PRESIDENTE L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sulla Conferenza intergovernativa per la revisione del trattato di Maastricht e la discussione delle mozioni Novelli ed altri n. 1-00107, Diliberto ed altri n. 1-00116 e De Benetti ed altri n. 1-00121 (vedi l'allegato A) Avverto che la discussione sulle comunicazioni del Governo e sulle linee generali delle mozioni che vertono sullo stesso argomento, si svolgerß congiuntamente. Ha facolta' di parlare il ministro degli affari esteri.
SUSANNA AGNELLI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, fra qualche giorno i ministri degli esteri dell'Unione europea si riuniranno a Messina per avviare una nuova stagione dell'integrazione europea che quarant'anni fa aveva iniziato il suo cammino proprio in quella cittß.
Non puo' non sollecitare il nostro orgoglio e il nostro senso di responsabilita' constatare che, ancora una volta, il rilancio delle ambizioni europee prende le mosse dal nostro paese. Per sottolinearne il carattere di tappa importante per il futuro della costruzione europea, il Governo italiano ha voluto che Messina non si limitasse ad un fatto celebrativo: vi sara' ufficialmente insediato, infatti, il gruppo di riflessione composto dai rappresentanti personali dei ministri degli affari esteri, incaricato di preparare la Conferenza intergovernativa del 1996 per la revisione del trattato di Maastricht. L'Italia sara' rappresentata da un tecnico di elevata competenza nella materia, il ministro plenipotenziario Silvio Fagiolo attualmente numero due presso la nostra ambasciata a Washington.
In preparazione di questo appuntamento e degli altri che lo seguiranno e' stata condotta una approfondita riflessione della termini essenziali. Si tratta certo di indicazioni preliminari che dovranno essere confrontate anche con quelle che ci vengono dai nostri partners. Dopo l'avallo del Governo,
a cui le ho esposte la settimana scorsa, esse costituiranno, arricchite dalle osservazioni del Parlamento e rese piu' autorevoli dal suo consenso, la piattaforma per il rappresentante italiano nel gruppo di riflessione.
I temi affidati alla Conferenza, che si aprira' nel semestre di presidenza italiana, saranno in larga misura quelli indicati nello stesso trattato di Maastricht e nelle successive decisioni dell'Unione europea. E dunque, essenzialmente: revisione del processo legislativo adeguamento del quadro istituzionale, politiche estere e della sicurezza comune, difesa, affari interni e giustizia.
Come per tutti gli eventi di questo tipo, e' oggi impossibile dire quando la Conferenza si concludera'; per quanto ci riguarda Saremo guidati dalla convinzione che sia opportuno che l'intero processo, ivi incluse le ratifiche nazionali, nonche' i referendum necessari in taluni Stati membri, si concluda in tempo utile per affrontare con la necessaria serenitß gli altri decisivi appuntamenti del biennio 1998-99: terza fase dell'Unione economica e monetaria nuove adesioni, sistema delle risorse proprie.
Signor Presidente, onorevoli deputati, l'Unione europea, con tutti i suoi ritardi e le irrisolte contraddizioni, resta un modello di societa' politica ed economica cui aspirano i popoli che la circondano. Come volevano i padri fondatori, l'Unione ha saldato tutti i conti delle nostre rivalita' e delle nostre animosita'. Ma oltre i suoi attuali confini gli orizzonti non sono altrettanto netti e scrutabili. L'Europa ritrova sue pieghe della propria memoria i cattivi geni del passato, intolleranze vecchie e nuove.
I1 Presidente Mitterrand si e' congedato ricordandoci che il nazionalismo e la guerra non sono soltanto il nostro passato; possono essere il nostro futuro.
Ai margini meridionali dell'Europa c'e' altresi' un mondo che non ha ancora trovato la via della sicurezza e del benessere. Solo un'Europa unita potra' mobilitare le risorse necessarie a contribuire all'emancipazione di quei paesi dalla spirale della violenza e della poverta'. E' quindi interesse dell'Unione nel suo complesso conferire coerenza alla regione mediterranea e contribuire ad una modernizzazione che sia un'alternativa alla disordinata deriva verso l'Europa dei popoli che la circondano. L'Italia puo' essere tentata di guardare soltanto a se stessa, di ignorare cio' che avviene oltre le proprie frontiere, di trascurare o minimizzare i nuovi negoziati, sicuramente laboriosi e faticosi, sull'assetto dell'Europa comunitaria. Tanto piu' mi sembra, allora, significativo riflettere insieme sui nostri interessi e sulle nostre priorita', nonche' sul nostro contributo all'evoluzione dell'Unione europea.
Noi non dimentichiamo che il successo dell'integrazione europea non e' ascrivibile solo alla superiorita' dell'economia di mercato che ne e' alla base, ma altresi' a quell'insieme di istituzioni, regole, indirizzi e normative che hanno fatto dell'Europa comunitaria il solo sistema all'interno del quale ciascuno, costruendo l'interesse comune, puo' salvaguardare i propri interessi veramente essenziali. Essere al cuore dell'Europa significa guardare con spirito europeo a questioni che toccano retaggi storici ed emotivi di immediata pertinenza di ciascun paese. Penso ai nostri rapporti con la Slovenia: se l'Italia si accostera' ad essi con generosita', che non significa certo rinunzia agli interessi nazionali, ne guadagnera' nella considerazione dei suoi partners e - chiedo venia per la retorica - davanti alla storia; se si comportera' con gretto egoismo, non saremo compresi.
Offro queste considerazioni alla valutazione del Parlamento, nel momento in cui confermo che l'intesa cui auspicabilmente giungeremo con il governo di Lubiana sara' sottoposta alla vostra approvazione prima di essere firmata.
Signor Presidente, onorevoli deputati, l'Unione si accinge ad affrontare tre sfide diverse, che potrei cosi' riassumere: la sfida della diversita', la sfida della sicurezza, la sfida della democraticità. Innanzitutto, la diversita'.
L'Europa riassume tratti di civilta', esperienza politica, lineamenti spirituali che la differenziano dal resto del mondo. Ma l'Unione europea di oggi e' ben diversa dall'omogeneo nucleo fondatore e tale diversita' e' destinata a crescere nel momento in cui le si chiederß di accogliere nuovi paesi, preservando quarant'anni di costruzione comunitaria. E' indispensabile, quindi, che tutti si pronuncino con chiarezza sul tipo di unione che vogliono costruire. Noi ci impegneremo perche' la sua estensione non diventi una somma di debolezze; in una parola, per rendere compatibili i termini dell'allargamento e dell'approfondimento, che nella realta' possono non esserlo.
La civilta' comunitaria, le sue istituzioni, lacunose, imperfette, incomplete, criticabili inferiori alle attese piu' illuminate, sono pur sempre la migliore risposta alle esigenze di coesione e di collaborazione espresse dalla societa' europea. Jacques Delors, prima di concludere il suo lungo mandato, ci ha ricordato che il rispetto delle diversitß costituisce la nostra ricchezza ma anche che
l'aumento del numero dei paesi membri non deve indurci a fare dell'Unione una specie di Gulliver incatenato.
Le due risposte fondamentali alla sfida della diversita' risiedono nel mutamento di alcune norme di funzionamento dell'Unione ed altresi' nel definitivo chiarimento della cosiddetta integrazione differenziata. Il sistema della Comunita', cosi' diverso dai trattati classici, crea equilibri e solidarieta' tra 1'Unione, gli Stati membri le singole regioni, come anche tra generazioni presenti e future. L'Unione ha tuttavia limiti istituzionali che occorre superare per affermare democrazia e trasparenza senza ridurre efficacia e coerenza. L'efficienza impone innanzitutto di restringere drasticamente nelle decisioni del Consiglio dei ministri la regola del consenso. L'estensione del voto a maggioranza dovrß accompagnarsi ad una piu' grande considerazione, nelle procedure di voto, della popolazione degli Stati membri. Una doppia maggioranza dei voti, degli stati e della popolazione, consentirebbe ad una maggioranza di cittadini di evitare di vedersi imporre decisioni che non condivide.
