La mia "tirata" contro il valore legale dei titoli di studio era volutamente provocatoria. In realtà, io non l'ho col "titolo di studio", bensì con quel meccanismo perverso per cui senza il titolo di studio legale, cioè senza il certificato pubblico di "aver ben studiato", non si può accedere a tutta una serie di lavori.
Questi lavori sono, tutti e senza eccezione, lavori per conto dello stato, cioè assegnati nel pubblico interesse. Proprio perchè assegnati nel pubblico interesse, debbono per forza andare a persone la cui preparazione sia "certificata".
Quindi, se andiamo a vedere come stanno le cose, esiste un legame fra:
"lavori per conto della collettività" e "valore legale dei titoli"
Non è seriamente possibile abolire i secondi senza far perdere importanza ai primi.
Così, svelato "l'arcano", si comprende che dietro il mio furore bonapartistico (cannonate, strade, ecc.) contro il valore legale dei titoli di studio ci cela una ben piu' grande avversione nei confronti dello Stato Datore di lavoro.
In pratica io dico: riduciamo l'intervento dello stato nell'economia ed affidiamo ai privati anche la gestione di servizi ritenuti "di base". In tal modo (e solo in tal modo), il valore legale dei titoli di studio diventerà un orpello superfluo nella maggior parte dei casi.
L'importante, quindi, è vedere il nesso che esiste fra Statalismo e Valore Legale dei Titoli di Studio. Occorre prima ridimensionare la presenza dello stato nell'economia, poi si potrà dire di aver svilito il valore legale dei titoli di studio. Se si procede a ritroso, cioè se si tenta di abolire il titolo di studio "prima" di aver introdotto un autentico liberismo economico, si rischia di fare come con il Ministero dell'Agricoltura, che è stato abolito "prima" che fosse a sua volta cancellata l'agricoltura italiana, con la conseguenza di dover far rinascere il Ministero con un nome diverso appena dieci giorni dopo il referendum di "abolizione".
Sulla idea di A.Stango in ordine alla subordinazione del diritto elettorale al grado di istruzione mi trovo invece in disaccordo.
Per più ragioni, delle quali mi limito a citare solo quelle più
"leggere" (sono on-line).
Anzitutto, l'Italia ha già avuto la dittatura del sangue, la dittatura dei reduci e degli "eroi", la dittatura dei preti cattolici, la dittatura dei preti comunisti. Ora si avvia a sperimentare forse la dittatura dei giudici progressisti. Francamente, la proposta di A.Stango mi sembra racchiudere il germe per una ennesima dittatura, quella dei professori. Dopo la performance alla RAI ed al Governo, meglio i ciabattini...
In secondo luogo, all'epoca delle prime due dittature della serie, quella del sangue e quella dei reduci e degli "eroi", anche gli usceri del Quirinale sapevano citare la Divina Commedia tutta a memoria e i vetturini recitavano i versi di Belli mentre portavano in giro i romani. Eppure, agli italiani la cosa non deve essere piaciuta, perchè prima hanno lasciato spodestare o accoppare tutti i loro colti signori, poi hanno assistito con gusto alla fucilazione dei loro eroi pur di rifarsi una verginità. Ne deduco che l'istruzione non paga, in politica.