Inglese »nuovo latino , ma l' Italia resta indietro
Leggiamo soltanto libri tradotti e studiamo poco altri idiomi
di Bucci Stefano
DISCUSSIONI Dopo gli interventi di Schneider e di Sabatini: un quadro sulle
lingue nel nostro Paese Inglese »nuovo latino , ma l' Italia resta indietro
C' è chi parla e scrive l' inglese con tutte le regole giuste al posto
giusto, dal genitivo sassone alla progressive form. C' è chi lo conosce in
modo scolastico o poco più, legge con difficoltà di comprensione, ha scarsa
o nessuna pratica di conversazione e compie spesso errori di pronuncia
(mènager per manager e losèngeles per Los Angeles). C' è chi non l'ha mai
studiato ma ne ha comunque una conoscenza elementare perché (per motivi di
lavoro) si trova spesso davanti ad espressioni e a brevi testi in lingua. C'
è infine chi di inglese non ne sa proprio niente e che di mood, di trend, di
a merican beauty o di that' s amore ha sentito parlare dai manifesti, dalle
insegne dei negozi, dalla radio o dal cinema. Quasi mai senza capirli o al
massimo riuscendo a comprenderli vagamente dal contesto. La classificazione
arriva da Tèlema e riguarda gli italiani e una lingua,l'inglese,che
(come ha ipotizzato sul Corriere della Sera di sabato scorso lo scrittore
Peter Schneider e in qualche modo confermato ieri, sempre sul Corriere, il
presidente dell' Accademia della Crusca, Franscesco Sabatini) rappresenta
il »nuovo latino d'Europa. Un rapporto interessante, articolato e talvolta
sorprendente. Ad esempio, per quello che riguarda Internet. Con l'Italia
che si affianca al resto d' Europa nel decretare il declino della lingua
inglese nel mondo di Internet. In base ad un sondaggio compiuto su un
campione dei siti Web italiani d'impresa risulterebbe così che il 42% di
questi siti sono in italiano, il 25% bilingui (italiano più inglese) e solo
l' 11% in inglese. Secondo il ministe ro della Pubblica istruzione sette
giovani italiani su dieci parlano oggi una o più lingue straniere mentre tra
i venticinque e i cinquanta anni la percentuale scenderebbe al 50%. In
pratica, il 90% degli studenti avrebbe oggi una buona conoscenza di almeno
una lingua straniera contro il 73% degli imprenditori e il 72% dei
funzionari. Per il British Council sarebbero poi 120 mila gli italiani che
ogni anno varcherebbero La Manica per studiare inglese. I dati parlano però
di un livello di conosce nza complessivamente modesto e di quarantenni che
sembrano comunque preferire il francese mentre l' inglese fa la parte del
leone tra i più giovani. In tutto questo la scuola italiana dedica comunque
solo tre ore settimanali all' insegnamento degli a ltri idiomi rispetto alle
sette europee. Anche per questo i libri in Italia si finiscono per leggere
soltanto tradotti: nel 1997 sono stati pubblicati 12.524 libri in
traduzione, il 73,7% dei quali dall' inglese seguiti dal 12,8% di libri in
original e francese e quindi in tedesco (7,4%) e in spagnolo (4,9%). Ma il
vero problema del futuro per noi europei »non sarà diventare bilingui ma
restare bilingui cioè continuare a parlare e leggere anche in francese, in
tedesco e in italiano . Almeno secon do Fabrizio Polacco, coordinatore
nazionale del Prisma, il Progetto per la rivalutazione dell' insegnamento e
dello studio del Mondo Antico. Dice Goethe: chi non conosce le lingue
straniere »non può sapere nulla della propria . E la strada per manten ere
viva la nostra lingua madre (una lingua che si regge ancora per l' 80% sui
fonemi di Dante, Petrarca e Boccaccio) sembra così necessariamente passare
ancora una volta attraverso il metissage linguistico. Tra le raccomandazioni
ipotizzate da Bad H omburg (con la collaborazione della Società di
linguistica italiana e dell' Accademia della Crusca) per una »Carta delle
lingue europee troviamo infatti due principi all' insegna proprio dell'
ibridazione: »alla conservazione della molteplicità ling uistica
contribuisce l' insegnamento delle lingue straniere e »l' offerta delle
lingue straniere deve essere determinata dal loro valore culturale .
Insomma: più studieremo le altre lingue, più probabilità avremo di mantenere
viva la nostra.
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