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Partito Radicale Centro Radicale - 26 giugno 1997
UE/Amsterdam: reazione di Emma Bonino

BONINO: ALTRO CHE EUROPA DEI CITTADINI

»LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI COMUNITARIE E STATA UNA VERA DELUSIONE

Per il commissario Ue il Trattato di Amsterdam rende di fatto impraticabile l'allargamento dell'Unione

Sta venendo meno la visione del nostro futuro. La frittata è fatta, ma mi auguro che l'Italia non chiuda il dossier

"Il Corriere della Sera" del 26 giugno 1997 - pag. 2

di Andrea Bonanni

BRUXELLES - Emma Bonino, la commissaria europea, è alle prese con un dilemma. »Quando si parla del Trattato di Amsterdam sulla riforma delle istituzioni comunitarie spiega come membro del collegio della Commissione mi devo attenere alla "moderata soddisfazione" che è stata espressa dal presidente a nome di tutti. Ma da federalista, da persona che ha militato tutta la vita per l'Europa, non posso nascondere la mia delusione .

Andrea Bonanni: Perché, commissaria?

Emma Bonino: »Per il fossato sempre più largo e profondo che si sta scavando tra le ambizioni di un'Europa politica e queste rappattumazioni giuridicocostituzionali che assomigliano ad un lavoro di carpenteria senza un piano regolatore .

A.B.: Eppure tutti si dicono più o meno soddisfatti...

E.B.: »Perché sta venendo meno la visione del nostro futuro, che è ormai una merce sempre più rara in un clima in cui sembrano contare solo le scadenze elettorali. Questa classe politica europea è molto più sensibile alle piccole beghe regionali che alla costruzione di un progetto complessivo dell'Europa sul quale, al limite, chiamare gli elettori alle urne .

A.B.: Ma la moneta unica, l'allargamento, non sono forse progetti di largo respiro?

E.B.: »Appunto. Questa mancanza di visione si è vista chiaramente ad Amsterdam quando i Quindici hanno rinunciato ad affrontare la riforma delle istituzioni, Commissione, Consiglio, Parlamento, che pure era essenziale per avviare l'allargamento. In uno dei 48 protocolli annessi al nuovo Trattato, si spiega che, per questi aspetti, tutto resta come prima. Allora io mi chiedo se per caso non si sia deciso di rinviare l'allargamento dell'Unione ai paesi dell'Europa centroorientale, senza dirlo apertamente .

A.B.: In che senso?

E.B.: »Perché dietro il dibattito, apparentemente tecnico, c'era un confronto su quali istituzioni vogliamo per l'Europa e come le vogliano. Già oggi, per esempio, nell'Unione ci sono paesi neutralisti e paesi atlantici. Allora quando si parla di allargamento bisogna chiedersi: che cosa vogliamo allargare? Un mercato unico? Un'unione monetaria? Una struttura politica? A queste domande non si è dato risposta. O, meglio, la si è data nei fatti: l'allargamento riguarderà solo il mercato unico .

A.B.: Non è una visione riduttiva?

E.B.: »Un tempo si diceva che l'Europa viaggiava su due gambe: l'allargamento e il rafforzamento delle istituzioni comunitarie. E che senza una gamba non ci sarebbe stata l'altra. Ma l'esigenza dell'approfondimento si è persa per strada, mentre anche da Oltreatlantico arrivano pressioni sempre più forti per un puro e semplice allargamento dell'esistente. Ad Amsterdam c'è stata una parte di non detto, ma certamente di scritto, se si sa leggere tra le righe di addendi, eccezioni e protocolli .

A.B.: E perché, a parte la stampa, nessuno lo ha affermato apertamente?

E.B.: »Perché continua la retorica delle dichiarazioni. Si parla di allargamento e di Europa più vicina ai cittadini. Per fortuna, nessuno chiede ai cittadini che cosa ne pensino veramente. Il negoziato della conferenza intergovernativa è stato opaco. Il Parlamento europeo, unico organo elettivo e rappresentativo, rimane sostanzialmente ridotto al rango di un punzecchiatore fastidioso. Per leggere il testo del Trattato non basta un interprete, ci vuole un dragomanno. Siamo proprio sicuri che è così che ci si avvicina ai cittadini? .

A.B.: Lei parla di mancanza di visione, non si tratta piuttosto di una precisa volontà di rinazionalizzare l'Europa?

E.B.: »Per alcuni paesi questo è sempre stato vero. Ma non credo che per altri sia una scelta deliberata. Per esempio sono certa che il governo italiano non vuole una rinazionalizzazione delle politiche comunitarie. Ma si è trovato di fronte ad un fatto compiuto di veti incrociati dei tedeschi su giustizia e affari interni, dei britannici sulla difesa comune, e via discorrendo .

A.B.: E l'Italia ha sbagliato a non bloccare i lavori, a non aprire una crisi?

E.B.: »Non so se, al posto della delegazione italiana, l'avrei fatto. Avevo molto apprezzato le numerose prese di posizione del ministro Dini per una Europa politica. Mi pareva una visione coraggiosa, anche se espressa forse in ritardo, e comunque ben difendibile perché basata su valori profondamente sentiti nel nostro paese. Ma non so che cosa avrebbe potuto fare ad Amsterdam, quando si è trovato completamente isolato anche rispetto a partner tradizionalmente federalisti .

A.B.: Da quanto dice, si augura che il Parlamento europeo o qualche stato membro blocchino l'allargamento?

E.B.: »Non so se ci sia l'esigenza di bloccarlo. Credo piuttosto che l'allargamento si dimostrerà di fatto impraticabile in queste condizioni. Senza una riforma istituzionale, l'allargamento si blocca da solo .

A.B.: Il Trattato adesso dovrà essere ratificato dai parlamenti nazionali. Lei voterebbe per la ratifica?

E.B.: »Dopo aver espresso tutta la mia delusione, e constatando che nessuno ha aperto la crisi durante il negoziato, mi auguro che alla fine il Trattato venga approvato. In diplomazia è inutile combattere contro i mulini a vento. La frittata è fatta. Prendiamola come una lezione. L'importante è che qualcuno riaccenda il motore dell'integrazione .

A.B.: E chi potrebbe farlo?

E.B.: »Mi auguro che il nostro paese, proprio partendo dalla consapevolezza che Amsterdam non è stato un successo, non chiuda il dossier dell'integrazione europea e cerchi invece di trovare interlocutori tra quanti sono delusi dei risultati. Fatto salvo che probabilmente ad Amsterdam non si poteva rompere, l'importante è ritrovare un po' di quello slancio visionario che ha consentito di fare l'Europa, e che oggi è più necessario che mai .

 
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