Le osservazioni relative al ruolo del Referendum ed alla procedura dettata dall'art.138 mi trovano concordi, tant'e' che ho sempre ritenuto pretestuosi certi appunti di carattere istituzionale mossi, ad esempio, da Tina Anselmi, circa la legittimita' di modificare la Carta Costituzionale senza la convocazione di una vera e propria costituente; pero' la mia proposta nasce da un tipo di considerazione piu' generale.I referendum sono strumenti di democrazia diretta, ma possono solo dire cosa il popolo sovrano non vuole, non cio' che vuole; ad esempio, i referendum per il sistema elettorale hanno determinato la caduta del sistema elettorale proporzionale puro, ma non hanno determinato, a livello legislativo, un sistema elettorale maggioritario puro, tant'e' che sara' necessario un nuovo referendum per questo, il quale, d'altra parte, non potra' garantire che l'eventuale metodo elettorale maggioritario sia ad un turno unico piuttosto che a due o a canguro!
Alcuni, quindi, propongono un rferendum propositivo, che peraltro richiederebbe un'ulteriore modifica costituzionale e sarebbe comunque limitativo, perche' richiederebbe di rispondere si o no, senza margini per il ni o per il si a quest'articolo ed il no ad un altro.
L'art.138, di contro, e' io meccanismo previsto dalla Costituzione per potervi apportare delle modifiche; ma anche qui si hanno dei problemi.
Intanto il meccanismo era nato sempre sul presupposto di un sistema elettorale proporzionale, quindi largamente rappresentativo - seppur inefficiente come abbiamo avuto modo di sperimentare -, poi e' adatto per modifiche parziali, non totali.
Il passaggio da un sistema centralizzato ad uno federale, la definizione di un sistema Presidenziale piuttosto che parlamentare, la ristrutturazione del sistema delle autonomie locali, ad esempio con la soppressione delle provincie, la stessa ridiscussione, ad esempio, dell'artr. 7 per adeguare la realta' italiana ad una societa' sempre piu' multietnica e multireligiosa, la stessa questione del diritto di voto a persone che, a tutti gli effetti, non possono essere considerati cittadini italiani, come gli immigrati, cosa che pure deve essere quantomeno discussa, la stessa ridefinizione del ruole dell'Unione Europea e la gestione degli interventi umanitari nell'ambito ONU; le problematiche relative all'organizzazione dell'ordinamento giudiziario, la riforma del CSM, la divisione o meno delle carriere per i magistrati;
tutte queste problematiche comportano, di fatto, un reale stravolgimento delle due costituzioni oggi vigenti, quella formale e quella sostanziale.
Perche', in fondo, anche di questo si tratta: noi ci troviamo a convivere con due costituzioni, con una Carta principale disattesa in molti punti - mi viene in mente l'art. 41, quello relativo alla regolamentazione dell'organizzazione sindacale che certo non puo' essere attuata da questa maggioranza e da questo governo pena disordini - vedi Tambroni!-.
Da qui il mio spunto di riflessione: e' opportuno proseguire sulla via del referendum abrogativo in materia istituzionale - ad esempio promuovendone uno per abrogare l'elezione del capo dello Stato da parte del Parlamento -
senza per questo avere la garanzia che si abbia poi una repubblica presidenziale piuttosto che un cancelleraiato o un'elezione del Presidente da parte di un'assemblea parlamentare diversamente composto rispetto all'attuale previsione legislativa?
E' opportuno puntare sul solo utilizzo dell'art. 138, in una fase di transizione da un sistema elettorale ad un altro ancora tutto da mettere a punto?
Ancora: quando si parla di seconda Repubblica, si parla, soprattutto, di una nuova Costituzione, che, in definitiva, e' un nuovo accordo fra i cittadini di uno Stato, una ridefinizione delle regole e degli equilibri di poteri, tesi a garantire sia la maggioranza che la minoranza.
Queste sono le motivazioni che mi hanno portato a riflettere su questa sorta di provocazione; non e' un discorso ideologico o pregiudiziale, e' il punto di arrivo di una riflessione piu'