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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 5 novembre 1994
INTERVENTO DI PAOLO VIGEVANO, DEPUTATO DI SARONNO, IN DIBATTITO GENERALE SU FINANZIARIA E BILANCIO (4.11.94).
Per noi parlamentari Riformatori (del gruppo Forza Italia) per quanto riguarda la finanza pubblica, il punto di partenza è e deve essere quello della realtà dei numeri:

2 milioni di miliardi di debito pubblico, debito che come ci dice Banca d'Italia nell'ultimo Bollettino cresce al ritmo di 300 milioni al minuto,

170/180 mila miliardi di sola spesa interessi sul debito ogni anno.

Rapporto debito/PIL che anche qualora la "manovra" di cui discutiamo andasse in porto è destinato a superare nel 1995 il 128%,

deficit programmato per il 1995 di 138.600 miliardi , 8% circa del PIL.

Una finanza pubblica, quindi, evidentemente lontanissima dagli "aggiustamenti" strutturali necessari ad avvicinare, non dico a raggiungere, gli obiettivi di Maastricht per il '99 che sono noti a tutti:

rapporto debito PIL del 60/70 % massimo,

deficit annuo di circa il 3% del PIL.

Il segratario del PDS, il collega D'Alema, ha definito questa "manovra" un "massacro sociale":

a D'Alema rispondiamo che il vero "massacro sociale" è quello che rischiamo di preparare noi per le generazione future, che saranno chiamate, prima o poi, a saldare i debiti che altri hanno contratto,

per fare (o non fare) che cosa

è sotto gli occhi di tutti.

E al momento del "redde rationem" saranno inevitabilmente le categorie deboli di questo paese a pagare i costi maggiori..

Per questo, e prima di ogni altra considerazione, noi diciamo che si poteva e si doveva fare di più.

Lo diciamo confermando una tradizione di rigore, di serietà e di responsabilità sui conti pubblici che è stata del Partito Radicale e della Lista Pannella .

Voglio ricordare che 1986, quando il debito pubblico era ancora al di sotto del 90%del PIL,

gli anni delle leggi di spesa votate all'unisono da maggioranza ed opposizione ,

quando il PCI sosteneva esplicitamente una politica di crescita del debito pubblico,

i Radicali/Federalisti Europei presentarono una proposta di legge per la revisione dell'art.81 della Costituzione,

che prevedeva per ogni anno di limitare al 10% delle entrate finali il ricorso massimo al mercato finanziario necessario al pareggio di bilancio:

se allora questa proposta avesse trovato migliore accoglienza, il cammino verso il necessario risanamento della finanza pubblica sarebbe iniziato prima,

la situazione non sarebbe degenerata fino al punto in cui la troviamo oggi e gli interventi necessari sarebbero, forse, meno drastici.

Più di recente, sfidando le piazze bullonatrici, i federalisti europei votarono a favore della Finanziaria Amato, nel 1992 e di quella Ciampi nel 1993;

provvedimenti che altri, che pure oggi fingono di rimpiangerli, attaccarono ed osteggiarono fuori e dentro il parlamento.

Considerata la brevità del tempo a disposizione di questo governo, e pur quindi mantenendo una riserva di fondo sull'adeguatezza delle misure adottate rispetto alle necessità ed agli obiettivi, esprimiamo un giudizio complessivamente favorevole sia alla legge finanziaria che alle leggi ad essa collegate:

purchè, però, gli obiettivi previsti rappresentino per il Governo una sorta di Linea del Piave, un obiettivo minimo ed irrinunciabile.

Dare segnali di cedimento, anche minimi, rispetto alla linea di rigore comunque intrapresa avrebbe conseguenze irreparabili sia sul piano finanziario che politico.

Sotto il profilo finanziario si rischierebbe di legittimare le illazioni (a quel punto per altro giustificate) sulla effettiva capacità da parte di questo governo di tenere fede ai propri impegni in materia di risanamento dei conti pubblici:

questo rappresenterebbe un segnale estramemente negativo per gli investitori, destinato a riperquotersi immediatamente in un aumento dei tassi di interesse

e per questa via inficierebbe da subito la bontà delle previsioni contenute nella legge finanziaria,

innescando un pericolosissimo ed incontrollabile circolo vizioso.

Nei mesi e nei giorni scorsi abbiamo avuto delle significative "anticipazioni" di quale portata devastante, in termini di tenuta della nostra moneta e di livello dei tassi sul debito, possano avere le pressioni speculative, anche qualora si fondino solo su false notizie fatte circolare ad arte.

