Roma 6 dicembre 1994
EX JUGOSLAVIA: BONINO E PANNELLA SCRIVONO A BERLUSCONI
Questo il testo della lettera:
Signor Presidente, in questi giorni Lei si trova a Budapest, per partecipare alla riunione della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; subito dopo, l'8 e 9 dicembre, ad Essen, parteciperà all'incontro dei Capi di Stato e dei ministri degli esteri del Consiglio d'Europa.
I due vertici hanno all'ordine del giorno questioni della massima importanza; ma è facile constatare che l'attenzione dell'opinione pubblica - europea e mondiale - è già concentrata nell'attesa delle indicazioni che verranno direttamente o indirettamente fornite, a Budapest come a Essen, per risolvere il dramma della Bosnia, ormai giunto al suo più tragico epilogo.
L'attesa dell'opinione pubblica è del tutto giustificata e responsabile: perché è ormai a tutti evidente che solo dalle risposte date su questo problema si potrà valutare se l'Europa - con le sue istituzioni, i suoi valori, la sua recente storia di pace e di progresso - è una realtà su cui ancora si possano fondare speranze e valori oppure se la costruzione che fu di De Gasperi, Schumann e Spinelli è miseramente e definitivamente fallito. Per questo, signor Presidente, il Partito radicale transnazionale e transpartito ritiene sommamente importante che la posizione italiana si esprima sulla questione bosniaca al meglio, dando di sé una immagine forte e determinata, aperta verso esigenze politiche ma anche etiche e civili che sappiamo vive a Roma e in tutta l'Europa. Ci consenta anche di esprimerLe la nostra ferma convinzione che sarebbe invece illusorio e profondamente errato, inseguendo presunti valori "nazionali" o prestando esclusiva attenzione ad altrettanto ipotetici interessi "geopolitici", battere stra
de che possano portare al fallimento del progetto Europa e rinfocolare vecchie e nuove tentazioni isolazionistiche.
In questi giorni si sta tentando da varie parti, con spregiudicato cinismo, di avallare la tesi che la pace possa essere raggiunta accettando il fatto compiuto della spartizione della Bosnia-Erzegovina e della creazione della cosiddetta "Grande Serbia", secondo il progetto di Milosevic e del suo regime dittatoriale. Questo progetto significherebbe solo, in realtà, che ormai in Europa, e forse nel mondo, solo la violenza e la deliberata violazione dei patti e dei trattati sono riconosciuti come fondamento dei rapporti tra i popoli. Ci troviamo dinnanzi al ritorno dell'Europa degli anni '30 con, con le sue viltà e i tradimenti dei paesi "democratici" dinnanzi ad Hitler e al nazismo: tradimenti che ebbero le conseguenze che tutti sappiamo.
E' peraltro opinione diffusa che sulla riunione di Essen pesino incertezze che potrebbero portare a sviluppi oggi ancora in buona parte imprevedibili, ma che vanno attentamente seguiti. Non è da escludere infatti (ed è anzi auspicabile) che la tragedia della Bosnia trovi una più determinata risposta in altri Paesi europei tradizionalmente attenti al mantenimento degli equilibri della regione e alla salvaguardia dei suoi popoli più deboli e minacciati: per non parlare delle preoccupazioni ed esortazioni di Sua Santità, che potrebbero ampliare l'onda dell'emozione e del coinvolgimento del mondo religioso, secondo indirizzi ancor più fermi di oggi. Sarebbe grave se dovesse essere proprio l'Italia ad esprimere invece una posizione di retroguardia o rassegnata o pavidamente arrendevole dinanzi alla catastrofe e ai suoi veri autori.
E' comunque certo che in questa vicenda i veri interessi italiani collimano con quelli di lunga scadenza della stessa Europa occidentale: che non può sicuramente abbassare la guardia di fronte a tesi come quelle disegnate dal ministro russo Kozirev o intuibili attraverso le proposte del Presidente Eltsin.
Tutto porta dunque a concludere che la comunità europea ed il nostro Paese avranno assai da guadagnare da una pronuncia sulla questione bosniaca (ed ex jugoslava, non dimenticando l'esplosiva oppressione del Kossovo nell'ambito della "Grande Serbia") finalmente di ampio respiro, ancorata a saldi principi di giustizia, sottratta ad apparenti ma fallaci urgenze "frontaliere" (quali quelle che hanno fatto deteriorare i nostri rapporti con la Slovenia) e insomma riportata su un binario capace di far crescere, in quelle regioni d'Europa, una pace non fondata sul massacro di verità e giustizia e uno sviluppo economico rispettoso delle esigenze della civile convivenza tra i popoli.
Certi di trovare presso di Lei, come sempre, una attenzione puntuale e sollecita, La preghiamo di gradire i nostri più vivi auguri di buon lavoro.
Emma Bonino (Segretaria) Marco Pannella (Presidente)