Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mar 21 mag. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Lingua internazionale Fundapax
Partito Radicale Daniela - 7 maggio 2001
Uno scrittore apre le porte al »nuovo latino , considerato più utile della moneta unica
Io, tedesco, scelgo l'inglese: fa bene all'Europa

Corriere della sera, domenica 6 maggio 2001

Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro della lingua inglese. Si diffondono timori sull'identità, si gonfiano i risentimenti nazionali, i governi dei grandi Stati europei pensano all'adozione di misure di sicurezza, le polizie linguistiche vagliano giornali e programmi tv alla ricerca di merce (verbale) inglese di contrabbando e minacciano di infliggere multe. L'inquietudine si propaga, ma con un certo ritardo. Perché lo spettro è in azione da decenni e diventa ogni giorno più imponente. I popoli d'Europa hanno preso la loro decisione. Solo gli architetti della nuova Europa hanno difficoltà ad ammettere che una lingua franca esiste, e da parecchio tempo, nel continente. E non è certo la lingua di Voltaire o Goethe, Dante o Cervantes. Bensì quella di McDonald's e Disney, che fu di Shakespeare, della Costituzione americana, dei Beatles. Colpisce che siano in primo luogo le grandi nazioni europee ad adombrarsi davanti al corteo trionfale della lingua angloamericana. I cittadini delle na

zioni più piccole (danesi, olandesi, svedesi, ungheresi, cechi e polacchi, che mai si sono illusi di dominare), invece di brontolare tanto, imparano le lingue. Quanto a me, considero lo spettro inglese che si aggira per l'Europa una presenza assolutamente benevola e degna di plauso, poiché obbliga, o meglio invita, tutti a parlare nuovamente una lingua comune. Una lingua comune per la prima volta dopo cinque secoli. Ancora più dell'euro, è questa la premessa per l'unità dell'Europa e per la sua effettiva capacità di competere con gli Usa. L'ultima lingua sovrannazionale in Europa è stato il latino, eredità del dominio romano e tuttora lingua ufficiale della Chiesa cattolica. Sicuramente 2000 anni fa i dotti greci ed egizi, ma anche qualche capo gallico o germanico, non risparmiarono attacchi alla lingua di Roma e all'»incultura romana. Non tanto diversamente da quanto fanno oggi gli intellettuali francesi, tedeschi o italiani quando si parla dell'egemonia inglese. Del resto è vero che tutti i grandi oppos

itori di Roma e della Chiesa cattolica, fino a Giordano Bruno, Copernico, Lutero e Spinoza, usavano il latino: garantiva ascolto alle loro idee su scala mondiale. Gli europei dovrebbero averlo imparato: la lingua dei dominatori è sempre stata anche la lingua dei ribelli. Vi è però un punto decisivo su cui gli anglofobi vedono più chiaro degli anglofili. L'egemonia di una lingua significa molto più di una semplice traduzione di vocaboli e concetti. Con le parole e le frasi vengono introdotti semiclandestinamente uno stile di vita, una visione del mondo, una filosofia. Gli »agenti di linguistica sicurezza si rendono ridicoli quando cercano di sostituire vocaboli come computer o marketing con espressioni francesi, tedesche o spagnole. E frasi d'uso quotidiano come I love you! o Enjoy it! non si lasciano tradurre facilmente. E' nota la scena del tedesco o dell'italiano che alla domanda americana How are you today? si blocca in mezzo alla strada per pensare a una risposta appropriata. Gli europei hanno ottime

ragioni per chiedersi come si dovranno comportare al passaggio sul continente del corteo trionfale angloamericano. La prima risposta può solo essere il semplice riconoscimento di un dato di fatto: sì, le lingue nazionali e regionali e le culture d'Europa subiranno una mutazione. Anzi, sono già mutate. La seconda risposta è: embè? Cosa c'è di tanto terribile? Il trionfo del »nuovo latino non significa che le lingue e gli stili di vita nazionali o regionali scompariranno, al contrario: acquisiranno maggiore chiarezza dalla delimitazione e dal contrasto reciproci. Da questo punto di vista l'esempio storico del latino può essere fuorviante. Dalla disgregazione del Sacro Romano Impero si sono sviluppate le lingue nazionali e successivamente gli Stati nazionali. Ora lo sviluppo procede in senso inverso: le culture degli Stati nazionali più potenti ed evoluti hanno urgenza di superare i propri confini. I popoli d'Europa non abbandoneranno mai le proprie lingue. Perché dovrebbero? Nel mondo della globalità nessuno

vive con una sola anima. Tutti si cimentano con identità multiple e quasi tutti se la cavano piuttosto bene. A Berlino non mi sento né berlinese né tedesco, mi sento a casa. A Monaco, vengo inevitabilmente colpito dal fatto che sono berlinese. A Roma o Parigi mi accorgo di essere tedesco. E negli Stati Uniti »scopro di essere europeo. Non capisco perché dovrei rinunciare a una di queste identità a favore di un'altra. Allo stesso modo, milioni di persone attingono da tempo a una risorsa che i linguisti definiscono multiple literacy . A lungo andare, lo sviluppo di questa risorsa potrebbe tradursi in un »vantaggio di posizione : permette a chi la possiede di orientarsi in universi differenti, dove prosperano altre concezioni del mondo e altre culture degli affari. Il fatto che l'inglese sia divenuto lingua numero uno al mondo comporta uno svantaggio per chi con questo idioma è cresciuto: rende debole la motivazione a impararne altri. I native speakers prendano atto: obbligati ad acquisire la nuova lingua fra

nca, noialtri abbiamo tutto da guadagnare.

Peter Schneider

(traduz. di Nicoletta Boero) (scrittore ed editorialista tedesco)

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail