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Conferenza Movimento club Pannella
Re Nudo Giovanni - 5 gennaio 1995
Dopo l'uragano

Caro Angiolo,

sarebbe bello dare luce e nutrimento a un dibattito, qui su Agorà, su ciò che è accaduto e su tutto il resto (ciò che non è accaduto), se non altro per il fatto che qui si deve usare lo scritto, la sintesi, e si può rileggere, cose che non si possono fare ascoltando la radio, mezzo irreversibile, e gli interlocutori di Roma (certuni del tutto incomprensibili, non voglio dire fumosi, come il compagno milanese Maxbruschi --- compagno al quale oggi stesso ho chiesto, sotto la tenda di sanbabila, che cosa significasse il suo primo intervento di martedì pomeriggio, ottenendo per sua risposta solo una brutta occhiataccia)...

Ma mi appare alla mente un problema di fondo: quello della cultura, della informazione, della preparazione, necessarie per affrontare questioni importanti e gravi e ricche di sfumature e significati e interpretazioni possibili. Io ho ascoltato praticamente ininterrottamente la radioradicale del dicembre del 1987 al maggio del 1993, mi sono ascoltato di tutto, Pannella, democristiani, proibizionisti, fascisti, giudici, intervistatori, preti e politici, mafiosi; sono stato iscritto al Pr nel 1988, 89, 91, 92, 93, 94, al Cora, al Club, all'Associazione milanese, all'Arcod (!!!), ho firmato e fatto firmare referendum, ho aperto e chiuso tavoli, ho ritirato certificati, ho parlato con la gente, mi sono innamorato... Insomma, ho fatto tutto. Ma non ho ancora chiare alcune cose, che elenco qui sotto, dall'intervento di Angiolobandinelli:

--- Cosa vuol dire essere "parlamentari radicali"?

--- Cosa è il "partito della parola"?

--- Cosa è il "vecchio/eterno partito radicale"?

--- Cosa dicono Rossi, Carandini, Calogero?

Secondo me il tutto si gioca su queste quattro domande, che per me non hanno una risposta "precisa". Hanno delle risposte, ma le considero, per parte mia, delle risposte aleatorie, che lasciano il tempo che trovano. Mi manca la chiarezza, mi manca una chiarezza di visione sull'evoluzione dei fatti. Mi mancano preparazione, cultura e informazione. E di certo i "dirigenti", vecchi e nuovi, non mi aiutano, coi loro interventi nelle assemblee e nei consigli generali o nei congressi.

Io scommetto che NESSUNO dei sette segretari nazionali sappia rispondere onestamente a quelle quattro domande. Cosa volete che ne sappiano gli sciagurati che fanno i tavoli, le fiaccolate, i digiuni?

E allora, come fare a parlare di organizzazione, di forma-partito, di iniziative, tra persone che non ne sanno assolutamente nulla? E teniamo presende che poi costoro che non ne sanno nulla SARANNO QUELLI CHE DECIDERANNO!

Ad un certo punto del discorso mi verrebbe da dire: ma guarda, quelli che ne sanno qualcosa, se ne stanno fuori (vedi AngioloBandinelli: secondo me lui ne sa molto e di più, ma non è nella segreteria, non è nel consiglio, è un semplice osservatore).

Ora, la questione della leadership va inquadrata in un contesto più ampio: per esserci un leader ci vuole anche un leaded, colui che viene guidato. Coloro che vengono guidati dal leader devono darsi una organizzazione, per funzionare, per partecipare. Se non ci si dà ciò, cioè se non si forma un gruppo, un aggregato di persone, di club, che si dà da fare appresso al leader, il leader non serve a nulla: leader di che?

Ma qui nasce un problema; è "democratica" una cosa del genere? la mia risposta è no. Non può essere democratica. Un leader non ammette democrazia, altrimenti che leader sarebbe? Non ci sarebbe bisogno di un leader, basterebbe la democrazia.

