In un'intervista al "Corriere della Sera" del 29 dicembre Gino Giugni lancia l'allarme a proposito del referendum promosso dal Movimento Pannella contro le "trattenute sindacali". Su un punto certo ha ragione: sull'importanza cruciale di questo appuntamento. Ma, mi permetta di dirglielo, per motivi opposti a quelli da lui avanzati. In gioco è la possibilità rovesciare un ruolo, un modo di essere del sindacato che costituiscono fattori fra i più pesanti di degenerazione corporativo-illiberale della vita italiana, oltre che di corruzione istituzionale del sindacato stesso.
Eccessivo? Con il meccanismo della trattenuta "automatica" attualmente vigente milioni di lavoratori, in genere senza rendersene conto, consegnano agli apparati sindacali una enorme potenza economica e quindi politica su cui non esercitano alcun controllo. Si tratta di un fiume di denaro - certo oltre 1000 miliardi all'anno - di fronte a cui spariscono, diventano una mancia irrilevante, i 92 miliardi del finanziamento pubblico ai partiti che pure gli italiani hanno abrogato per referendum. Il gioco è semplice: grazie alla norma oggi in vigore, chi per una volta, in un dato momento, aderisce a un sindacato autorizza il datore di lavoro a trattenere e a versare direttamente la sua quota di iscrizione. Quel che di solito non si sa è che quella delega è permanente, quell'iscrizione, quel versamento diventano di fatto a vita, rinnovati e ripetuti automaticamente ogni anno. Quanti sono consapevoli - fra gli stessi interessati, innanzitutto - che milioni e milioni di pensionati con questo meccanismo continuano
fino all'ultimo giorno a finanziare i sindacati? Poco vale di fatto, in questa condizione di disinformazione, la possibilità di revocare la delega; anche perché contro questa possibilità vengono opposte difficoltà burocratiche tali da rendere di fatto difficilissimo l'esercizio di un tale diritto.
Alla massa enorme di denaro, e dunque di potere, messo in mano in questo modo agli apparati sindacali non corrisponde alcun obbligo, né ovviamente una pratica, di trasparenza e pubblicità dei bilanci quali, almeno in teoria, la legge prevedeva per il finanziamento pubblico ai partiti. Chiunque comprende che cosa ciò comporti in termini di democrazia, vuoi formale vuoi sostanziale, nella vita italiana, a partire dal mondo del lavoro, ma poi anche in una dimensione più vasta. Questa gigantesca truffa rappresenta il fondamento pratico e il segno emblematico di uno strabordare di poteri non del movimento dei lavoratori ma di un ceto politico-burocratico che vive del e sul movimento dei lavoratori. E' sul fondamento e a partire dalla base di potere così ottenuta che il ceto sindacale ha realizzato e mantenuto il proprio controllo sul sindacato, e insieme dilatato ruolo, funzioni e, appunto, potere del sindacato al di fuori di ogni sana fisiologia delle relazioni sindacali e di una democrazia di diritto liberale
. Ed è questo, come dicevo e chiunque comprende appena vi rifletta, uno dei grandi fattori di degenerazione della vita democratica italiana. Un esempio: la funzione che in questi giorni i sindacati si sono arrogati di dare indicazioni, da partito politico, sulla crisi di governo, incuranti di quali scelte - in misura molto consistente assai diverse - i loro iscritti abbiano compiuto in sede politico-elettorale, cioè nella sede propria delle scelte politiche. Un altro esempio: il potere di vero e proprio governo, politico, amministrativo e gestionale, che i sindacati si sono conquistati nella e sulla scuola, complici forze politiche e ministri ignavi o impotenti, con gli effetti di stravolgimento nella realtà della scuola che sono sotto gli occhi di tutti.
Abrogare, come chiede il referendum, la ritenuta automatica a vita significa aiutare il sindacato a ritrovare se stesso e la propria natura, costringendo la sua dirigenza a conquistarsi ogni giorno il consenso dei lavoratori, attivando dinamiche di trasparenza e dunque di democrazia sindacale. E l'indicazione politica generale che ne deve uscire - se ci sarà, da ogni parte, un minimo di saggezza nel condurre il confronto - è quella di ricondurre il sindacato al ruolo suo proprio, vitale per la democrazia; fuoriuscendo dal quale il sindacato inquina se stesso e le istituzioni.