La Commissione dovra' continuare ad essere il nume tutelare dei trattati e vedere salvaguardata la capacitß di proposta e di analisi nelle materie di sua competenza. Una riduzione del numero dei suoi membri ne accentuerebbe il carattere sovranazionale.
Noi pensiamo che ove non potesse prefigurarsi una soluzione in base alla quale il numero dei commissari fosse inferiore a quello degli Stati, si potrebbe prevedere per i paesi piu' grandi - invece dei due commissari attuali la figura del commissario aggiunto.
La seconda risposta alla sfida della diversita' e' da ricercare in un'integrazione differenziata che rispetti e sviluppi la filosofia che ha accompagnato la costruzione europea sin dalla nascita.
Nelle materie comunitarie l'integrazione differenziata opera da tempo, attraverso gli strumenti classici dei periodi transitori e delle deroghe, anch'esse non permanenti.
L'Unione, inoltre, ha gia' consentito ai paesi dell'Europa centrale di avvicinarsi alla cooperazione politica come primo passo verso l'accesso pieno. Specie nella prospettiva dell'allargamento sembra difficile evitare schemi di integrazione differenziata nelle nuove politiche (estera, di sicurezza, giustizia ed affari interni), con cadenze diverse ma con percorsi obbligati. Qui sta la chiave per
risolvere il dilemma approfondimento-allargamento, unita' e flessibilita' e per prevenire un'Europa come formazione debole, limitata ad una logica di zona di libero scambio e composta da diversi sottogruppi.
Premessa di un'integrazione differenziata resta pero' il principio dell'unita' istituzionale: stesso Consiglio, stesso Parlamento, stessa Corte di giustizia, dotate della flessibilita' necessaria per gestire politiche cui non partecipano tutti gli Stati membri. Ne' sarebbe sufficiente limitare il mantenimento del patrimonio comunitario al mercato unico, negando o minimizzando l'esigenza di accompagnare la libera circolazione di capitali, merci, persone e servizi con sforzi di armonizzazione delle legislazioni, di convergenza tra le politiche di bilancio, di rafforzamento di politiche sovranazionali per concorrenza, commercio, ricerca, innovazione, ambiente, affari sociali, riduzione degli squilibri regionali. In una parola, e' l'intero acquis comunitario che dovra' essere salvaguardato, si' da impedire che la logica dei nuclei forti, la strategia della separazione, la distinzione tra l'Europa come spazio e l'Europa come potenza, pregiudichi anche la coesione economica e sociale, facendo prevalere un arcipela
go di Europa e perdere la sfida del numero e della diversita'.
A queste condizioni saranno accettabili formule che comportino per gli Stati la possibilita' di inserirsi successivamente in politiche dalle quali si siano temporaneamente astenuti, ma a condizioni paritarie e predeterminate. L'area di maggiore integrazione dovra' comunque restare aperta a tutti e non dovra' essere lecito elevare arbitrariamente un settore (penso in particolare all'unione economica e monetaria) a discriminante assoluta. Ricordo a tale proposito che la questione delle modalita' e dei meccanismi della moneta unica non figura tra quelle che dovranno costituire oggetto di revisione in occasione della Conferenza intergovernativa. L'Italia dovra', comunque, tutto mettere in opera per poter essere nella moneta unica sin dal suo avvio. Non si potranno infine ignorare politiche di sostegno che, come e' avvenuto nel cammino fin qui percorso, favoriscano la convergenza dei ritardatari. Intorno a queste regole - che noi sosterremo con forza- e' possibile immaginare un'Europa che si organizzi a diversi
livelli di integrazione ma legati da un destino comune.
La seconda sfida e' quella della sicurezza. E' imperativo che l'Unione si doti di un'identita' internazionale sorretta da una politica estera coerente. Quand'anche l'Europa nutrisse l'illusione di sottrarsi alle proprie responsabilita', di rinchiudere la violenza in ghetti ad essa esterni e di ricreare intorno ad essi i cordoni sanitari, la globalizzazione degli scambi, i movimenti di popolazione, il con-
tagio dell'inquinamento la diffusione delle armi di distruzione di massa condannerebbero all'insuccesso un tale tentativo di isolamento profondamente contrario alla logica di un mondo senza frontiere. Il nostro continente da' segni di voler ritornare a quella logica del "concerto delle nazioni" il cui equilibrio precario, rompendosi sotto la spinta dei disegni egemonici e delle influenze ha condotto a catastrofi ripetute e al declino dell'Europa. E' questa una tentazione che bisogna contrastare, recuperando e rafforzando la logica dell'integrazione. Ciascuno membro dell'Unione deve, in questo quadro, compiere un esame di coscienza ed interrogare sulle scelte cui si sente disponibile. Al di la' degli artifici tecnici e procedurali, quello che conta e' il progetto politico ed e' su di esso che, prima di tutto, l'Italia intende sollecitare i partners ad una profonda riflessione. In un mondo nel quale la contrapposizione est-ovest ha cessato di essere il principale criterio organizzatore, l'Unione europea non pu
o' restare protagonista inconsapevole o riluttante, lasciare agli Stati Uniti la responsabilita', solitaria e schiacciante, di essere il principale pilastro di un ordine internazionale ancora in parte da costruire. Gli stessi Stati Uniti sollecitano il nostro impegno, tanto piu' che disordini ed instabilita' che ritornano sul nostro continente inducono gli alleati americani a chiedersi se, come gia' altre volte nella storia di questo secolo, essi abbiano, come Sisifo, faticato a riportare a monte il masso della storia europea per poi vederlo nuovamente precipitare a valle.
Nonostante i progressi realizzati con il trattato di Maastricht, l'Europa politica e' ancora un'entita' fragile la cui azione esterna e' in parte incompiuta e velleitaria.
L'attuale assetto della politica estera e della sicurezza comune - il cosiddetto secondo pilastro dell'Unione - e' il frutto di un difficile equilibrio tra le ragioni dell'integrazione e quelle di sensibilita' nazionali fortemente radicate nel contesto storico dei vari paesi, ciascuno dei quali e' portatore di preziose esperienze che non sarebbe opportuno disperdere. L'Italia, per quanto la riguarda, certamente non vi ha interesse. Le componenti del trattato di Maastricht sono proiettate verso un'unificazione progressiva. Il nostro sincero impegno a preservare questa dinamica non e' di ostacolo allo sforzo che ci proponiamo di compiere per migliorare nell'immediato l'efficacia dei singoli settori, nel rispetto delle caratteristiche anche istituzionali che sono proprie a ciascuno di essi.
L'efficacia e' in primo luogo un problema di volonta' politica. La politica estera, come l'esperienza quotidiana ci insegna, non si sostanzia in una progettualita' teorica; essa comporta aggiustamenti continui alle variabili, non sempre controllabili, della scena internazionale. In altre parole e' sovente reattiva. Tuttavia noi pensiamo che il conseguimento di un consenso degli Stati membri su alcuni principi e contenuti della proiezione esterna dell'Unione, una sorta di agenda di politica estera approvata dal Consiglio e dal Parlamento, potrebbe essere la precondizione per una vera politica estera dell'Unione.
Proporremo quindi che i paesi membri definiscano consensualmente gli interessi essenziali che intendono promuovere e difendere insieme, sia nelle grandi aree geografiche che sui temi piu' universali. Anche per questo perseguiremo con tenacia l'obiettivo di pervenire ad una strategia comune permanente in seno alle organizzazioni internazionali e, in particolare, nelle Nazioni Unite e nel Consiglio di sicurezza finche' il seggio permanente dell'Unione in quest'ultimo organismo restera' purtroppo, un obiettivo di lungo periodo.
All'interno di un quadro di principi e regole da tutti condivisi, pensiamo poi che i ministri degli esteri dell'Unione potrebbero piu' facilmente decidere a maggioranza, nservando all'unanimita' le materie piu' strettamente attinenti all'interesse nazionale, come la difesa, ed immaginando formule piu' flessibili che, nell'ambito di una concertazione comune e di una comune solidarieta', lascino anche solo ad alcuni il compito di agire.
C'e' poi un problema di strutture. Appare sempre piu' necessario, nella politica estera dell'Unione, un organo permanente dotato di poteri di rappresentanza esterna e di adeguate strutture e funzioni di analisi, elaborazione, proposta ed esecuzione delle decisioni del Consiglio.
