ARTICOLO DI MARCO PANNELLA CHE VERRA' PUBBLICATO SUL BIMESTRALE 'IDEAZIONE' (DIRETTORE DOMENICO MENNITTI) DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE.
ATTENZIONE: EMBARGO FINO AD AUTORIZZAZIONE.
Caro Direttore,
quando, nel mese di agosto, avesti la cortesia di invitarmi ad intervenire per sostenere le ragioni del bipartitismo contro quelle del bipolarismo - diciamo: dell'un turno contro i due turni - "Forza Italia" e i Club Pannella-Riformatori avevano appena dovuto pagare salatissime pagine pubblicitarie per far tentare di conoscere all'opinione pubblica i termini della loro intesa per la Riforma dello Stato.
Qualche tempo dopo, in uno dei suoi ottimi articoli di fondo sul "Corriere della Sera" Angelo Panebianco faceva finta di niente: ma perché - si chiedeva - in questo benedetto paese nessuno, e in primo luogo i progressisti, i centristi (deputati, evidentemente, a dover essere più seri) chiarisce a sè e agli altri quali siano le proprie scelte di Riforma delle Istituzioni, dello Stato?
Anche gli altri opinion-leaders italiani mostrarono di voler ignorare il nostro Manifesto-Appello, che con Silvio Berlusconi avevamo concordato e messo a punto sin dall'inizio di Giugno, e reso pubblico già nell'immediata vigilia delle elezioni europee.
Eppure la scelta era chiarissima, non dispiaccia a lor signori. Un trittico: presidenzialismo, federalismo, sistema elettorale AMERIKANI. Una scelta di sistema e di direzione di marcia. Un progetto puntuale attorno al quale unire i cittadini italiani di qualsiasi estrazione politica, sociale, culturale essi siano. Con il pregio della semplicità di ispirazione e di soluzione, fermo restando la complessità inevitabile della esecuzione, della veste da confezionare e da far indossare a questo modello.
Questo, dunque, il progetto complessivo. Oggi dobbiamo riflettere e confrontarci, in questo primo numero della tua rivista, se ho ben compreso sul tema: perché il sistema maggioritario uninominale "secco" piuttosto che uno di quelli a "due turni"?
Sono ormai ben più di dieci anni che ne discutiamo. E' ora di passare alla scelta. Se anche non lo volessimo, è l'attualità a imporcelo. Non si tratta più di sapere se l'acqua è fredda, occorre finalmente traversare il fiume.
Io non ho mai sostenuto la bontà "ideologica" e "perenne" di un sistema elettorale, anche se trovo semplicemente folle stabilire che lo si può cambiare ad ogni piè sospinto, provando o riprovando quel che possa garantire, di per sè, la vittoria degli uni o degli altri.
Non ho mai sostenuto che di per sè il sistema "americano", ad un solo turno, garantisca stabilità, governabilità, alternative; non lo garantisce affatto; come non lo garantisce necessariamente l'un l'altro dei "due turni" che si voglia prescegliere. Semmai può secondarlo. Lo penso. Ma se anche così non fosse resterei per l'opzione "dura" d'un turno.
Ho a più riprese sostenuto che, contrariamente a quanto si è a lungo imposto di pensare, e si continua a voler far pensare, il problema italiano è stato caratterizzato dall'eccessiva stabilità del sistema e dalla stessa governabilità: i governi partitocratici cambiavano continuamente anche perché non cambiavano mai. Abbiamo vissuto in regime di monopartitismo imperfetto, e non di bipartitismo imperfetto. L'immensa maggioranza della spaventosa giungla di leggi italiana è stata votata all'unanimità dei partiti esistenti fino al 1976, quando entrarono in parlamento i radicali; alla quasi unanimità, in seguito.
Noi abbiamo invece posto, durante trent'anni, un solo problema: quello dell'antidemocraticità e dell'illegalità formali e sostanziali del regime partitocratico e sindacatocratico, il carattere letteralmente "fuori-legge" mere coperture del potere partitocratico, delle istituzioni italiane, a cominciare dallo stesso Parlamento, rispetto alla stessa propria legalità denunciavo il carattere di erede dello Stato e delle concezioni fasciste, con il corporativismo, e populismo, lo statualismo antiliberale dell'intero sistema statuale post-fascista. Erede, non alternativa.
Lentamente ma continuamente la storia sta dandoci - ora - ragione, e torto non solamente ai fondatori del regime partitocratico, da Enrico Mattei a Gronchi, ma anche a La Malfa, Riccardo Lombardi, Lelio Basso, oltre che, ovviamente, a Togliatti ed a Fanfani, a tutto quello che si è venuto affermando dal 1953 in poi, con una accelerazione enorme dovuta alla giurisprudenza dell'ordine giudiziario, al suo carattere sempre antiliberale, molto spesso assolutamente indistinguibile dal resto delle forze di regime.
