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Conferenza Movimento club Pannella
Cusano Giannino - 4 ottobre 1994
R.R. e l'ordine giornalistico.
Rif.: n. 328 di Rita Bernardini.

Sono d'accordo con Rita, anche su polemiche personali che non comprendo. Vivevo a Roma quando RR inizio' a trasmettere da un appartamento a Monte Verde. Proposi un programma che avrei voluto condurre, magari coadiuvato da qualcuno, e Fabrizio Zampa, che scriveva sul Messaggero e collaborava con RR, fu ben lieto che la cosa si facesse.

Non ero nè mai mi sono sognato di diventare giornalista. L' unico punto controverso tra quanti stavano a RR fu sull'opportunita' che io preparassi o meno una sorta di numero "zero", che peraltro non potevo realizzare "in vitro" trattandosi di un progetto totalmente interattivo col pubblico. C'erano polemiche sulla professionalita' anche allora e non volli sentirmi causa di una loro acutizzazione: rinunciai alla mia idea, ritenendola non indispensabile per RR.

Attuai altrove il mio progetto, in estate, e fui invitato ad andarmene dopo 4 puntate: la proprieta' di Radio Potenza Centrale temeva ritorsioni da parte della DC locale; andai via ma l'interruzione del programma fece si' che decine di ascoltatori tempestassero di telefonate l'emittente, finche' questa non fu costretta a ripristinarlo con una conduzione addomesticata.

Mi rivolsi a un'altra emittente locale ottenendo spazio dalle 22.30 in poi; alle prime polemiche in diretta il tecnico mi insegno' ad usare la consolle e si defilo' lasciandomi tutto solo in studio: una pacchia!

Una sera, mentre portavo avanti una puntata sui manicomi (era l'epoca del CARM), su quelli di Potenza e Bisceglia in particolare, la radio fu invasa da ciellini infuriati che, facendo volontariato, volevano picchiarmi in diretta: non avevo il diritto di parlare; loro ś, che stavano sul campo ad aiutare i ricoverati a fare la Comunione di Domenica, ecc. Li dissuasi convincendoli ad esprimere il loro dissenso in diretta. L'elenco di queste invasioni notturne sarebbe lunghissimo, da infermiere del manicomio ad Autonomi minacciosi perche' non affrontavo i problemi da un punto di vista proletario.

Non appena si apriva uno spazio, centinaia di legittime istanze si affacciavano in modo talora violento: questo era il modo di concepire il dibattito, questo il clima nell' informazione privata, nel quale RR, libera e apertissima a non professionisti, a gente come me che, magari per poco, voleva dire la sua e sperimentare, rappresento' sempre l'unica nave rompighiaccio perche' espressamente progettata per questo.

Le radio private erano dei juke-box; essere Radio politica, non evasiva e aperta a tutti fu, è la grande liberta' di RR: fu ed e' davvero organo libero di informazione, alla faccia di ogni ordine professionale e la sua forza sta nel rispetto del dettato costituzionale, che garantisce liberta' di espressione e di informazione a tutti i cittadini, iscritti o meno agli albi.

Questo "vizio" di origine di RR e' il suo punto di forza: le ragioni che ho esposto andrebbero riverberate e amplificate. Ho raccontato la mia esperienza personale non perche' la reputi decisiva ma perche' e' cio' che mi consente una valutazione "storica" con la cognizione di causa piu' concreta di cui dispongo.

Oggi il problema non e' piu' di pressioni dei Partiti o di bastonate come surrogato preventivo della discussione, ma penso sia una orwelliana autocensura che nasce dall' organizzazione degli organi di informazione in etńe tutelate e incoraggiate dall' appartenenza alla corporazione detta "ordine giornalistico".

Credo che RR sia ancora punta di diamante nel ghiaccio stagnante della disinformazione, finche' sapra' essere altro e fuori da quella corporazione e che l'idea di Paissan sia una trappola: il Manifesto, dal quale egli proviene, ne e' la prova lampante per intolleranza ed atteggiamenti totalizzanti. Credo che sia legittimo che RR abbia anche collaboratori iscritti all'ordine, ma questo e' altro da ipotizzare una struttura con regole e prinćpi propri dell' informazione italiana.

Bye,

G.

 
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