Ho sentito parlare di abolizione del valore legale dei titoli di studio, con particolare enfasi, Paolo Radivo; ora Salvidio ripropone l'argomento.Non ho sufficienti elementi di riflessione su questo. Trovo, peraltro, che se si ritiene valido che la scuola sia obbligatoria per un certo numero di anni almeno i titoli di studio relativi a tale periodo un valore legale debbano averlo.
Né vedo - per il momento - quali vantaggi possano derivare dall'eventuale "delegalizzazione" dei titoli superiori.
Non si ritiene, piuttosto, che il titolo di studio della scuola dell'obbligo debba essere condizione - udite, udite - per essere inseriti nelle liste elettorali? In questo senso: tutti i cittadini maggiorenni hanno il diritto di elettorato attivo e passivo se sono in possesso della licenza di scuola media o se, in difetto, abbiano compiuto un certo numero di anni, oppure in virtù di un decreto speciale del Capo dello Stato nell'eccezionale caso di chi, pur analfabeta, si sia distinto per sommi meriti civici. Così, infine, la democrazia sarebbe un po' meno nazional-popolare o nazional-socialista ed un po' più esercizio di consapevole partecipazione.
Rimane un dubbio. Il cittadino analfabeta, oggetto sì dell'aggressione radio-televisiva ma immune da quella dei quotidiani e dei settimanali stampati, non sarà in condizione di deliberare con maggiore cognizione di causa?
Quanto all'essere eletti, ed al fare le leggi, qui per i dubbi non vi è spazio alcuno. Basta vedere come i testi legislativi sono scritti, in Italia in particolare, per capire che una forte percentuale di parlamentari ha con le lettere una frequentazione assai vaga.