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Partito Radicale Rita - 7 ottobre 1994
IL PATERACCHIO DEL CONDONO

di Antonello Marzano

Si è assistito ieri ad uno dei pateracchi tipici della prima repubblica. Il Senato ha dichiarato incostituzionale l'art.3 del decreto sul condono edilizio, mozzandone d'un tratto alcune delle norme che vi erano state inserite in sede di reiterazione.

Tali norme riguardavano, fra l'altro: agevolazioni per gli abusi connessi per la prima casa e variabili col reddito del richiedente, l'estensione della sanatoria alle opere con destinazione d'uso non residenziale (escluse dal primo decreto), ed un'ipocrita clausola d'invendibilità settennale per gli immobili condonati.

Vengono così alla luce le demagogie che hanno ispirato il provvedimento. Lo sbandierato intendimento di voler far fronte al solo abusivismo di necessità, contraddetto nell'articolo appena bocciato (che, consentendo una sanatoria generalizzata, stabiliva appena uno sconto per gli abusi di necessità) deve divenire il punto di partenza per una nuova, seria stesura del decreto che metta da parte la strumentalizzazione demagogica anche di quelle disposizioni assolutamente giuste (come la clausola d'invendibilità settennale) che però sono state inserite nel decreto in una forma che ne vanifica l'efficacia.

Quanto poi all'estensione della sanatoria agli immobili ad uso non residenziale, riteniamo che si debba qui più che altrove fare chiarezza, con la dovuta coerenza al principio della condonabilità dei soli abusi di necessità: capannoni, opifici, centri direzionali, officine, centri commerciali, negozi, laboratori, e chi più ne ha più ne metta, nulla hanno a che fare con gli abusivi di necessità. Riteniamo quindi che, su questo punto, si torni a quanto previsto dal primo decreto che escludeva tali categorie di immobili dalla sanatoria. Oppure si dichiari apertamente che il requisito della necessità non c'entra nulla col condono, e che si vuole una sanatoria generalizzata.

Crediamo che davvero a questo punto si debba ripensare l'intero provvedimento, facendola finita una volta per tutte con le ipocrisie, le molte incertezze, le poche certezze e le esagerate farraginosità fin qui esibite, e che ricordano troppo le logiche proprie della prima repubblica. Si rischia di vanificare quei (pochi) aspetti positivi del provvedimento, e soprattutto di gettare nel caos quei cittadini che hanno già pagato l'oblazione ridotta, quelli che lo hanno fatto per immobili allo stato non più condonabili, quelli che non lo hanno ancora fatto ed ora non sanno più come farlo, quelli che si apprestavano a vendere un appartamento magari viziato da un balcone divenuto veranda e che ora si imbattono nell'indisponibilità dei notai a rogitare in assenza di condono, ecc. ecc.

Si definiscano meglio i requisiti di un verosimile abusivismo di necessità, e ci si limiti a questo, stabilendo regole certe per la sua condonabilità, comprendendovi vincoli e condizioni che lo rendano più credibile. Si proceda sul cammino di una semplificazione delle leggi in materia urbanistica, e si realizzino le condizioni per prevenire il diffondersi del fenomeno. Soprattutto, si escludano dalle ipotesi di condonabilità quegli immobili realizzati abusivamente laddove più pesante è la mano della speculazione criminale. Si dia piuttosto l'avvio ad un lavoro di verifica della legittimità di concessioni rilasciate per insediamenti turistici nei comuni costieri delle regioni ad alto rischio mafioso, prima di affrontare il problema della condonabilità di quelli abusivi là realizzati.

 
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