Una volta accettato tale principio potrebbe trovare applicazione in un Segretario generale, nominato dal Consiglio europeo ed eventualmente confermato dal Parlamento, cui competerebbe di dare un volto riconoscibile all'Unione e renderne l'azione piu' continua, credibile, responsabile, legittima e trasparente, svincolandone peso e prestigio dai ritmi della Presidenza rotativa e riducendo la ricorrente tentazione di creare direttori o gruppi ristretti e privilegiati.
Come ipotesi alternativa o piu distante nel tempo, ma pur sempre ispirata alle stesse esigenze, si potrebbe immaginare una Presidenza elettiva, per un periodo di due o tre anni, anch'essa designata dal Consiglio ed approvata dal Parlamento. Siamo consapevoli, peraltro, che non e' facile far coesistere una Presidenza elettiva con il sistema delle Presidenze rotative, preposte a numerosi Consigli dei ministri, comitati e gruppi di lavoro. Si potrebbe allora pensare di separare le funzioni della politica estera dai restanti compiti della Presidenza. Il Presidente eletto presiederebbe il Consiglio affari generali e verrebbe assistito da un vicepresidente avvicendato ogni sei mesi, secondo l'ordine abituale, dello stesso paese che presiederebbe tutte le altre formazioni del Consiglio.
La politica estera dell'Unione non puo' prescindere, infine, da un efficace strumento di sicurezza e difesa. Esso non puo' essere che l'Unione europea occidentale, di cui occorrera' perseguire la progressiva confluenza nell'Unione stessa.
Le minacce di oggi sono piu complesse e meno controllabili di quelle di ieri. Ad esse l'Europa puo' essere chiamata a far fronte in modo autonomo, specialmente in materia di operazioni di pace o di carattere umanitario.
Anche per questo si sono moltiplicate le iniziative di cooperazione militare multilaterale, come quella annunciata nei giorni scorsi tra Francia, Italia e Spagna. Alcuni adeguamenti istituzionali, come la graduale coincidenza dei membri dell'Unione e quelli dell'UEO, l'armonizzazione dei turni di Presidenza, la progressiva integrazione funzionale dei segretariati della PESC e dell'UEO, pure fino alla loro coincidenza, potrebbero rendere piu visibili le capacita' dell'UEO di elaborare ed attuare decisioni ed azioni che abbiano implicazione nei settori della sicurezza e della difesa, restando al tempo stesso il catalizzatore della coesione europea in seno all'Alleanza atlantica, che rimane il pilastro della nostra difesa collettiva e del legame tra gli Stati Uniti e l'Europa.
La terza ma non meno importante sfida e' quella della democrazia. Democrazia significa vicinanza al cittadino. I cittadini comprenderanno l'Unione se costruita con il loro consenso, se ne coglieranno gli aspetti che li toccano da vicino, se sentiranno la loro realta' quotidiana scandita dalla legislazione comunitaria dalle sue regole e dalle sue salvaguardie: dalla libera circolazione alla moneta unica, che e' la componente piu familiare dell'economia, cio' che tutti contano e maneggiano ogni giorno. La misura del lavoro e della produzione, della ricchezza e della poverta'. Non dimenticando la lezione della ratifica del Trattato di Maastricht, la nuova Conferenza dovra' costruire 1'Europa a viso scoperto, in un continuo contatto e aggiornamento dei cittadini e degli organi che li rappresentano, a cominciare dai Parlamenti nazionali.
Democrazia dell'Unione significa innanzitutto che al Parlamento europeo, espressione della sovranita' popolare, occorre conferire un piu ampio potere legislativo, attraverso procedure semplificate ricondotte essenzialmente alla consultazione, alla codecisione ed al parere conforme. La codecisione del Parlamento europeo sarebbe resa piu comprensibile introducendo, come aveva proposto l'Italia sin dal Trattato di Maastricht, una gerarchia delle norme dell'Unione su tre livelli. In primo luogo. le norme costituzionali, per le quali varrebbero l'unanimita' o maggioranze rafforzate in Consiglio, nonche' la ratifica dei Parlamenti nazionali. Le norme di carattere legislativo definirebbero invece il quadro generale per settore e per materie e verrebbero adottate a maggioranza del Consiglio con la codecisione del Parlamento europeo. Infine, le norme di carattere regolamentare o esecutivo sarebbero di competenza del Consiglio o, su mandato di quest'ultimo, della Commissione, quando non lasciate, in applicazione del p
rincipio della sussidiarieta', agli Stati membri. Democrazia significa anche maggior coinvolgimento dei Parlamenti nazionali. Mentre riteniamo che debba essere respinta l'idea di una Dieta di legislatori nauonali che agisca come una terza Camera pensiamo per converso che, oltre ad esercitare un maggior controllo sull'azione dei rispettivi governi in seno all'Unione, i Parlamenti nazionali dovrebbero incrementare le occasioni di contatto, mutua informazione e coordinamento con il Parlamento europeo.
Perche' i cittadini si sentano partecipi delle decisioni occorre che esse siano assunte a livello anche territoriale adeguato, non soltanto dello Stato ma anche delle entita' sottostanti. Questo, del resto, e' l'obiettivo per il quale stato costituito il comitato delle regioni.
Anche se sara' doveroso esplorare la possibilita' di ricondurre entro le politiche comuni altri settori giß indicati nel Trattato, non sarebbe giusto ne' opportuno gravare l'Unione di eccessive responsabilita'. Meglio, attraverso il criterio della sussidiarieta', procedere in modo flessibile. L'Europa e' ancora un sistema di nazioni, che conservano ciascuna una vigorosa identita', ma bisogna contrastare la tendenza a rinazionalizzare politiche oggi affidate ad istanze sovranazionali. E' giusto valorizzare l'Europa delle culture e delle nazioni, ma anche evitare che dall'Europa delle nazioni emergano di nuovo delle nazioni senza Europa. Il criterio della sussidiarieta' si potra' meglio definire evitando un eccesso di regolamentazione non solo dell'Unione, ma anche degli Stati, mentre non ci appare consigliabile compilare Liste di competenze esclusive.
Un'Europa piu' democratica e piu' vicina ai cittadini significa anche un'Europa dei diritti. La cittadinanza europea non si sostituisce alle cittadinanze nazionali, le arricchisce di valore aggiunto, conferma il sentimento di comune appartenenza. Di questi diritti parte anche l'Europa sociale, una delle conquiste piu originali della costruzione europea, capace di rendere accettabile l'alta mobilita' richiesta da un'economia di mercato che, attraverso l'internazionalizzazione ed il rinnovamento tecnologico, deve recuperare la capacita' di creare occupazione e sviluppo .
Porremo alla base della nostra azione in questa materia l'esigenza di una piu' puntuale elencazione dei diritti e delle liberta' fondamentali, un patrimonio comunitario che va consolidato anche nell'interesse dei paesi che verranno a far parte dell'Unione. La cittadinanza europea dovra' registrare l'insieme delle forme di espressione, di relazione, di attivita' e di libera circolazione del cittadino, in particolare i diritti civili, i rapporti con le istituzioni, lo studio, il lavoro, la famiglia.
Altrettanto essenziale ci appare il rafforzamento e l'ampliamento degli strumenti di salvaguardia e tutela di questi diritti di fronte alle istituzioni, in particolare alla Corte di giustizia. Lungo questo percorso potranno trovare migliore e piu appropriata soluzione anche i problemi che attengono agli stranieri che vivono nell'Unione ed a quelli che sempre piu' numerosi vi approdano.
Noi vogliamo sfatare la leggenda che vuole che la cooperazione negli affari interni e di giustizia, il terzo pilastro, sia la Cenerentola dell'Unione. Ne perseguiremo pertanto il rafforzamento, avendo anche a mente i crescenti punti di contatto che questioni quali l'asilo, l'attraversamento delle frontiere esterne, l'immigrazioni da paesi terzi, la lotta contro il crimine organizzato presentano con la politica estera comune. In questo campo proporremo soluzioni che conducano alla semplificazione delle decisioni comuni, al rafforzamento del carattere vincolante degli strumenti giuridici, all'introduzione di meccanismi decisionali propri delle istituzioni comunitarie ed al superamento degli attuali limiti di impulso e di iniziativa.
Un'Europa piu democratica significa, infine, un'Europa piu' trasparente e leggibile, meglio percepibile come comunita' di azioni e di valori. Dovremo non soltanto rendere piu accessibile e visibile il funzionamento delle strutture comunitarie in particolare del Consiglio in veste legislativa ma anche raccogliere in un contesto unico le norme di una codificazione piu' che quarantennale in modo da avvicinare la legge ai cittadini.
Proponiamo di redigere un testo costituzionale che elenchi le istituzioni, le competenze, i principi e i diritti fondamentali, mentre in allegato figurerebbero, sotto forma di protocolli, il mercato interno, l'Unione economica e monetaria e le nuove politiche comuni.
Signor Presidente, onorevoli deputati, questi sono, in sintesi, i criteri ispiratori che guideranno il Governo nella nuova fase che si aprira' a Messina. Sara' necessario far prova di fermezza, ma anche di flessibilita', senza rinunciare ai principi che ci guidano.
La Conferenza sara' una grande occasione per proporre un modello di integrazione che mantenga l'Italia in posizione centrale nella bilancia visibile ed invisibile del potere europeo, che le consenta di contribuire a rendere sempre piu coeso il meccanismo comunitario, a rafforzare il ruolo dell'Europa nel mondo. Dovrebbero incoraggiarci non soltanto la nostra forza di Stato fondatore, ma anche il recupero della fiducia della comunitß internazionale nei nostri confronti, la forza della nostra economia e della nostra competitivita'. Il nostro modo di essere determina il nostro modo di stare in Europa e viceversa. Cio' ci impone di evitare il rischio di essere sospinti ai margini come paese debole e la tentazione di sottrarci alle premesse di una disciplina scomoda. Questo sara' il nostro imperativo, se vogliamo salvaguardare il peso del nostro paese nelle azioni collettive, stare alla pari dei partners piu importanti, promuovere un'evoluzione anche geograficamente equilibrata dell'Unione, far parte del livello
di integrazione piu' avanzato.
Signor Presidente, onorevoli deputati, l'impegno del Governo in questa direzione, che oggi riconfermo sara' tanto piu efficace sara' fondato sul consenso. In questo spirito , rivolgo un appello a tutte le forze politiche perch non facciamo mancare il loro sostegno alle linee di azione che ho appena enunciato (applausi).
---------------------------------------------------------------
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Strik Lievers. Ne ha facolta'.
LORENZO STRIK LIEVERS. Signor Presidente, signor ministro, colleghi sono uno dei tanti parlamentari delle tante parti politiche presenti in quest'aula che hanno sottoscritto la mozione ispirata dal movimento federalista europeo e illustrata stamane dal collega Novelli. Al significato politico della mozione dobbiamo prestare attenzione; come altre volte e' accaduto in questo Parlamento negli anni passati, si tratta, infatti, di un documento che accomuna schieramenti anche duramente contrapposti su altri temi. Al centro della mozione si pone la riproposizione dell'importanza del tema dell'indirizzo federalista europeo per la politica estera italiana e per il ruolo che il nostro paese deve assumere nella costruzione europea.
Ritengo che la prospettiva federalista europea - altri colleghi sono intervenuti in proposito stamani, ma anche se non si tratta di un'affermazione originale, e' opportuno ripeterla -, non la prospettiva lontana, ma l'azione concreta, la concreta politica di costruzione federalista, giorno dopo giorno rappresenti nel mondo attuale l'unico modo per il nostro paese di esistere sulle scene internazionali, di avere una politica estera.
Rispetto alla dimensione dei problemi del mondo, alla portata delle scelte di governo del mondo che oggi si pongono e che sempre piu' si porranno, alla dimensione transnazionale, sovranazionale, internazionale di poteri e di scontri politici, realisticamente, non in termini utopistici, non vi e' politica estera possibile per un paese come il nostro al di fuori della conquista di uno spazio nella dimensione europea. Solo in una dimensione non genericamente europea, ma federalista europea, cio' e' possibile e puo' essere conseguito.
Abbiamo di fronte a noi la prova piu' tremenda, piu' drammatica della veridicita' di tale affermazione, ossia gli eventi in corso nell'ex Iugoslavia, nel cuore dell'Europa, dove la mancanza, l'inesistenza dell'Europa, di una capacita' europea e dell'Unione europea di essere soggetto politico (posizione che si conquista solo nella dimensione federalista europea), impedisce di fermare una tragedia, un fatto europeo che rischia di coinvolgere l'intero continente.
Sulla base di queste valutazioni e di questa ispirazione la parte politica cui appartengo ha sempre posto al centro della propria azione politica, anche in sede italiana, il tema del federalismo europeo. Ricordo che nelle due passate legislature gli eletti prima del partito radicale e poi della lista Pannella,
proprio per segnare tale indirizzo politico, tale priorita', hanno voluto costituirsi in quest'aula e al Senato nel gruppo denominato federalista europeo. Si tratta di una prioritß nella quale inserire gli altri temi di azione e di iniziativa politica; senza una riforma federalista europea, infatti, non si riescono a portare a compimento ne' una seria riforma federalista nel nostro paese ne' un'efficace politica di governo delle cose nella direzione del diritto e delle regole. E' la tradizione per lungo tempo propria delle minoranze, i nomi dei rappresentanti delle quali abbiamo gia' ricordato: Altiero Spinelli e, con lui, Ernesto Rossi, Alcide De Gasperi. Ricordiamo anche altre figure minori che debbono rimanere agli atti della nostra storia; fra questi ne cito uno solo: Luciano Bolis, poco noto e veramente eroico militante degli ideali federalisti dai tempi della resistenza al nazismo e per tutta la sua vita. Il mio non vuole essere solo un richiamo nostalgico al passato, ma la sottolineatura di un'attuali
ta' politica che, se non si pone la giusta attenzione, rischia di non essere piu' tale. Penso al fatto che il tema federalista e' stato, pur con tutti i limiti dell'azione europea del nostro paese, un carattere forte della tradizione politica italiana. L'Italia, per ragioni che sarebbe lungo analizzare (anche se sarebbe interessante farlo), in europa e' stata portatrice piu' volte (come spesso accade, pero' alle enunciazioni di principio non si e' riusciti a far seguire scelte pratiche e coerenti) delle ipotesi piu' rigorosamente europeiste e federaliste. Dobbiamo saperle riconquistare, a fronte di un'altra realta' che non possiamo nasconderci ( che e' stata, e rischia sempre piu' di esserlo, tipica del nostro paese), quella di una sciatteria nello stare in Europa, di un'incapacita' di partecipare concretamente alle scelte che vengono operate giorno dopo giorno. Mi riferisco ad assenze che pesano sulla vita del nostro paese, che squalificano agli occhi dell'opinione pubblica il volto dell'Unione europea e de
l modo italiano di appartenervi. Basti ricordare l'episodio grottesco verificatosi appena qualche giorno fa al Parlamento europeo a proposito del progetto Malpensa 2000, rispetto al quale le assenze, le incapacita' e le piccole furbizie hanno offerto davvero all'Europa il volto peggiore del nostro paese. Signor ministro, colleghi, dobbiamo essere ben consapevoli che, al di la' delle belle proclamazioni di principio che ciascuno di noi puo' enunciare, il rischio che questo secondo aspetto prevalga e' incombente. Anche al progressivo scivolare dell'Italia ai margini dell'Europa, in una posizione sostanzialmente di serie B, alla sua fuorfuscita dai punti nodali della crescita comunitaria non c'e' risposta, non c'e' tensione. E' questo che ci preoccupa moltissimo. E' impressionante che nessuno si impressioni! In tutta Europa la scadenza della Conferenza intergovernativa del 1996 e' da molto tempo oggetto di confronto e di scontro politico. In Francia, durante la campagna elettorale, si e' discusso a lungo circa
