Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
dom 23 feb. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Hands off Cain
Partito Radicale Sergio - 6 novembre 1995
"La pena di morte nel diritto internazionale e nelle legislazioni dei paesi arabi"

Conferenza di Tunisi, 14-15 ottobre 1995

Intervento introduttivo di Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino

Voglio porgere tre ringraziamenti. Un grazie, innanzitutto, all'Istituto Arabo per i Diritti Umani, al suo Presidente Hassib Ben Ammar e al suo Direttore esecutivo Frej Fenniche, che hanno voluto promuovere con noi, con Nessuno tocchi Caino, questa conferenza. Noi crediamo che essa sia la prima di una serie di iniziative che ci vedrà uniti, su piani diversi, in una lotta che in realtà attiene non tanto, non solo all'abolizione della pena di morte, ma alla promozione e all'affermazione dei diritti umani nel mondo, non solo nel mondo arabo. Salutiamo questo paese che ci ha accolto, il Presidente Ben Alì che ha appoggiato questa conferenza e il Presidente del parlamento che ci ha voluto ricevere ufficialmente e solennemente.

Un grazie va, poi, alla Commissione dell'Unione Europea che, con un finanziamento ad hoc, ha contribuito notevolmente alla realizzazione di questa conferenza: grazie ad Olivia Ratti ed Elisabetta Zamparutti che ne hanno elaborato e curato il progetto, e a Emma Bonino, la commissaria per gli aiuti umanitari dell'Unione Europea, che lo ha sostenuto.

Ma grazie anche, soprattutto, ai relatori e ai partecipanti a questa conferenza. E' la prima volta che una conferenza sulla pena di morte si svolge nel mondo arabo. E' già successo che in singoli paesi, che singole associazioni ne abbiano discusso, ma una conferenza panaraba, che io sappia, è la prima volta che avviene. Questo è un fatto importante che da solo già definisce questa conferenza un successo. Un ringraziamento va quindi ai militanti per i diritti umani, agli eletti nei Parlamenti, ai giuristi, agli intellettuali vittime di regimi autoritari o vittime del fanatismo religioso, spesso vittime degli uni e dell'altro, riuniti qui a Tunisi.

Noi siamo consapevoli delle difficoltà che ci aspettano. Molti Stati, non solo nel mondo arabo, "giustiziano" i propri cittadini, anche i minorenni e i malati di mente, che sono espressamente esclusi da convenzioni internazionali. Molti cittadini, non solo arabi, chiedono di mantenere o di reintrodurre la pena capitale. Nel fare questo, gli uni e gli altri spesso si richiamano ad alti principi morali, a tradizioni millenarie e a radicate convinzioni religiose. Ma diciamo subito che, sulla pena di morte, noi non pensiamo di dividere il mondo tra "civili" e "incivili": i primi, quelli che l'hanno abolita, gli altri quelli che la mantengono o la vogliono reintrodurre. Non siamo qui da colonizzatori culturali, non siamo venuti a dire ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Su questo come su tutto il resto, non siamo dei proibizionisti: non proclamiamo "è vietata la pena di morte". Noi sappiamo che su 184 paesi membri delle Nazioni Unite, 96 prevedono e praticano la pena capi

tale: ebbene, non possiamo, non vogliamo considerarli tutti Stati fuorilegge.

Alla petizione di principio del "no alla pena di morte" che anima gran parte delle classi dirigenti, dei giuristi, degli scienziati del mondo ma che pure convive con le migliaia di condannati nel mondo che attendono nei bracci della morte di essere giustiziati, preferiamo una strategia attenta a ogni evoluzione sulla via del diritto e della legge, un approccio verso l'abolizione di progressiva ma rigorosa regolamentazione, anche nel quadro attuale delle esecuzioni legali. Preferiamo conquistare alla certezza del diritto e ai vincoli della legge sempre più nuovo terreno, togliendolo alla terra di nessuno dei processi sommari e delle esecuzioni extragiudiziali ma, anche, della teoria di reati per i quali è comminata la pena di morte, molti dei quali non espressamente previsti da quelle norme religiose alle quali spesso ci si richiama.

Nella storia travagliatissima e fallibilissima della giustizia umana, garanzie sempre maggiori di sicurezza, di libertà e di dignità della persona sono state conquistate. Il "processo" stesso ha rappresentato una evoluzione in termini di diritto e di garanzie dell'imputato, rispetto al linciaggio e alle esecuzioni sommarie che erano sistematici. Allo stesso modo, nei paesi del mondo arabo, l'introduzione di norme di diritto positivo, di procedura penale, il diritto alla difesa e a più gradi di giudizio, hanno rappresentato o possono rappresentare una evoluzione rispetto alle norme, anche religiose, le più restrittive.

Noi siamo qui con umiltà e tolleranza, pronti al dialogo contro la violenza e al confronto con chi, animato come noi da un senso di "giustizia" profondo, risponde in modo diverso, anche con la pena di morte, all'illegalità e all'impunità che lo colpisce.

Molti Stati, nel mondo arabo, "giustiziano" i propri cittadini: rispondono così all'integralismo violento che mina le basi della loro sicurezza. Noi condividiamo la posizione di tutti coloro che, nel rispetto della legge e della legalità, sono fautori del dialogo, tutti coloro che, senza rinnegare la propria fede e le proprie tradizioni, le valorizzano nella tolleranza. Voglio ricordare fra tutti il premio Nobel per la letteratura Naguib Mahfuz, lo scrittore egiziano accoltellato dai fondamentalisti. Fautore del dialogo e della tolleranza, si è dichiarato convinto che per arginare l'integralismo non basta la repressione. A chi semina la violenza, ha detto che non solo distrugge la sua vita ma infanga l'Islam che è tolleranza e non fanatismo criminale.

Quella che stiamo per svolgere è, più che sulla pena di morte, una conferenza sul dialogo e la tolleranza, sul diritto e la nonviolenza.

Noi siamo consapevoli delle difficoltà, ma anche della necessità di questa lotta comune. L'umanità deve andare avanti, e gli Stati devono concordare su quello che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha definito l'"irriducibile umano, cioè la quintessenza dei valori umani che fa di tutti noi un'unica comunità". Nella storia dell'umanità, soglie sempre nuove, più alte di inviolabilità dell'essere umano, sono state conquistate. E' già successo per l'abolizione della schiavitù. E' successo per l'interdizione della tortura. I diritti umani non sono dei fossili, sepolti dal progresso e dalle macerie della storia. Essi sono materia viva. Conquistiamo una nuova soglia di inviolabilità della persona. All'alba del terzo millennio, aboliamo anche la pena di morte!

L'obiettivo della nostra campagna è promuovere un nuovo diritto umano; è vedere affermato nel mondo e scritto nei testi fondamentali della comunità internazionale e degli Stati e nelle leggi, il diritto a non essere uccisi a seguito di una sentenza o misura giudiziaria, anche se emessa nel rispetto della legge. Proponiamo in pratica un emendamento alla Dichiarazione universale dei diritti umani, dove è affermato il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della persona, e per questo, è scritto, viene abolita la schiavitù, per questo viene interdetta la tortura. Noi vogliamo sia scritto anche, sia aggiunto: per questo è abolita la pena di morte.

Ma la nostra campagna ha un obiettivo intermedio. Nessuno tocchi Caino e il Partito Radicale Transnazionale, l'organizzazione non governativa che gode di uno status consultivo di categoria 1 presso le Nazioni Unite, con la quale conduciamo da anni questa battaglia, attraverso mozioni parlamentari e una mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale, chiedono alle Nazioni Unite di annunciare intanto una moratoria delle esecuzioni capitali.

Il Consiglio di Sicurezza ha già approvato lo statuto del Tribunale per i crimini commessi nella ex-Jugoslavia e quello per i crimini commessi in Ruanda. E' pronto anche lo statuto del tribunale permanente per i crimini commessi contro l'umanità. Tutti escludono la pena di morte. Non è accettabile che essa sia prevista, all'interno degli Stati, per reati infinitamente meno gravi.

La moratoria, credo, è il passaggio giusto. Essa consentirà agli Stati dell'Est che stanno riscrivendo le proprie costituzioni, a quelli dell'Ovest che non le hanno mutate per secoli e a quelli del Sud che le hanno profondamente radicate nella propria tradizione, di guadagnare il tempo necessario perché si affermi nell'opinione pubblica e nelle leggi un nuovo diritto della persona: non essere uccisi a seguito di una sentenza o misura giudiziaria.

Nel '94, siamo stati battuti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite su una nostra proposta di moratoria per soli 8 voti. Ci riproviamo nella prossima sessione, settembre-dicembre 1996. Abbiamo, infatti, già avviato una campagna internazionale denominata "Dieci paesi, cento città, centomila firme alle Nazioni Unite per fermare la pena di morte", che mira a fare del 1996 l'anno della moratoria delle esecuzioni capitali. Per questo, in vista dell'obiettivo intermedio della moratoria delle Nazioni Unite, ci siamo proposti quest'anno di organizzare un congresso mondiale degli abolizionisti di Nessuno tocchi Caino e tre conferenze internazionali nei luoghi che possiamo considerare decisivi per la campagna abolizionista. Il Congresso si terrà a Roma il 15, 16 e 17 dicembre (siete tutti invitati), e possono partecipare con diritto di voto tutti coloro che sono diventati soci nel '95. Le conferenze si terranno una a New York e l'altra a Mosca, agli inizi dell'anno prossimo, dopo questa che stiamo aprendo a T

unisi.

Lo ripeto, è già un successo il fatto che questa conferenza si sia tenuta. Ma se da questa conferenza, se dal mondo arabo, dalla Tunisia, il paese che ci ospita, dal presidente Ben Ali, che sappiamo e salutiamo come abolizionista convinto - abbiamo letto il suo "no" pubblico alla pena di morte in interviste su Le Monde Diplomatique e Le Nouvel Observateur -, potrà giungere un segnale o un'indicazione sulla sospensione delle esecuzioni, ebbene noi saremmo proprio contenti. Sarebbe importante per molti Paesi, non solo del mondo arabo. Grazie.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail