Sara' la globalizzazioneDa Anna n.49-8 dicembre 2000
Le lettere ad Anna
Cara Anna, sono una donna francocanadese e parlo anche l'inglese dall'eta' di tre anni (lavoro anche come traduttrice). Cinque anni fa ho deciso d'imparare l'italiano dopo una visita a Roma: mi sono innamorata della capitale ma anche della vostra lingua, cosi' bella e cosi' ricca. Nell'edicola dove mi servo a Montréal non ci sono molte riviste italiane, ma un giorno, per caso, ho visto "Anna". Da allora l'ho comprata per migliorare la mia conoscenza della vostra cultura e, soprattutto, per acquistare un vocabolario piu' esteso. Purtoppo ho notato, a poco a poco, che in molti articoli i giornalisti fanno uso di termini inglesi. In qualita' di traduttrice riconosco che si puo', a volte, prendere in prestito qualche parola da un'altra lingua. Ma io, semplice studentessa d'italiano, che ha molta strada da fare, so che ci sono delle belle parole italiane per dire tutto quello che viene scritto in inglese. Che cosa e' successo? E' una moda? Prendete per esempio la copertina del numero 43. Cito: "city style, yoga p
ower, water balance,fitness, trendy". Per non parlare del sommario: "city zen, neo young, family life". Insidiosamente, l'inglese si insinua nella vostra lingua. E' possibile che sia il fenomeno della mondializzazione? Nel Québec, dove sono nata ed abito, siamo circondati da nove province inglesi e dobbiamo fare molti sforzi per eliminare le parole inglesi dalle riviste, dai giornali e dalla lingua di tutti i giorni. Il nostro governo quebecchese ha dovuto adottare una legge per proteggere la nostra lingua francese. Quando penso agli sforzi che facciamo qui, resto perplessa di fronte alle poche reazioni delle lettrici italiane.
Electa Baril, Montréal