la posizione che il paese dovra' assumere in un'occasione cosi importante. In Italia invece non se n'e' parlato; si e' riusciti ad evocare tale occasione solo in termini di (lo dico tra virgolette) << piccola politica interna>>, per capire se si possano o no indire le elezioni nella primavera 1996, visto che casualmente in quel periodo l'Italia avra' la Presidenza dell'Unione . Il Governo - il ministro degli esteri mi consenta di dirlo - non ha dato un segnale positivo da tale punto di vista con la scelta del rappresentante al gruppo di riflessione per la preparazione della Conferenza intergovernativa, che nei prossimi giorni iniziera' i suoi lavori. Tutti gli altri paesi membri dell'Unione hanno designato per questo incarico personalita' di notevole rilievo politico: sottosegretari, membri del Governo o, al livello minimo, ambasviatori. Noi, invece abbiamo nominato un rappresentante - le cui capacita' personali non sono ovviamente affatto in discussione - che ha una difficolta' in piu': e' un ministro di se
conda classe e si trovera' in una situazione di handicap, anche per una questione di rango, rispetto ai suoi colleghi. Non vorrei che la scelta possa essere letta come l'intenzione del Governo italiano di ritenere di basso profilo la propria partecipazione a questo che, invece, e' un momento di estrema importanza.In sostanza, credo che tutte le forze politiche abbiano la responsabilita' di domandarsi cosa ne sia stato del referendum del 1989. In quell'occasione il popolo italiano si pronuncio' a grandissima maggioranza in un referendum consultivo, di indirizzo, che obbligava l'Italia ad avere come asse della propria politica europea la direttiva federelista, con l'affidamento al Parlamneto europeo dei poteri costituenti. Questo e' il tema che nella mozione che ho sottoscritto si e' voluto richiamare coralmente all'attenzione del Parlamento, del Governo e del paese. Certo, Maastricht ha rappresentato un passo in avanti da molti punti di vista rispetto alla costruzione europea. Ma proprio nel momento in cui an
diamo a discutere la sua revisione, dobbiamo avere fortissima la coscienza dei limiti di quel trattato. Noi radicali, quando l'accordo fu firmato, eravamo davanti ai palazzi a protestare, perche' eravamo preoccupati della scelta', che allora si operava, di tenere la politica estera e di sicurezza al di fuori dei meccanismi comunitari. Era quella, in realta', la scelta di rinunciare all'esistenza dell'Unione europea come soggetto politico: questo e', e non altro mantenere la politica estera e di sicurezza soltanto a livello delle politiche intergovernative, delle unanimita' necessarie tra i paesi membri dell'Unione.
Infatti, avendo lasciato il secondo pilastro fuori dal meccanismo comunitario, in realtß, non e': esistita una politica estera di sicurezza comune. L'elenco delle poche azioni comuni che sono state decise reca iniziative assolutamente marginali e' quasi ridicolo quello che una politica estera di sicurezza comune e' stata a confronto di quello che avrebbe potuto e dovuto essere.
Allora io credo che la priorita' delle priorita', in sede di revisione, sia quella di inserire - nei modi possibili ed opportuni, ma con la massima chiarezza ed efficacia - il secondo e poi anche il terzo pilastro, rappresentati dalle politiche interne e di giustizia, per farne momenti fondamentali del meccanismo comunitario.
L'Unione europea non puo' esistere come soggetto politico se la politica estera e di sicurezza rimangono sotto il vincolo rigido dell'unanimita' e se questo pilastro non viene sottoposto ad alcuna forma di controllo democratico da parte del Parlamento europeo oltre che, per la parte di loro competenza, dei Parlamenti nazionali. Bisogna quindi creare i necessari meccanismi democratici e sottoscrivo appieno le considerazioni che il presidente Napolitano svolgeva poc'anzi al riguardo
E' necessario dunque dare alla Commissione poteri e responsabilita' di governo europeo su questi temi. Bisogna creare questi meccanismi per fare in modo che la Commissione sia luogo di elaborazione, di iniziativa e di esecuzione della politica estera decisa in sede comunitaria, con meccanismi comunitari e seguendo i criteri della democrazia comunitaria. Si tratta di una strada da intraprendere con tutte le cautele necessarie e con gradualita', ma questa e' la direzione verso la quale si deve necessariamente andare. Abbiamo al riguardo un punto di riferimento: la risoluzione Bourlanges-Martin votata dal Parlamento europeo la settimana scorsa che, tra le molte questioni evocate si sofferma in particolare sul ruolo della Commissione e del Parlamento europeo rispetto alla politica estera di sicurezza. Quindi il nostro paese deve decidere oggi di sostenere le linee e l'indirizzo gia' espressi dal Parlamento europeo, di tornare alla trattativa comunitaria, quella che ha portato anche al Trattato di Maastricht; l'I
talia deve tornare ad allearsi con il Parlamento europeo. Questa e' una chiara scelta strategica e politica che dobbiamo compiere.
Se, come spero e come e' avvenuto piu' volte negli anni passati, voteremo oggi un documento di indirizzo al Governo che, attraversando gli schieramenti e superando le contrapposizioni, esprima un indirizzo largamente unitario, una forte maggioranza federalista europea di questo ramo del Parlamento, ritengo che in tale documento si dovra' citare la risoluzione votata dal Parlamento europeo e si dovra' invitare il Governo italiano a sostenere le linee in essa indicate.
Tale documento non illustra il nostro programma massimo dal momento che non contiene l'indicazione dell'affidamento al Parlamento europeo del mandato costituente, il grande obiettivo al quale si deve guardare, ma che sappiamo quante difficolta' incontri.
Il documento del Parlamento europeo indica la strada giusta da percorrere perche', oltre a prevedere che la Commissione rivesta il ruolo cui ho fatto riferimento propone di adottare una misura che puo' sembrare di piccola entita', di portata modesta, ma tante volte le grandi scelte passano attraverso i piccoli snodi. Mi riferisco al fatto che la Commissione, con questo suo diritto di iniziativa e di svolgere un ruolo esecutivo, disporrebbe dello strumento di una unitß congiunta (della quale si chiede l'istituzione per la pianificazione, l'analisi, l'elaborazione e la predisposizione della politica estera e di sicurezza) sia alla Commissione stessa sia al Consiglio.
Vorrei sottoporre questo tema cosi' importante - ribadisco che sembra un tema minore, ma non lo e'! - all'attenzione del ministro, che questa mattina ha avanzato la proposta di creare un Segretariato per l'elaborazione della politica estera e di sicurezza comuni. Si tratta. a mio avviso, di una indicazione estremamente positiva, ma condizione che non rappresenti soltanto un organismo del Consiglio cosi' com'e' attualmente prefigurato, cioe' della politica estera di sicurezza solo intergovernativa. Sto parlando, in realta' di un qualcosa che non esiste perche', se la politica estera ha un ambito solo intergovernativo, vuol dire che non esiste! In tali condizioni, quindi, il Segretariato si troverebbe ad elaborare proposte per una impotenza politica. Se si trovera', invece, la forza di tradurre l'idea del Segretariato in una struttura congiunta - tale richiesta e' avanzata dal Parlamento europeo - con la Commissione ed il Consiglio, allora si farebbe certamente un passo nella direzione che sto cercando di de
lineare.
Non intendo dilungarmi sui termini di questa risoluzione, ma ricordare soltanto la richiesta che, da una parte, si rafforzino i poteri di codecisione del Parlamento europeo - secondo un orientamento unitano emerso dal dibattito - e, dall'altra gli si affidino poteri di controllo democratico anche sui settori della politica estera e di sicurezza comuni (oltre che sulle materie del terzo pilastro).
PRESIDENTE. Onorevole Strik Lievers, le restano soltanto pochi minuti per concludere il suo intervento.
LORENZO STRIK LIEVERS. Mi avvio alle conclusioni, Presidente. Si chiede l'associazione del Parlamento europeo, in forme molto piu' consistenti di quelle oggi previste, al processo di revisione del Trattato, in sede di elaborazione, di negoziazione e di ratifica. Si chiede, inoltre, il parere conforme del Parlamento europeo sui risultati dei negoziati e che la revisione dei trattati porti all'attribuzione ad esso di un potere analogo a quello della Commissione in termini di presentazione di ulteriori proposte di modifica dei trattati. Si avanzano, poi, proposte significative per la cittadinanza europea.
