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Radio Radicale Roberto - 16 gennaio 1996
Intervista / Il regista Tim Robbins »smaschera un tema tabù
»NEL MIO FILM TUTTO L'ORRORE DELLA PENA CAPITALE IN USA

di Alessandra Farkas - Corriere della Sera, 16 gennaio 1996

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New York - A riaccendere l'antico e spinosissimo dibattito sulla pena di morte in America è stata la recente condanna alla fucilazione di un trentaseienne bianco dello Utah, reo di aver stuprato e ammazzato una bambina di 11 anni. Migliaia di cittadini, animati da una sconvolgente sete di vendetta collettiva, si sono candidati come »boia volontari del plotone di esecuzione. E a soffiare sulla polemica, in questi giorni, arriva anche »Dead man walking (Il morto che cammina), il film di Tim Robbins tratto dall'omonimo libro autobiografico della suora »Sister Helen (interpretata da Susan Sarandon, moglie del regista) che racconta la sua drammatica esperienza personale come »consigliere spirituale di un condannato a morte (Sean Penn).

Una pellicola costata pochissimo ma il cui straordinario successo di pubblico e critica, oltre a farne un candidato sicuro per l'Oscar, rivela la centralità del dibattito in quest'anno di elezioni. »Il dilemma, in America, è in realtà avvolto dalla massima segretezza - spiega al Corriere Tim Robbins, regista di »Rob Roberts , una delle più vetrioliche satire politiche anti-Washington -, la stragrande maggioranza degli americani, l'80% secondo alcuni sondaggi, ufficialmente è a favore della pena di morte. Eppure nelle case e sui media se ne parla pochissimo e sempre con pudore. Proprio come per il sesso .

Per soddisfare la curiosità morbosa di milioni di aspiranti »boia , Robbins li trascina dentro una stanza della morte. Mostrando, per la prima volta nella storia del cinema, come funzione la complessa, inumana e micidiale macchina delle iniezioni letali. »La crudeltà dei dettagli non è una finzione cinematografica - incalza il regista - ma rispecchia fedelmente come lo Stato ammazza i nostri condannati a morte .

Pensa di aver cambiato le idee di qualcuno, con questo film?

»Niente affatto. Mi interessava solo che la gente cominciasse a parlare del problema, invece di continuare a trattarlo come pornografia tabù, da consumare nella privacy dei propri istinti più bassi. Il fatto che gli americani escano dal cinema con le loro rispettive posizioni rafforzate dimostra la natura insolubile del dilemma .

Perché non ha preso una posizione più decisa contro la pena capitale?

»Non mi interessava perché il problema è ben più complesso dell'essere "pro" o "contro". Certo, sarebbe stato più semplice scritturare una attraente e popolare star hollywoodiana, scrivendo un paio di scene in cui si mostra sensibile, dolce e naturalmente innocente. Ma i killer veri in attesa di esecuzione assomigliano davvero a Sean Penn. Sono agghiaccianti, violentissimi, spesso colpevoli. Anche se tutti giurano, fino alla fine, di essere innocenti, nella speranza di un'amnistia all'ultima ora .

Non meritano di morire?

»La vera questione non è chi merita di morire ma chi ha il diritto di uccidere. E perché continuano a eleggere gente che ordina ad altri di ammazzare. Nessuno pensa mai alle guardie che debbono trascinare il condannato fuori dalla cella, mettergli il pannolino e ascoltare i suoi ultimi rantoli da cane disperato, prima di mandarlo al creatore. I boia vivono con questo peso sulla coscienza per il resto della vita. E come fai, se sei un vero cristiano? .

Lo Stato, secondo lei, non dovrebbe mai arrogarsi questo diritto?

»No, in nessun caso. Perché è moralmente, eticamente e politicamente sbagliato. Lo spiega Tom Rice nella canzone della colonna sonora. "Se la pena di morte deve servire a fermare la violenza, essa sarebbe finita già da tanto tempo". E invece non è altro che un circolo vizioso di violenza .

Il suo film potrà influenzare il dibattito alla vigilia delle elezioni?

»Magari fosse possibile. Sono molto più cinico, nessun politico americano, democratico o repubblicano, ha abbastanza fegato da dirsi contrario alla pena di morte. L'unico a farlo è stato l'italo-americano Mario Cuomo e il risultato è stato quello di perdere le elezioni di governatore dello Stato di New York .

Cosa pensa del modo in cui l'Europa sta affrontando la questione?

»Voi europei non avete la nostra cultura della morte. Perché, alla radice, vi manca la cultura della violenza che abbiamo qui in America. Qui ci viene scodellata in abito da sera, sexy, eccitante e attraente. Solo smitizzandola potremo arrivare a capire che la violenza è sbagliata anche quando a perpetrarla è lo Stato .

 
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