Sul piano politico, altresì, l'incapacità da parte della maggioranza di portare a casa secondo le previsioni la manovra finanziaria sarebbe un segnale esplicito dell'impotenza politica di uno schieramento, che pure, nel suo insieme, è reduce da una grande affermazione elettorale.

Si aumenterebbero così le difficoltà a resistere alle pressioni di quanti, dentro e fuori le istituzioni, sembrano impegnati con ogni mezzo per la caduta di questo governo e la sua sostituzione con uno schieramento "istituzionale".

Schieramento destinato ad essere nient'altro che la riproposizione di vecchi schemi consociativi, di saldatura tra i veri "poteri forti" di questo paese, e a togliere a molti la speranza ancora viva di una grande stagione di riforme liberali che pure si era annunciata ,

stagione che potrà affermarsi solo in netta contrapposizione a quanto finora la politica italiana ha conosciuto, sia per i metodi che per i contenuti.

Sul fronte delle entrate crediamo che l'impegno a non accentuare la pressione fiscale sia ragionevole, dati i livelli attuali, già assai gravosi.

L'ipotesi avanzata ieri dall'On.Andreatta a nome del gruppo dei popolari di subordinare l'astensione del suo gruppo sull'iontera manovra all'ampliamento della portata della manovra,

anche con modesti ma diffusi interventi sulle imposte indirette, in misura tale da non determinare spinte inflazionistiche, portandone l'ammontare a 60.000 Miliardi,

è un segnale di serietà e di responsabilità.

Il governo e la maggioranza dovrebbero aprire su questo il confronto con il gruppo del Partito Popolare. Purché, beninteso, eventuali maggiori entrate previste vadano a diminuire il deficit tendenziale e non già a coprire nuove spese.

Sul fronte delle spese, nell'impossibilità di porre mano in così poco tempo ad una vera e propria ristrutturazione del complesso degli interventi pubblici(il "costo dello Stato"), il grosso degli interventi previsti sono volti ad incidere sui due capitoli di spesa che presentano la pi· forte e non controllata dinamica di crescita, la previdenza e la sanità. Ragionando in termini "macro" bisogna infatti ricordare che sugli altri grossi capitoli di spesa, retribuzioni (circa 200 mila miliardi) e interessi (circa 175 mila miliardi) i margini di manovra sono pressoché nulli.

Tralascio per ragioni di tempo le valutazioni sul problema degli interventi sulla sanità,

salvo sollecitare fin d'ora il governo e la maggioranza a prendere posizione sul referendum promosso per la primavera prossima che punta ad abolire l'obbligo di contrarre l'assicurazione sanitaria con il Servizio Sanitario Nazionale e non con compagnie private di assicurazione,

posto che quello di stipulare un'assicurazione è destinato a rimanere un obbligo.(Obbligo per altro previsto già dalla prima versione della legge 502/1992, che prevedeva le "mutue private sostitutive", poi divenute "integrative" nel testo finale).

A nostro avviso questa é infatti una via percorribile per l'introduzione graduale di elementi di competizione "guidata" nel mercato delle prestazioni sanitarie, competizione che, oltre a valorizzare la libertà e la responsabilità di scelta degli utenti, produrrebbe benefici effetti sul fronte dell'efficienza.

Sul fronte previdenziale salutiamo con estremo favore il mantenimento da parte del governo dell'impegno ad affrontare in modo risoluto almeno uno degli aspetti del disastro finanziario dell'INPS (deficit tendenziale per il 1995 Lit 81.000 Miliardi), quello della revisione delle pensioni di anzianità.

Fatte salve le modifiche al provvedimento di "blocco", funzionalmente connesso a quello di revisione del trattamento delle pensioni di anzianità,

noi auspichiamo che il provvedimento del governo, che mira semplicemente ad introdurre elementi di calcolo attuariale nel confronto tra trattamenti a parità di versamenti contributivi, venga approvato nella sua integrità.

Ci rendiamo perfettamente conto che la penalizzazione delle pensioni di anzianità,

istituto che almeno nei termini italiani attuali è decisamente sconosciuto all'estero,

rappresenta un duro colpo per le "aspettative" di milioni di lavoratori;

ma siamo altresì convinti che dato il destino di bancarotta a cui sarebbe destinato l'INPS in mancanza di adeguati e tempestivi interventi, intaccare le aspettative di pensione anticipata (che non sono diritti acquisiti) sia un modo ragionevole e responsabile per introdurre un primo elemento strutturale di riforma del sistema, destinato in più· a dare un segnale forte circa le intenzioni del governo.

