Leggo su "La Repubblica" di ieri 25 maggio l'intervista a N.Negroponte, docente al M.I.T., sulla società della telematica di domani:Domanda: "Che ne sarà della politica nella società dell'informazione globale? Assumerà nuove forme"?
Risposta:"L'effetto più sorprendente si vedraà sullo Stato nazionale di memoria settecentesca e ottocentesca: ha una taglia sbagliata per la società digitale, cioè è troppo grande per risolvere i problemi della vita quotidiana e troppo piccola per le sfide globali. Che cosa è l'Italia? - che cosa può essere l'Europa? - in un mondo in cui si comunica senza frontiere, in cui informazioni e produzioni dell'ingegno viaggiano in tempi reali attraverso oceani e deserti? Lo Stato poteva impedire alle merci di attraversare le frontiere, ma i bits non hanno alcun rispetto per la geopolitica..."
Mi chiedo, io, perché mai nemmeno il partito radicale sia ancora in grado di elaborare i primi modelli di comportamento adeguati alla prospettiva, in un terreno così fertile come è l'Europa (fertile perché è quello dove la "crisi" sarebbe più normale, più necessaria) o in Balcania, dove sarebbe logico avviare, almeno sperimentalmente e sul piano degli intellettuali di punta, un progetto centripeto di unificazione su questi schemi e prospettive...
In Europa, comunque, il processo è già avviato ed evidente, nonostante le resistenze gaulliste e la politica pantedesca: la rottura degli schemi nazionali, la rinascita delle piccole "nazioni" regionali, ecc., sebbene contrastate e respinte ai margini, la spinta regionalista, lo stesso federalismo bossiano, moderno malgré soi...