Non avevo intenzione di intervenire di nuovo sulla questione perche' mi sembra che non vi fosse nulla da aggiungere a quanto detto dall'editore Vigevano; da parte mia, per quanto riguarda la critica all'esistenza dell'ordine dei giornalisti, ho ampiamente trattato il tema alla fine di Luglio in conferenza Fatto del Giorno. Non mi ripeto ed intervengo solo per fare alcune precisazioni.
Prima di tutto perche' ho a cuere questa questione, ovvero perche' non mi faccio i cazzi miei (come in molti mi hanno chiesto)?
Che i redattori di RR siano o meno riconosciuti giornalisti professionisti, in verita' mi importa poco, il fatto e' che io sono convinto che se i contratti da giornalisti professionisti entrano a RR, la Radio schiatta nel giro di 3 anni per insufficienza di risorse economiche. O meglio puo' sopravvivere se invece che investire in ripetitori e microfoni "investe" in aumenti salariali ingiustificati dal mercato e dalle risorse. Accadra' cosi' che a Imperia e Lecce la radio non si capta piu', che la dichiarazione di Di Pietro che dice che Berlusconi c'ha le corna non e' stata registrata perche' l'ipersfruttato registratore e' schiattato in quel momento, che le dichiarazioni dei superstiti al crollo del Colosseo non possono essere raccolte perche' non ci sono i soldi del Fondo-cassa per il Taxi e nessuno dei redattori e' piu' scemo degli altri da andarci coi suoi soldi. E' precisamente cosi' che una testata perde prima di autorevolezza, poi di ascolti e di risorse, e quindi crepa; non senza aver prima lanciato
appelli a pensionati e mondo del volontariato perche' mandino le 100.000 per non far morire una voce libera.
Questo e' quello che penso e non posso fare a meno di dirlo, scusate ma a me la vita della Radio interessa molto e non posso starmene a guardare per non farmi sentir dire : "Fatti i cazzi tuoi."
A Billau, che con un intervento civile e costruttivo sostiene l'incongruenza della figura di telereporte e l'abolizione dell'ordine. Adesso, e' evidente che al di la' dei nomi che vogliamo dare alle cose il fine e' il medesimo: farla finita con questa pagliacciata per cui solo in Italia si puo' chiamare giornalista chi ha un onerosissimo (per quasi tutte le testate) contratto FNSI (che torno a ripetere viene contrattato SOLO dagli editori dei giornali e sindacati del settore). Abolendo l'Ordine l'editore di RR potrebbe stipulare contratti con i redattori chiamandoli contratti giornalistici (cosa che ora non puo' fare) naturalmente con retribuzioni altre rispetto a quelle dei grandi quotidiani, ma in linea con le risorse disponibili nel settore radio televisisvo. Si avrebbe cosi' la figura del giornalista radiotelevisivo, cosa che al momento e' proibita per legge per cui si utilizza il termine di radioreprter (che non ha nulla di meno rispetto a giornalista). In quel momento probabilmente questo nome sparireb
be (anche se mi piace piu' di quello di giornalista) oppure no, ma a quel punto sarebbe solo un problema nominalistico. E con questo credo di aver risposto anche a Dino che sosteneva che abolendo l'ordine non sparirebbero i contratti giornalistici.
Risposta a Martini che riporta Tartaglia.
Nihil novo sub sole, il rappresentante della FNSI torna a ripetere che gli unici giornalisti in Italia sono quelli che hanno il contratto stipulato tra FIEG e sindacati. Tutti gli altri sono abusivi da perseguire penalmente, l'editore di una testata Radio-Tv che non e' disposto a sottostare a questo ricatto che ammazzerebbe la sua impresa, e' un criminale a sua volta.
Per intendersi: se io editore, dispongo di frequenze radio, ho gli impianti, ho il capitale per dar vita ad una radio di informazione e intrattenimento, posso assumere giornalisti solo pagandoli secondo i parametri fissati dalla FIEG, che si muove con ben altre risorse economiche e che non permette ai rappresentanti del mio settore (quello Radio-Tv) di concorrere alla stipula dei contratti. Insomma o pago questi giornalisti come quelli del Corriere della Sera o senno' sono un delinquente.
Ma che c'entra il contratto dei Giornali con quello delle Tv e Radio private? Niente. Dispongono di risorse comparabili? No. E allora dove sarebbe la deroga di cui parla Tartaglia? Certo, sarebbe la fine dei privilegi suoi, di quelli della sua categoria e dei grandi editori. Sai che perdita per l'Italia.
E' chiaro come il sole che questo stato di cose e' frutto del combinato disposto dell'incontro degli interessi dei giornalisti professionisti (che vogliono limitare al massimo la concorrenza per godere del massimo dei privilegi) e degli editori giornali (che imponendo spese di ingresso nell'editoria tanto onerose, di fatto impediscono a tutti la creazione di nuove testate).
Il tutto sulla pelle dei cittadini che pagano sia in termini di minore possibilita' di essere informati, sia in termini di denaro del contribuente che va a sostegno dell'editoria, cioe' agli editori esistenti che ci foraggiano i privilegi propri e dei giornalisti professionisti.
Ma c'e' anche un'altra categoria che paga: sono le decine di migliaia di ragazzi e ragazze che fanno il lavoro di giornalista ma che vengono chiamati abusivi dai loro colleghi professionisti e che non hanno, non possono avere per legge, tutela sindacale.
E qui devo dire una cosa a Dino: in Agosto, in una tua intervista con un rappresentante sindacale, sostenevi la tesi dello scandalo derivante dalla disparita' di trattamento economico tra i giornalisti ,poniamo, del Corriere della Sera e quelli, poniamo, di RR. I sindacalista cercava di contestare che vi era un altro scandalo: i giornalisti che sono fatti passare per liberi professionisti dalle aziende per non pagare i contributi. A quel punto tu contesti: "Ma questa e' una libera scelta di indipendenza per persone che non accettano il rapporto di lavoro subordinato...". E' lo stesso che dire che il marocchino al semaforo lava i vetri perche' insofferente ai rigidi orari dell' impiego statale. Come Maria Antonietta rispondeva: "Non c'e' pane e il popolo ha fame? Che mangi brioshes" con la piu' perfetta buona fede, allo stesso modo io sono perfettamente convinto della tua buona fede, prendo solo atto dell'abisso che sta' dividendo la redazione dal mondo dei normali.
Senza rancore. Andrea.