Quel che vorrei tentare di far comprendere è che in questa nostra antica scelta della "brutalità" democratica anglosassone, contro le sofisticazioni e le alchimie continentali, v'era un motivo principale, prioritario, dichiarato: solamente quel sistema - tendenzialmente bi o tripartitico, piuttosto che bi o tripolare (cioè almeno una decina di partiti nazionali) - superare questo regime di questi partiti (questo "tipo" di partiti), imporre la chiusura anche delle botteghe post-comuniste, post-democristiane, post-fasciste e delle altre che stanno emergendo a loro modello e somiglianza. Solamente questa scelta può mettere in crisi le organizzazioni parassitarie del parastato sindacale e associativo attuale, fondamento insuperabile dell'assistenzialismo del populismo, della burocratizzazione, del soffocamento, dell'ossificazione della società.
Governare un tale processo di riforma è certamente complesso, difficile, e stiamo accumulando ritardi folli e irresponsabili per farlo.
Ma procedere ad una Riforma democratica, costituzionale e liberale dello Stato, e della nostra società, con il sistema dei due o tre "poli", a partire dalla realtà italiana, è semplicemente e assolutamente impossibile. Questi "poli", d'altra parte, li abbiamo da mezzo secolo, ormai. Essi non sono né saranno mai alternativi, ma complementari, consociativi. Comporteranno un moltiplicarsi per scissione (ideologica, sociologica, etnica, locale, clientelare ecc....) della tenia, del verme solitario partitocratico.
Nel primo, e nostro caso, ammetto volentieri che si tratta anche, in parte, di un salto nel buio; qualsiasi vera novità lo comporta, o non è tale. Ma nel secondo, si tratta di un definitivo permanere, fino alla sepoltura, nelle sabbie mobili di questo regime.
Basta guardare con un minimo di distacco quel che abbiamo sotto gli occhi: A) il vero e proprio massacro di una grande possibilità e speranza di radicale riforma della politica e dei suoi metodi in atto sin dal 30 marzo, in particolare a causa di Umberto Bossi e del suo partito, oltre che dai poteri storici italiani, poteri di regime, ufficiali e di fatto, per la prima volta tutti all'opposizione del governo centrale dello Stato, tutti all'opera, giornali in testa, come singoli partiti "indipendenti". B) Il moltiplicarsi di partitini, partitucci, partituncoli, in primo luogo all'interno dell'area detta "progressista", per guadagnare in vista delle elezioni forza contrattuale con la unica struttura elettorale del "polo", quella del PDS; C) Il passaggio del testimone continuista alla seconda linea del regime, quella meno sovrastrutturale, quella corporativista-sindacale quella di un paio di migliaia di miliardi almeno di finanziamento parapubblico all'anno, di corruzione della stessa possibilità di far v
ivere i nuovi reali conflitti sociali del nostro tempo, i soli che possono sostenere e animare grandi blocchi sociali e politici alternativi. Larizza for leader, insomma.
I nostri referendum che incombono, danno a quella che come "destra" sta fallendo, specularmente alla "sinistra", ed al "centro", la chance immediata e certa di porsi come il grande partito della Riforma liberale e democratica del regime partitocratico postfascista; del quale i "riformisti" doppioturnisti (lo vogliano o no, lo sappiano o no) a guida e direzione postcomunista, non sono che i conservatori. Così come delle strutture e delle sovrastrutture "economiche" che producono ancor oggi bancarotta fraudolenta e atomizzazione anarchica della società italiana.
Per questo come Movimento Riformatore proponiamo per subito, da un semestre almeno, una grande Campagna di unità civile, di massa, attorno al progetto "amerikano": presidenzialismo, federalismo, legge elettorale coerenti, e un accordo di federazione con "Forza Italia"!
Non si tratta ormai più di chiedere ai cittadini di "iscriversi" a "Forza Italia" o alla Lega o al PDS o al PPI. Ma di organizzarsi attorno al Manifesto-Appello, in ogni Comune, in ogni luogo, anche di lavoro o di studio, senza discriminazione alcuna di provenienza, o anche di appartenenza. Per questa Riforma, ora.
Se Berlusconi saprà dare anche al Governo, ed alle forze che lo seguono o gli fanno oggi fiducia, questo obiettivo, sarà leader della grande maggioranza del paese. Altrimenti, ben presto, le sabbie mobili inghiottirebbero anche lui e le speranze nella rivoluzione liberale italiana.