa Presidenza della repubblica vacilla.

La Bulgaria e' ormai in piena crisi parlamentare. In Slovacchia il leader della HZDS, il partito che ha vinto le elezioni, Meciar incontra non poche difficolta' a formare il nuovo governo.

L'Ungheria e la Polonia devono affrontare un '95 gravido di imprevisti e di estrema rigidita' economica, per poter completare il piano delle riforme verso il libero mercato.

Incognite all'est, che necessitano risposte precise ed urgenti da parte degli stati della Ue. Interventi ed aiuti immediati anche in nome del principio di collaborazione.

Le diplomazie di Bucarest, Budapest, Varsavia stanno lanciando continuamente segnali di aiuto, di collaborazione e se alcune delle crisi dell'est approderanno ad oggettivi disastri economici o ancor peggio democratici, la responsabilita' sara' in primo luogo da cercare a Bonn, Parigi, Londra, Roma.

Qui si dovrebbe aprire un capitolo interessante, ma lungo e forse fuorviante rispetto al tema, ma che vale la pena di essere ricordato. Il tema della continuita' con i precedenti regimi da parte dei paesi dell'ex-blocco del Patto di Varsavia. Un aspetto questo che ricorre molto ad Ovest per rallentare l'intervento. Si deve capire, si sostiene, la tenuta democratica, la capacita' di essere soggetti realmente democratici. Lo studio per esempio delle riforme costituzionali per individuare pesanti eredita' e' un altro dei temi che per un verso e' utile a comprendere meglio determinate realta' ma dall'altro incoraggia solo la riflessione. In Italia l'attuazione del Piano Marshall, dopo la seconda guerra mondiale, e' avvenuto senza chiedere se la Costituzione Repubblicana rappresentasse una continuita' col regime fascita o con lo Statuto Albertino del 1848 e se il mantenimento dei Codici Rocco fosse un sintomo di virus fascista ancora presente nel corpo della giovane repubblica. Chiunque ha affrontato un po' di st

udi giuridici e' a conoscenza della "teoria della continuita'" tra l'epoca pre-fascita, fascista e quella repubblicana.

E' veramente una Europa strana, a tratti misteriosa quella attuale, capace di infiammare gli animi dei francesi, per esempio, per il nome del terminal di arrivo londinese dell'Eurostar (il treno che corre sotto la manica) che e' la Waterlo Station, ricordandogli vecchie sconfitte di epoche imperiali, ma capace di stare a guardare rovine e disastri a poche centinaia di chilometri di distanza.

- Cosa possiamo fare?

Come ho scritto all'inizio di questo mio confuso intervento non possiedo delle ricette, ne' tantomeno sono capace di individuare delle vie di uscita.

Credo che un lavoro importante di collegamento la "lobby" radicale e quella federalista lo possano fare.

Come suggerito da Sandro Ottoni, in altra sede, intanto potremmo preparare uno "scadenzario europeo" per individuare date, incontri, conferenze di utilita' comune per poter affrontare eventuali iniziative politiche e programmare degli obiettivi.

E continuare poi come hanno fatto Olivier ed altri ad inserire testi utili alla riflessione su questi temi, invitando anche i nostri amici russi, ucraini, bulgari a fare lo stesso.

Sempre che lo riterremo opportuno.

Ad altri la palla.

 
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