Consentitemi questa breve, apparente divagazione letteraria. Rocco Scotellaro,(1923, Tricarico, MT; 1953, Portici, NA) si iscrive al PSI a 20 anni; a 23 diviene Sindaco di Tricarico a larghissima maggioranza. Partecipa alle occupazioni delle terre insieme
ai braccianti; incarcerato per peculato, assolto con formula piena al processo, abbandona la politica e la Basilicata per trasferirsi a Portici. Di famiglia poverissima, scrive poesie e due libri-inchiesta sui contadini del Sud rimasti incompiuti. Nel '54
Carlo Levi, suo grandissimo estimatore ed amico, cura la raccolta di poesie "E' fatto giorno", ora introvabile, che vince il Premio Viareggio '54.
Il PCI si affretta ad aggiungere il nome di Rocco alla lunga lista di scomunicati (Vittorini, Banfi, Calvino ecc. ) perche' marxista non ortodosso, contaminato da una forte vena libertaria e liberal-socialsta; perché la sua opera letteraria si presterebbe
a strumentalizzazioni reazionarie; perché inaffidabile politicamente, avendo lasciato l'attivita' politica. Gli scomunicatori sono Carlo Salinari, Carlo Muscetta, Mario Alicata. In realta' Rocco aveva sempre rifiutato di subordinare il proprio lavoro di
scrittore e poeta a qualsiasi ideologia precostituita, come Vittorini. La violenta e truculenta critica che da Botteghe Oscure si abbatte su lui e su Carlo Levi, " familiare intruso del Mezzogiorno", ha i toni della guerra santa: Rocco é bollato come
decadente nostalgico, un "poeta senza domani". Lui soleva leggere le sue poesie nelle taverne o nelle piazze alla povera gente, perche' prendesse coscienza della ricchezza insita nel mondo misero dei contadini. Vorrei che il Club che sta per nascere a
Potenza fosse intitolato a lui; vorrei che tutti conoscessero le sue opere e la sua brevissima vita. Vi invio queste due poesie. Se credete, vorrei inviarvene una a settimana.
CASA
Come hai potuto, mia madre, durare
gli anni alla cenere del focolare,
alla finestra non ti affacci piu', mai.
E perdi le foglie, il marito, e i figli lontani,
e la fede in Dio t'e' caduta dalle mani,
la casa e' tua ora che te ne vai.
MIO PADRE
Mio padre misurava il piede destro
vendeva le scarpe fatte da maestro
nelle fiere piene di polvere.
Tagliava con la roncella
la suola come il pane,
una volta fece fuori le budella
a un figlio di cane.
Fu in una notte da non ricordare
e quando gli si chiedeva di parlare
faceva gli occhi piccoli a tutti.
A mio fratello tirava i pesi addosso
che non sapeva scrivere
i reclami delle tasse.
Aveva nelle maniche pronto
sempre un trincetto tagliente
era per la pancia dell'agente.
Mise lui la pulce nell'orecchio
al suo compagno che fu arrestato
perche' un giorno disperato
mando' all'ufficio il suo banchetto
e sopra c'era un biglietto:
<< Occhi di buoi
fatigate voi >>.
Allora non spero' piu'
mio padre ciabattino
con riso fragile e senza rossore
rispondeva da un gradino
<< Sia sempre lodato >> a un monsignore,
e si mise gia' stanco -
dal largo mantello gli uscivano gli occhi-
a posare sulla piazza, di fianco,
a difesa degli uomini che stavano a crocchi.
E mori' -come volle- di subito,
senza fare la pace col mondo.
Quando avverti' l'attacco
cerco' la mano di mamma nel letto,
gliela stritolava e lei capi' e si ritrasse.
Era steso con la faccia stravolta,
gli era rimasta nella gola
la parola della rivolta.
Poi dissero ch'era un brav'uomo,
anche l'agente, e gli fecero frastuono.