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Partito Radicale Giorgio - 30 marzo 1999
LINGUE: ancora Cipolletta

PARLIAMO DUE LINGUE. NON NECESSARIAMENTE L'INGLESE

Di Ignazio Cipolletta

Direttore generale della Confindustria

Dopo lo sforzo per la moneta unica, torno sull'appello per una Maastricht delle lingue in Europa e lo ricordo: l'Europa dovrebbe impegnarsi affinché le prossime generazioni dell'Unione europea parlino almeno due lingue, quella materna e una seconda europea, scelta liberamente da ognuno.

Così facendo, potremmo veramente costruire una unione nel vecchio continente, perché la lingua è vitale per far star insieme le persone, per capirsi e per esprimersi, senza i costosi sistemi di traduzione e senza i molti malintesi e la reciprioca sfiducia. Notavo per inciso che, lasciati liberi, è probabile che la maggioranza dei cittadini europei sceglirà l'inglese: non quello di Shakespeare o quello che si parla a Oxford, ma quello più "vero", perché più diffuso nel mondo, ossia l'inglese degli stranieri (tedeschi, giapponesi, argentini, italiani, eccà ). Un inglese più semplice, un po' barbaro agli orecchi dei nostri concittadini d'Oltremanica, ma più facile da apprendere, da capire e da parlare. Beppe Severgnini, che ringrazio per aver prestato orecchio al mio appello, argutamente propone di non chiamarlo inglese, ma "americano".

Ciò per superare le normali resistenze di campanile dei francesi che credono ancora di avere una lingua internazionale, degli spagnoli che vantano nel mondo una diffusione della lingua non dissimile da quella dell'inglese, o dei tedeschi che possono a giusto titolo ricordarci come in Europa la lingua più diffusa sia la loro. Ben venga l'americano se supera le gelosie dei nostri concittadini europei. Ma la mia proposta è più semplice: ognuno sia libero di scegliere la sua seconda lingua, ma tutti siano capaci di parlare correntemente almeno due lingue europee. Anche se non ci sarà una convergenza verso l'inglese (pardon l'americano), comunque il grado di comprensione crescerebbe in maniera esponenziale, a condizione ovviamente che si studiassero delle materie in questa seconda lingua e non che ci si insegnasse solo letteratura e grammatica straniera. Ma poi vorrei sottolineare un secondo non trascurabile vantaggio della mia proposta. Se fosse accettata e praticata, allora anche gli oltre 50 milioni di inglesi

parlerebbero correntemente una seconda lingua! E questa sarebbe una vittoria di noi europei continentali, di tale portata da ridurre le resistenze dei diversi nazionalismi. Che piacere potremmo avere a vedere, finalmente, anche i nostri concittadini europei del Regno Unito sforzarsi per capire ed esprimersi nei nostri linguaggi. Tale risultato vorrebbe dire che l'inglese, pur essendo una lingua che ci unisce, non sarà necessariamente la lingua comune.

CORRIERE DELLA SERA, SABATO 27 MARZO, p.37

 
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