Non intendo proseguire ulteriormente l'elencazione di questi punti, ma sottolineare soltanto il fatto che avremmo bisogno di fare salto di qualita' nel nostro modo di essere in Europa. Signor Presidente cio' dovrebbe riguardare anche il nostro Parlamento. Si tratta di una proposta che dovremmo deciderci finalmente di discutere e di approvare: consentirebbe al Parlamento italiano di essere attento e di darsi finalmente una cultura europea!
Mi rivolgo all'onorevole Cecchi, presidente della Commissione speciale per le politiche comunitarie: abbiamo bisogno di una riforma regolamentare che faccia della Commissione per gli affari comunitari una Commissione filtro, alla stregua della I e della V! Dobbiamo avere una verifica della rispondenza del lavoro legislativo che svolgiamo con cio' che accade in Europa. Se non approveremo questa piccola ma fondamentale riforma, non avremo mai un ruolo di controllo e di indirizzo del Parlamento Italiano sull'azione del Governo in sede comunitaria.
Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una grande alternativa: quella tra un allargamento dell'Unione europea nel senso di una sua diluizione e, in sostanza, di una sua parsa e una riforma istituzionale che faccia esistere come soggetto democratico e federale l'Europa! Credo, tuttavia, che non sarebbe accettabile un'alternativa tra l'allargamento dell'Unione europea e l'approfondimento della sua natura. Renderemmo un pessimo servizio ai paesi dell'est europeo, a quelli dell'altra Europa, se facessimo pagare l'allargamento dell'Unione europea proprio con la restrizione del proprio ambito. Si dovra' avviare prima di tutto la democratizzazione ed il processo di crescita qualitativa dell'Unione europea. Su questa base, allora, potrai attuarsi il processo di allargamento nelle sue forme piu' rapide. Solo cosi', infatti l'Europa potra' ritrovare se stessa come la terra della democrazia e del diritto, un' Europa federale e federalista punto di riferimento per tutti i popoli del mondo per una civilta' di d
emocrazia e di diritto che solo l'Europa federale - insieme alle altre -anti democrazie e' oggi in grado di assicurare al mondo (Applausi).
------------------------------------------------------------------
Ha facoltà di replicare il ministro degli affari esteri. SUSANNA AGNELLI, Ministro degli affari esteri.
Signor Presidente, onorevoli deputati, ho ascoltato con grande interesse vostri interventi. E' di conforto per l'azione del Governo trovare conferma in una larga consonanza tra le forze politiche sul significato e sull'importanza della nuova fase dell'integrazione europea che si aprirß a partire dalla Conferenza di Messina del 2 giugno prossimo.
Debbo sottolineare l'auspicio (che il Governo ha giß fatto proprio) che l'Italia partecipi al negoziato con un proprio rilevante contributo propositivo ed altresi' l'invito a creare nel nostro paese le condizioni necessarie per essere partecipi dei disegni piu' avanzati di integrazione e di coesione nell'ambito dell'Unione europea.
Si pone quindi un problema di consapevolezza che gli onorevoli Napolitano e Novelli hanno evocato con eloquenza. Tutti si rendono conto della posta in gioco e dell'intreccio indissolubile tra l'avvenire del nostro paese ed il futuro della costruzione europea.
Ho colto una grande sensibilita' rispetto all'esigenza di avvicinare l'Europa ai cittadini, di corrispondere alle attese delle piu giovani generazioni non soltanto in termini di occupazione e di lavoro, ma anche sotto il profilo del ravvicinamento delle loro culture, come ha opportunamente ricordato l'onorevole Trantino.
Sono giuste le preoccupazioni di carattere sociale qui espresse da piu voci che hanno rinviato ad una strategia anche sovranazionale di sviluppo sostenibile. Il Governo ha sempre espresso il proprio sostegno alle soluzioni suggerite nel Libro Bianco di Delors, cui del resto il Consiglio d'Europa continua a dedicare costante attenzione per tradurlo in soluzioni operative.
La collaborazione negli affari interni e nella giustizia ha avuto in altri interventi un posto di primo piano. Non puo' essere che una conferma per l'ordine di priorita' che io stessa avevo indicato nella relazione introduttiva e che corrisponde ad una sempre piu' diffusa esigenza di giustizia e di sicurezza per le quali la dimensione nazionale appare tutt'altro che adeguata.
Sappiamo di essere carenti in materia di libera circolazione delle persone, ma il Governo si e' impegnato a completare quanto prima le procedure necessarie all'attuazione dell'Accordo di Schengen ed auspica che il Parlamento approvi tempestivamente il provvedimento sulla protezione dei dati.
L'Unione vuole raggiungere i propri obiettivi secondo una ripartizione delle competenze che rispetti il principio di Sussidiarieta' -e' piu che mai opportuno averlo presente - secondo una suddivisione del compiti che come ci ha ricordato l'onorevole Menegon - tenga anche conto della dimensione re- Poiche' mi pare che nessuno ascolti il mio intervento, passero' direttamente alle considerazioni finali...!
Il Governo sara' rappresentato nel Gruppo di riflessione da un diplomatico che gode della mia personale fiducia e di una grande competenza, essendo stato associato ad altri momenti cruciali di riflessione e di negoziato sull'Europa comunitaria Spero che il Parla mento vorra' trovare lodevole che un Governo di tecnici abbia voluto scegliere un tecnico di provate capacita'. Nel concludere, vorrei ringraziare tutti i deputati intervenuti nel dibattito fornendo preziose indicazioni, come pure tutti coloro i quali mi hanno ascoltato Raccolgo senz'altro l'invito ad ulteriori simili occasioni di informazione e di reciproco confronto, nella convinzione che su un terna di tale importanza il Governo debba poter contare costantemente sul pieno sostegno del Parlamento (Applausi).
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
ALLEGATO A - SEDUTA DEL 23 MAGGIO 1995
RISOLUZIONI
La Camera,
premesso che il Consiglio europeo di Corfu' ha invitato le istituzioni dell'Unione europea a redigere una relazione sul funzionamento del trattato dell'Unione europea; in considerazione dell'istituzione di un gruppo di riflessione che dovra' contribuire all'importante preparazione della Conferenza intergovernativa del 1996, che avra' la presidenza italiana e che iniziera' il proprio lavoro nel prossimo giugno per cercare di giungere ad un vero sviluppo istituzionale ed al compimento del processo di unificazione europea; vista la determinazione assunta dal Parlamento europeo e dal Consiglio nell'ambito degli accordi interistituzionali di riesaminare alcune disposizioni dei trattati in occasione della Conferenza intergovernativa; visti i lavori preparatori ed i pareri delle Commissioni del Parlamento europeo; considerando che l'integrazione europea, da sempre ritenuta sinonimo di pace, di stabilita' politica, di armonico sviluppo economico-sociale a beneficio della colletivita', deve oggi confrontarsi con le n
uove sfide sorte dalla fine della guerra fredda che nascono dalla mondializzazione dell'economia, dalla rivoluzione informatica e telematica, dalle problematiche ecologicoambientali, dai problemi occupazionali, dalla crescente importanza della parita' tra uomo e donna e dal nuovo ruolo della famiglia, richiede che l'Unione europea intraprenda iniziative che consentano di: assumere piene responsabilita' per conseguire la pace, il rispetto dei diritti umani, la stabilita' democratica degli Stati del continente europeo e delle regioni adiacenti, con particolare attenzione a quelli dell'Europa centro-orientale e del bacino del Mediterraneo, divenire un polo di sviluppo economico sostenibile e socialmente equilibrato che possa rilanciare l'occupazione nel contesto mondiale e in armonia con una economia ispirata essenzialmente agli stessi principi, incentrare la propria azione contro la disoccupazione e l'emarginazione, garantire ai cittadini il completo esercizio dei loro diritti e delle liberta' contribuendo al
consolidamento della sicurezza di ognuno, salvaguardando ed arrichendo nello stesso tempo le identita' culturali nazionali e regionali; appurato che l'Unione europea alla Conferenza intergovernativa del 1996 dovra' affrontare una triplice sfida istituzionale e piu' specificamente: riassorbire un deficit democratico ritenuto ormai inaccetabile da un grande numero di cittadini dell'Unione europea, ridefinire i processi decisionali divenuti complessi, farraginosi e troppo spesso inefficaci, preparare l'Unione europea ad un futuro ampliamento senza rallentare il processo di integrazione o diluire i progressi gia' ottenuti; considerando inoltre che le principali carenze rilevate nel quadro del trattato dell'Unione europea sono: la mancanza di trasparenza e di piena responsabilita' sotto il profilo democratico del Consiglio per quanto riguarda in particolare le decisioni in materia legislativa, l'assenza di una coerente ed efficace azione di politica estera e di sicurezza comune, di giustizia e di gestione degli a
ffari interni; carenze gravi dovute sopratutto al difficile equlibrio tra le ragioni dell'integrazione e quelle di una marcata sensibilita' nazionale, l'esistenza di meccanismi istituzionali concepiti per una Europa a cinque mai opportunamente adeguati e che non possono venire semplicemente trasferiti ad una Unione europea con piu' di venti Stati membri, senza creare realisticamente un rischio di paralisi e di diluizione dell'Unione stessa; considerando che per procedere ad un amplimento dell'Unione occorre apportare una serie di modifiche fondamentali alla struttura dell'Unione e dei trattati europei, dando altresi risposta ad una esigenza avvertita da piu' parti di un piu' funzionale collegamento fra il Parlamento europeo ed i vari Parlamenti nazionali, respingendo il progetto di una sorta di "Terza camera" formata da legislatori nazionali, impegna il Governo: a procedere a precisi adattamenti istituzionali e procedurali, adoperandosi: affinche' la sempre piu' necessaria unione tra i popoli dell'Europa che
dovra' scaturire dagli incontri per la revisione del trattato si muovano in direzione del mantenimento del patrimonio fin qui acquisito sul cammino dell'integrazione, perche' mai come oggi le vicende del nostro continente passano attraverso il rispetto e la valorizzazione della storia, delle tradizione, delle pecularita' delle nazioni, così come attraverso il coordinamento degli interessi economici, socili, finanaziari dei singoli paesi europei. Questo patrimonio ha da sempre offerto la risposta piu' puntuale alle esigenze di unione e collaborazione degli Stati europei in uno scenario mondiale, attraversato da continui impulsi disgregatori, per giungere ad una unione realizzata sulla giustizia, sulla solidarieta', riconoscendo il principio di sussidiarieta' tra i rapporti dell'Unione e degli Stati nazionali nel rispetto dell'equilibrio del mercato; affinche' vengano adeguate e migliorate le procedure ed i meccanismi istituzionali per consentire il funzionamento di una più vasta Unione europea procedendo ad
una armonizzazione delle proprie funzioni con quelle degli Stati aderenti; a creare i presupposti affinchè l'Unione europea sia percepita dal cittadino come fondamentale sviluppo culturale, sociale ed economico, creando una vera e propria mobilitazione delle coscienze e delle volontà che attraverso una forte tensione ideale gli faccia ben comprendere che l'Unione deve essere un imprescindibile punto di riferimento; affinchè vengano semplificate tante procedure farraginose e spesso inutili e si giunga, altresì, alla ridefinizione di un ruolo legislativo del Parlamento europeo per conseguire la necessaria affermazione dell'identità di difesa europea rafforzando l'azione dell'Unione, per quanto riguarda la politica estera e di sicurezza comune, accrescendo il ruolo dell'Europa nel contesto mondiale; a giungere ad un approfondimento, ad una semplificazione e ad un arricchimento dei meccanismi di intervento per ridurre la distanza dei cittadini dalle sedi decisionali, rendendo nel contempo più accessibile e trasp
arenti le azioni comunitarie ed intergovernative, rilanciando nel settore del terzo Pilastro le tematiche degli affari interni e della giustizia.
La Camera, consapevole che i profondi mutamenti intervenuti in Europa dal 1989 ad oggi e, per altro verso, l'allargamento dell'Unione impongono una ulteriore precisazione degli obiettivi, delle politiche e un riesame degli assetti istituzionali dell'Unione europea, tanto più necessari in vista di probabili nuovi ampliamenti; consapevole peraltro che in un mondo percorso da spinte disgregatrici e in un'Europa in cui tornano a manifestarsi inquetanti fenomeni di nazionalismo, di chiusura protezionistica e corporativa, nessun problema di un qualche rilievo può trovare soluzione su sola base nazionale, imponendo invece di più l'inscidibile legame tra dimensione nazionale e dimensione europea; consapevole della straordinaria importanza della Conferenza intergovernativa 1996 per la realizzazione del Trattato Maastricht che dovrà far fronte, in particolare, ad una triplice sfida istituzionale: colmare il deficit democratico, sociale, ambientale; ridefinire i processi decisionali; approfondire il processo di integra
zione per conseguire con successo l'allargamento a nuovi paesi; ricordando che il 18 giugno 1989 l'88 per cento degli italiani si pronunciò a favore - con referendum consultivo - della costruzione dell'Unione europea in senso federale attraverso l'affidamento di un mandato costituente al Parlamento europeo e considerando che l'indicazione di quel referendum continua a rappresentare la direttrice fondamentale della politica italiana per la costruzione europea; udite le comunicazioni del ministro degli esteri, ne apprezza la netta impostazione europeista e le approva; riconferma la vocazione europeista dell'Italia e la precisa volontà di essere partecipe di tutte le tappe del processo di realizzazione dell'Unione europea; ribadisce che per l'Italia ogni prospettiva di crescita economica, di progresso sociale, di stabilità democratica è inscindibilmente legata all'essere partecipe della realizzazione dell'Unione europea; e che anzi, proprio tale partecipazione del nostro paese a tutte le politiche di integrazio
ne europea è condizione opportuna per consentire all'Italia di superare le proprie debolezze strutturali; condivide perciò l'obiettivo - posto dal Presidente del Consiglio nella presentazione dell'attuale Governo alle Camere - di realizzare sollecitamente le condizioni per il rientro della lira nello SME; chiede che nel prossimo Documento di programmazione economica e finanziaria - e in ogni caso nel quadro dell'iter parlamentare della prossima legge finanziaria - il Governo indiche la strategia e i provvedimenti con cui l'Italia intende realizzare i citeri di convergenza e essere perciò nelle condizioni di partecipare a tutte le tappe previste della Unione economica e monetaria; condivide e fa propri gli obiettivi indicati nella risoluzione Bourlanges-Martin approvata in questi giorni dal Parlamento europeo, in particolare l'obiettivo di realizzare progressivamente un quadro istituzionale unico; sottolinea la necessità che si adotti un metodo di revisione che accanto ai rappresentanti dei paesi associ i rap
