REFERENDUM, DIRITTI DA TUTELARE
di Mario A. Cattaneo
SOMMARIO: In questo articolo, Mario Cattaneo, ci spiega perchè un "no" della Corte costituzionale si trasformerebbe in una scelta politica.
(Il Sole-24 Ore, 3-1-1995)
Il collega Valerio Onida, in un articolo pubblicato nel »Sole-24 Ore del 29 dicembre 1994, ha discusso da costituzionalista, il tema del prossimo giudizio della Corte costituzionale sull'ammissibilità dei tredici referendum presentati dai riformatori. E giusto quanto scrive Onida, che se i giudici costituzionali (ma il discorso si può allargare a tutta la magistratura, e si fa di pressante attualità) diventano espressione di una parte politica, » non hanno più titolo per giudicare .
Non è però vero, come egli dice, che sia Pannella a voler trasformare i giudici della Corte in una parte politica; in realtà, a me pare che se la Corte decidesse per la non ammissibilità dei referendum, allora essa compirebbe un atto politico, in quanto, bloccando ogni possibilità, da parte dei cittadini, di pronunciarsi pro o contro, implicitamente porterebbe al risultato contrario alle proposte dei referendum stessi; viceversa, se si pronunciasse in favore dell'ammissibilità, essa non compirebbe un atto politico, in quanto non darebbe luogo a una pronuncia in favore dei referendum, ma si limiterebbe a permettere a tutti i cittadini di votare in un senso o nell'altro.
Mi sia concesso un inciso: le prese di posizione dei cosiddetti progressisti - che sono in realtà i conservatori di tutte le vischiosità della Prima Repubblica - riflettono, come anche nell'attuale crisi di Governo, la paura del voto popolare, la paura della democrazia. Nella parte opposta non si è in presenza, come scrive Onida, di "tendenze plebiscitarie" , di cui Berlusconi sarebbe esponente, bensì di fedeltà alla parte migliore della dottrina di Rousseau: la possibilità che la "volontà generale" si formi attraverso la libera espressione della volontà di ogni individuo.
Ma prescindendo da questo specifico punto, il problema di fondo riguarda il principio stesso in sé del controllo di ammissibilità dei referendum da parte della Corte costituzionale, che anche Onida riconosce essere un punto delicato, nel quale si è instaurata una giurisprudenza assai fluttuante. L'articolo I 34 della Costituzione attribuisce alla Corte la funzione di giudicare su tre punti:
1. controllo della leggitimità costituzionale delle leggi;
2. conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, fra Stato e Regioni, e fra le Regioni;
3. accuse promosse contro il presidente della Repubblica e i ministri. E basta. Per quanto riguarda il referendum, l'articolo 75, comma 11, della Costituzione lo esclude per » le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali . Su tutte le altre materie, i referendum sono costituzionalmente legittimi.
Allora, prima di discutere - come in questi giorni si sta facendo - se il presidente della Repubblica possa o non possa influire sulla Corte costituzionale, si deve esaminare un problema che sta "a monte": in che misura la Corte abbia competenza per giudícare l'ammissibilità dei referendum popolari. Se una legge del 1970 le attribuisce tale facoltà, di fatto la Corte costituzionale è venuta allargando, con una giurisprudenza distensiva, i propri compiti in materia - che dovrebbero riguardare soltanto una regolarità formale - in modo abnorme, a mio avviso, rispetto al dettato costituzionale. Mi sembra perciò ovvio e pacifico quanto affermano Onida e in parte Paolo Barile circa l'assenza di un potere di vigilanza da parte del presidente della Repubblica sulla Corte costituzionale per quanto riguarda il suo compito principale e storicamente originario, ovvero il controllo della costituzionalità delle leggi; diversa mi pare invece la situazione in questo caso, perché la Costituzione vieta la dichiarazione di ina
mmissibilità di referendum diversi da quelli indicati nel sopra citato articolo 75 (il quale contiene un'indicazione tassativa).
In questo caso mi pare che abbiano ragione Peppino Calderisi e Marco Pannella, allorché affermano che il presidente Scalfaro potrebbe, nella sua qualità di garante della Costituzione, prendere una posizione volta ad armonizzare fra loro le istituzioni costituzionali. In sostanza, non si tratta di prendere posizione in favore di una parte politica o di un'altra: si tratta di garantire i diritti dei cittadini. Ricordo i giovani - alcuni dei quali studenti della mia università, la Statale di Milano - che raccoglievano le firme per i referendum Pannella dietro l'abside del Duomo, e che furono aggrediti con violenza dagli estremisti del Leoncavallo. Speriamo che il loro entusiasmo e il loro impegno civile non risultino vani.
Mario A. CATTANEO