Invece noi viviamo in una condizione di profonda lacerazione interiore (l'intervento di Stanzani di ieri alle 13 è stato emblematico in questo senso): da un lato vogliamo la democrazia (vogliamo criticare, partecipare, dire sì o dire no), dall'altro siamo con un leader, geniale, carismatico, Pannella, a cui non si può dire né sì né no, il semplice fatto di essere con lui dovrebbe bastare.

[Mi ricordo sempre di alcuni ragionamenti di Giorgio Inzani, che mi ripeteva sempre: "Vedi, quello lì è un vulcano, è un vulcano in eruzione... Gente così ne nasce uno ogni cinquant'anni, e noi dobbiamo ritenerci fortunati ad averlo con noi... ognuno di noi si deve assumere le proprie responsabilità, e agire di conseguenza".]

Invece no. Non basta. Quanta gente si è avvicinata a noi e poi se n'è andata? Perché?

Quanti soldi, energia, PAROLE, abbiamo impiegato attorno a questo problema, senza mai arrivare ad una soluzione, ad un dato di fatto preciso? [Congressi, consigli federali, congressi italiani, assemblee, consigli generali...]

E gli scazzi irrisolvibili tra i compagni della sedecentrale romana e i compagni del resto d'italia, primi fra tutti i milanesi, ne vogliamo parlare?

Il vero nodo da sciogliere, a mio parere, è: perché noi siamo sempre in queste condizioni di contrapposizione tra Pannella e il partito dei suoi compagni?

E' indubbio che l'uomo (il Pannella) abbia mani capaci, genio gigantesco, visione chiara e netta dei problemi politici, dei fatti concreti, della situazione reale, PER TUTTO QUELLO CHE RIGUARDA LE COSE DA FARE SUL PIANO POLITICO, sulle leggi da fare per rendere questo Paese un po' più umano, un po' più giusto, un po' più accogliente, un po' più libero per farci vivere dentro delle persone felici.

Possiamo dire lo stesso per quello che riguarda il piano organizzativo, interno al partito, di comunicazione?

Io dico di no. Per quanto riguarda l'organizzazione del movimento politico Marco ha sempre fallito, nel senso che ogni due o tre anni ha "imposto" cambiamenti, allo statuto, agli organi, agli obiettivi, insomma alle "forme" del partito, del movimento, insomma a quelle realtà associative che danno forza e gambe alle sue idee e iniziative. Mi riferisco alle varie modifiche allo statuto del partito negli anni ottanta (partiti regionali), al transnazionale, alle liste del '89, alle associazioni di coordinamento su temi singoli, ai club, al movimento dei club... E' sempre stato un continuo andare alla ricerca di nuove formule, nuovi sistemi, nuovi tipi di aggregazioni, che hanno dato prova di sé solo sulla carta, cioé non hanno consentito il nascere di qualcosa di chiaro, stabile, aperto, democratico (non so però se potrà mai esistere sulla terra qualcosa di simile). Tanto è vero che siamo sempre a chiedere soldi, iscrizioni, aria per respirare, sempre sull'orlo del tracollo (che non c'è mai!). Come si fa a far n

ascere qualcosa di concreto su scala nazionale, qualcosa di importante che possa incidere veramente sui cittadini, se siamo sempre in queste condizioni "aleatorie"?

E la cosa grave è che nessuno è mai riuscito a proporre qualcosa di nuovo, di alternativo a Pannella, su questi problemi più pratici, più terra-terra, ma per niente trascurabili. Cioé, alla fine della storia, ai voti, sempre le proposte pannelliane risultano vittoriose. E allora? Che fare?

Mi sembra di capire che i problemi grossi, come ricorda Angiolo, sono nati da quando si è presenti in parlamento sotto ai simboli radicali (Pannelliani, si intenda bene).

Oggi però i "nostri" parlamentari non sono più stati eletti sotto ai simboli radicali, ma sono stati eletti da una coalizione --- come ha spiegato BENISSIMO Capitan Berlusca ieri sera su Raidue --- che li ha portati davanti a centomila elettori a chiederne il voto. Il caso ha voluto che nella mia città Berlusconi candidasse un certo Marco Taradash, e so io cosa abbiamo passato.