presentanti del Parlamento europeo; auspica vivamente che la Conferenza intergovernativa 1996 sia inaugurata durante il semestre di Presidenza italiana; indica, in vista della Conferenza di Messina che insedierà il "Gruppo di riflessione", la necessità che - nelle diverse fasi di preparazione e di realizzazione della CIG '96 - i rappresentanti dell'Italia si impegnino per:
1) la riconferma del patrimonio comunitario fin qui acquisito nel processo di integrazione, opponendosi ad ogni spinta disgregatrice che mini o riduca la necessaria coesione europea;
2) la realizzazione della riforma istituzionale dell'Unione europea a vocazione federale, dotandola di personalità giuridica propria e di proprie competenze, come vera e propria "Federazione di Stati" ed espressione dell'Europa delle regioni e dei popoli, con l'obiettivo di giungere ad una Costituzione europea, democraticamente sanzionata dal Parlamento europeo, dai Parlamenti nazionali e da referendum;
3) la realizzazione del processo di integrazione secondo il criterio dell "flessibilità dell'unità" in ragione da:
- consentire ad ogni paese membro dell'Unione - sulla base dei criteri comunemente stabiliti - di partecipare ad ogni fase del processo di integrazione;
- consentire, al tempo stesso, a quei paesi - che lo ritenessero - di non partecipare a singoli aspetti del processo di integrazione, senza che questa impedisca agli altri paesi membri di procedere nelle tappe di integrazione decise;
- promuovere i provvedimenti e le procedure che rendano compatibili eventuali differenti gradi di partecipazione alle politiche di integrazione e facilitino la progressiva armonizzazione, nell'ambito della realizzazione progressiva di un quadro istituzionale unico;
4) il rafforzamento dei dispositivi che consentano all'Unione di realizzare una vera politica estera e di sicurezza comune (PESC), anche perseguendo:
- l'integrazione della politica commerciale comune e della politica di cooperazione di sviluppo;
- una strategia permanente dell'Unione e dei suoi paesi membri in seno all'ONU e alle altre organizzazioni internazionali, agendo altresì per la loro riforma e per il rafforzamento della loro efficacia;
- la piena conclusione della PESC nel sistema comunitario, riconoscendo alla Commissione una funzione nella definizione elaborazione della PESC e delle scelte di difesa comune;
una comune azione e capacità di intervento nel mantenimento della pace e ne ristabilimento del diritto a livello internazionale;
la predisposizione di strutture comuni e integrate di difesa, in visita del progressivo assorbimento delle competenze UEO da parte dell'Unione europea;
la creazione, a questi fini, di una unità congiunta Commissione - Consiglio di Pianificazione e Analisi;
5) un netto rafforzamento della proiezione mediterranea dell'Unione europea, sviluppando in tutti i campi una cooperazione con i paesi del bacino, lungo le direttrici che saranno indicate dalla prossima Conferenza euromediterranea;
6) l'ulteriore rafforzamento di politiche comuni nei settori della giustizia e degli affari interni, attraverso la comunitarizzazione delle politiche relative all'asilo, all'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, alla politica di immigrazione, nonché comuni strategie nella lotta alle forme di criminalità organizzata internazionale;
7) il rafforzamento dell'azione comunitaria nel campo della cultura, dell'educazione, dell'istruzione, dell'informazione, anche istituendo - accanto ai sistemi formativi nazionali o regionali esistenti - prime opzioni di "scuola europea" accessibile a tutti i giovani che lo desiderino;
8) la realizzazione dell'Unione economica e monetaria - secondo le tappe e i criteri di convergenza già stabiliti - caratterizzandola con politiche volte a promuovere un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, le pari opportunità tra uomo e donna, la coesione economica e sociale, lungo le indicazioni contenute nel libro bianco di Delors, promuovendo così una crescita economica "sostenibile" che comporti una maggiore intensità occupazionale, una minore intensita' di energia e un minor consumo di risorse naturali;
9) la piena autonomia della costituenda Banca centrale europea che dovrà affermarsi tenendo conto delle scelte di politica economica comunitarie;
10) l'attuazione di una politica integrata e globale per l'ambiente e per uno sviluppo sostenibile, realizzando gli indirizzi del libro bianco Delors e superando l'utilizzo subottimale delle risorse naturali e umane, anche perseguendo una permanente valutazione di impatto ambientale, sociale e culturale, di tutte le misure e le politiche dell'unione, la chiusura dei cicli ecologici di base al livello più basso possibile, una polistica dei trasporti compatibile con i parametri ambientali, una legislazione rigorosa a tutela dell'identità biogenetica degli esseri viventi, il divieto di esportazione al di fuori dell'Unione di sostanze chimiche o biochimiche non ancora conosciute nei loro effetti, di materiale nucleare di ogni genere e di rifiuti di ogni genere;
11) la progressiva realizzazione - nei diversi campi di applicazione dei diritti dei cittadini e delle pari opportunità tra uomo e donna - della cittadinanza europea;
12) il superamento del deficit democratico registrato in questi anni, attraverso;
una più chiara e conseguente applicazione del principio di "sussidiarietà", valorizzando gli specifici ambiti di competenza delle regioni;
semplificazione e trasparenza delle procedure;
il riconoscimento al Parlamento europeo del diritto di avanzare proposte di modifica del Trattato, nonché della funzione di controllo sulle materie attualmente non rientranti nel primo pilastro;
l'accrescimento del ruolo legislativo e di codecisione del Parlamento europeo e la valorizzazione della funzione del Comitato delle regioni;
un più forte coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nella definizione e nel controllo delle decisioni dell'Unione, in un rapporto più stretto con il Parlamento europeo;
13) la riforma dei meccanismi decisionali, anche prevedendo un ampliamento del ricorso alla maggioranza qualificata nel Consiglio europeo, anche attraverso modalità che tengano conto sia del numero dei paesi membri, sia della popolazione di ciascuno di essi;
14) l'ulteriore rafforzamento delle politiche di piena integrazione nei settori dell'energia, dei trasporti, della politica agricola, della pesca, dell'ambiente, del turismo, dell'educazione e della formazione, ove già in questi anni si è perseguita una strategia comunitaria, nonché l'armonizzazione progressiva dell'accessibilità ai pubblici servizi per ogni cittadino dell'Unione;
15) la definizione nella CIG di un calendario di massima per l'ampliamento all'adesione di nuovi membri - in primo luogo Malta, Cipro e i paesi dell'Europa centrale gi' oggi "associati" - e di un "programma di azione" volto a favorire il raggiungimento da parte di quei paesi delle condizioni e delle compatibilità necessarie, entro sei mesi dalla conclusione della CIG dovranno essere avviate le trattative per l'adesione di quei paesi che lo desiderano e ne abbiano le condizioni; impegna il Governo
a riferire periodicamente sull'avanzamento dei lavori di preparazione della CIG e a presentare entro il 30 ottobre prossimo le linee di azione su cui il Governo intende caratterizzare il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea.
(6-00016) "Berlinguer, Petrini, Andreatta, Segni, Pisano, De Benetti, Novelli Passinu, De benetti, Novelli, Fassino, Napolitano, Strik Lievers, Del Turco, Menegon, Giacovazzo, Spini, Cecchi, Boffardi, Guerzoni, Pezzoni, Gaiotti De Biase, Melandri, Merlotti, Malvestito, Evangelisti, Rivera, Bandoli, Incorvaia, Levisoni, Stornello, Malan, Pizzicara, Brugger".
La Camera,
riunita in Assemblea plenaria per ascoltare le comunicazioni del Governo sulla conferenza intergovernativa per la revisione del trattato di Maastricht, che dovrà aprirsi durante il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea;
udita la relazione del ministro degli esteri che approva e fa propria;
ricordato che fra 7 dei 9 paesi membri dell'unione europea che hanno sottoscritto l'accordo di Schengen e la relativa Convenzione, si è avviata dal 26 marzo 1995 la creazione di uno spazio comune attraverso la determinazione dei contratti alle frontiere interne degli stessi paesi, da cui l'Italia - insieme alla Grecia - è rimasta finora esclusa;
sottolineato che il processo di apertura delle frontiere interne tra paesi comunitari messi in atto a Schengen è parallelo e complementare all'attuazione del principio di libera circolazione delle persone sancito dal trattato di Roma, rappresentando al tempo stesso un utile sperimentazione per la liberalizzazione al livello comunitario;
considerato che è ormai prossimo il licenziamento in II Commissione del disegno di legge in tema di tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali, che rappresentava uno degli ostacoli che ancora si frapponevano alla piena attuazione da parte italiana delle misure previste per la libera circolazione all'interno dello "spazio Schengen";
manifestata una volta di più la propria preoccupazione per il ritardo comunque accumulato dal nostro paese nel conseguimento dei requisiti richiesti da quell'accordo che hanno, anche in queste settimane, permesso che si rilanciassero attacchi politici e campagne di stampa sulla bassa credibilità ed affidabilità europeista dell'Italia;
impegna il Governo
ad adoperarsi per rimuovere le cause legislative, tecniche ed amministrative che ancora permangono sulla strada di una piena attuazione degli accordi di Schengen e a riferire in Parlamento entro il settembre 1995.
(6-00017) "Evangelisti, Pezzoni, Stornello, Gaiotti de Biase, Incorvaia, Fassino, Lovisoni, Del Turco, Cecchi, Vascone, Mattarella, Boffardi".