Bisogna ribadire, infatti, che questo provvedimento è un provvedimento, per così dire, di emergenza, che lascia del tutto intatta la necessità di una profonda riforma strutturale di tutto il sistema previdenziale che dovrà ricomprendere la revisione dell'istituto del TFR e la revisione degli incentivi alla previdenza integrativa;

nonché, ovviamente, l'eliminazione delle situazioni di insopportabili privilegi, di cui godono determinate categorie tra le quali i parlamentari, i consiglieri regionali, i militari, i magistrati, i dipendenti della banca d'Italia .

Un intervento che dovrà accompagnare la riforma del sistema previdenziale italiano è sicuramente quello legato alla separazione tra assistenza e previdenza:

ma lo sbandierare tale necessità come pre-condizione per il risanamento finanziario del sistema pensionistico è del tutto strumentale e fazioso,

dal momento che l'enorme deficit annualmente ripianato dallo Stato (per il 1994, 72.150 Miliardi tra trasferimenti di bilancio e anticipazioni di tesoreria)

evidenzia che anche la sola gestione pensionistica si presenta deficitaria

e ancor più lo sarà in futuro se non vi saranno interventi adeguati).

Di più: allo stato attuale il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD), sarà in passivo di circa 30mila miliardi, pur avendo al proprio interno, del tutto surrettiziamente, anche le "prestazioni temporanee" (assegni familiari, Cassa integrazione, disoccupazione, indennità di malattia e di maternità) che da sole presenterebbero un forte utile.

Viene da dire: a che gioco giochiamo?

Penalizziamo l'assistenza ai cittadini disoccupati e alle famiglie per far fronte al deficit delle gestioni pensionistiche!

Giuliano Cazzola nel suo ultimo libro sottolinea che

se è vero che per la spesa sociale complessiva l'Italia si colloca sui valori medi europei (26,1% del PIL di cui il 93% a carico delle amministrazioni pubbliche),

conserviamo anche qui un'evidente anomalia,

ben il 68,2% di questa spesa viene assorbita dalle pensioni, contro il 51,4 della Francia e il 50,7 della Germania.

Insomma, sembrerebbe proprio che i sindacati, nel loro ruolo debordante di concertazione su tutte le scelte di politica assistenziale (e non solo) dei governi,

nonché di co-gestori dell'INPS,

abbiano molto a cuore gli interessi dei propri aderenti e finanziatori che sono sempre di più i pensionati ed evitino invece di prendere atto che, casomai, è necessaria una redistribuzione delle risorse per l'assistenza anche agli altri cittadini.

A questo proposito sottolineiamo che è in programma il referendum per l'abolizione della cassa integrazione straordinaria,

promosso dai Club Pannella-Riformatori,

abrogazione che garantirebbe l'apertura nel paese del dibattito sulle politiche di "ammortizzazione sociale",

sia per ciò che concerne gli strumenti che i costi.

Concludo con un breve riferimento alla questione dei tassi di interesse sul debito:

da più parti, anche in questo dibattito, è stato sottolineato come questa variabile rischi di essere la Caporetto, non solo per questa manovra finanziaria, ma per tutta la finanza pubblica italiana.

Specularmente, però, proprio la capacità di incidere sul margine "aggiuntivo" dei tassi italiani rispetto a quelli internazionali, al momento superiori a quelli tedeschi di circa il 4%, rappresenta la leva più efficace di cui le politiche di risanamento potenzialmente potrebbero disporre.

Ma il "rischio paese",

di cui gli investitori chiedono la remunerazione,

potrà diminuire solo quando questo paese saprà finalmente esprimere governi "forti",

in grado di dare affidabilità circa la propria durata e capacità di portare a termine senza cedimenti e ribaltoni le scelte di risanamento che vorrà intraprendere.

Un governo, quindi, che non sia soggetto alla conflittualità tra le forze che lo sostengo e che sono in concorrenza le une con le altre,

ma che sappia una volta per tutte far valere la maggioranza dei consensi conquistata nel paese.

Insomma, un vero "governo maggioritario":

anche per questo, soprattutto per questo,

noi riteniamo sia urgente arrivare al compimento della riforma istituzionale in senso maggioritario, uninominalista,

senza più quote proporzionali

e, soprattutto, senza doppi turni.

 
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