Marco è stato eletto con il 48% dei voti, il candidato delle sinistre è arrivato secondo con il 33%, il fascista alleato nazionale ha preso il 7%, il notaio popolarpattista ha preso il 12%. Devo dire che la gente del mio collegio non ha votato certo Taradash perché è Taradash, se non in piccola percentuale, ma l'ha votato perché affianco al suo nome c'erano i simboli di Forza Italia e Lega Nord. Questa è una verità INCONTESTABILE!

Dunque, come facciamo a dire a questi parlamentari, a ricordare loro, che la leadership è sempre di Pannella, e che se lui --- in quanto leader --- opta per una scelta di dimissioni, occorre seguire il leader e dimettersi? Come facciamo?

Siamo in una situazione in cui il concetto di leader/partito/gruppo parlamentare si può ancora applicare?

Per suo canto, Pannella non ha fatto altro che porre il problema: sono ancora io il leader di una forza politica che ha alcuni deputati eletti, o i miei deputati eletti non riconoscono in me alcuna leadership, tanto che quello che io consiglio non viene seguito?

E la risposta che lui ha dato è che non gli è riconosciuta più alcuna leadership, e dunque si è dimesso.

Ma che c'entra tutto ciò con il Movimento? Che se ne frega il Movimento dei Club dei parlamentari eletti e di quello che fanno? Non deve occuparsi il Movimento di altre iniziative, extraparlamentari?

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Spero di non aver fatto troppa confusione, mi piacerebbe avere un po' di chiarezza. Non abbiate paura ad indicarmi dove sbaglio. E vi ringrazio.

PS: in relazione alla mia domanda posta in un intervento precedente (Uno può definirsi LIBERALE E CATTOLICO?), oggi pomeriggio ne discutevo sotto la tenda, mentre un signore che stava firmando ad un certo punto alza la testa e dice:

-- Eccomi qua, presente, io sono un liberale e un cattolico

-- Mi scusi, ma non è possibile. Se lei è un liberale, dà diritto ad ogni individuo di esprimersi liberamente secondo la sua consapevolezza, non secondo il suo credo religioso

-- Beh, ma il piano politico è diverso dal piano religioso!

-- Sì, ma il piano della vita non è uno solo?

-- Ho capito, però se uno vuol seguire una moralità dettata da una fede è libero di farlo

-- D'accordo, ma un deputato cattolico, messo di fronte a una decisione su una legge che riguarda una libertà personale (droga, aborto, divorzio ecc...), che fa? Può essere anche liberale?

-- Beh, io ho votato contro l'aborto, per esempio.

-- Allora non è un liberale. Se non vota una legge per dare il diritto alla donna di scegliere se seguire o no un dettato morale-religioso, che liberale è?

-- Ma anche il bambino ha il diritto di scegliere, se abortisci non gli dai nessun diritto.

-- Ma se la madre non lo fa nascere, che diritto potrà mai avere?

-- Vabbe', lì occorre decidere se il bambino acquista diritto nel momento in cui è concepito o nel momento della nascita vera e propria.

-- E chi lo decide? La madre o Dio? Se lei fa decidere la madre, si comporta da liberale, se fa decidere Dio (che non esiste neanche) si comporta da cattolico, le due cose insieme non sono possibili.

-- Intanto, che Dio non esista lo dice lei... Però ci sono delle contraddizioni. La verità assoluta, del resto non esiste...

-- Io dico che Dio non esiste, e siccome io sono un liberale per me non esistono problemi di verità assolute. Qui il problema è della libera scelta degli individui, cioé se gli individui sono liberi di scegliere della propria vita o no.

-- Vabbé, sono liberale in parte, su certe scelte morali non lo sono.

-- Non vale molto il suo essere liberale, anzi lei è un quasi-liberale, non è un liberale.

-- Beh vabbé, arrivederci.

-- Arrivederci.

Il signore poi se n'è andato. Però con il sorriso sulle labbra. :-)

[Del resto non disse Nietsche "Dio è morto e l'uomo è libero"?]

 
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