Roma 8 gennaio 1995
REFERENDUM: I SI' DEI PROFESSORI MARIO BERTOLISSI E GIORGIO LOMBARDI
Sui referendum elettorali Radio Radicale ha raccolto le seguenti opinioni:
MARIO BERTOLISDSI, ordinario di Diritto Pubblico a Padova.
"Fermo restando la complessità del problema e la possibilità di prospetare in modo argomewntato soluizioni favorevoli o non favorevoli all'ammissibilità, ritengo che la prospettazione svolta nella memoria presentata alla Corte Costituzionale da parte del Comitato promotore, sia persuasiva e in ogni caso esponga argomenti tali da consentire alla Corte di dichiarare ammissibili le richieste referendarie volte ad abolire la quota proporzionale".
GIORGIO LOMBARDI, ordinario di Diritto Pubblico camparato, Università di Torino:
"Premetto che sono stato fin da tempi non sospetti sostenitore del sistema elettorale maggioritario basato sul collegio uninominale. Ciò consente una più forte caratterizzazione della sovranità popolare nel momento massimo della sua espressione.
Aggiungo anche che ho firmato questo referendum.
Penso che anche da noi il popolo debba decidere al momento delle elezioni non solo chi vince ma anche con quale programma e da quale persona sarà governato, in modo da ristabilire il circuito potere-responsabilità che il sistema proporzionale aveva offuscato.
Da noi purtroppo i referendum è circondato da molte diffidenze, quasi che il sovrano, che è il popolo, sia considerato non pienamente capace di intendere e di volere. Un Principe sotto la tutela di reggenti diversi. Ed è proprio a questo Principe che la Corte Costituzionale dovrebbe restituire lo scettro.
La Corte Costituzionale ha già fatto compiere un grande progresso alla nostra democrazia quando ha considerato ammissibili i quesiti referendari di cui si era fatto portatore l'on. Segni. Questo è un precedente importante, ma ambiguo. La ratio decidendi dei referendum di allora e di quelli attuali può apparire molto prossima, se non identica, ma il fatto di partenza, vale a dire la fattispecie concreta dello stato della legislazione in rapporto al quesito, è diversa, le due situazioni sono diverse.
Un precedente è cogente quando non solo la ratio decidendi è analoga, ma quando esiste identità o stretta analogia dei fatti giuridici di riferimento. Quando questa manca, è difficile invocare il precedente.
Gli inconvenienti riconosciuti dalla Corte per i referendum Segni - ma che non le impedirono di ammettere il quesito referendario - erano diversi, a mio parere, da quelli ora presenti nelle attuali richieste referendarie.
La vittoria del sì comportava allora una mutilazione della legge elettorale ma non tale da esigere assolutamente delle modifiche istituzionali e normative per consentire lo svolgimento delle elezioni. Tali modificazioni ci furono, come tutto lascia supporre vi sarebbero anche nel caso attuale non solo pe un dovere costituzionale, ma anche soltanto in base al principio fondamentale di lealtà istituzionale che lega gli organi supremi dello Stato."
ROBERTO TONIATTI, ordinario di Diritto Costituzionale dell'Università di Trento:
"Sembra giuridicamente fondata l'aspettativa di un giudizio di ammissibilità della richiesta di abrogazione referendaria della quota proporzionale della legislazione elettorale. In altre parole esistono fondate ragioni sia "desumibili dall'ordinamento costituzionale", alla pari dei parametri aggiuntivi elaborati dalla Corte, sia in conformità con la giurisprudenza stessa della Corte che consentono a quest'ultima di utilizzare nel senso dell'accoglimento quel margine di discrezionalità che gli è proprio.
Non mi sembra che l'eventuale abrogazione popolare della quota proporzionale implichi di per sé la impossibilità di procedere a nuove elezioni, in quanto è chiaro che, fino a quando non esista una nuova legislazione applicabile, si continua ad applicare quella precedente. L'effetto abrogativo non è immediato. Teniamo presente oltretutto che oltre ai 60 giorni disposti dalla legge, durante i quali il Presidente della Repubblica può sospendere l'effetto abrogativo, è già successo che si siano ulteriormente prorogati i termini. Nel 1993 la Corte ammise il referendum Segni, pur parlando di inconvenienti neppure secondari che si potevano verificare. Ma evidentemente allora ritenne prevalente, nell'ambito dei valori costituzionalmente protetti, la garanzia della effettività del diritto di partecipazione democratica attraverso i referendum."
NICOLA ZANON, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all'Università Bocconi:
"Secondo alcuni autorevoli commentatori la normativa di risulta, di per sé, non consentirebbe lo svolgimento delle elezioni. Sia consentito avanzare qualche dubbio su questa ricostruzione.
Innanzitutto, l'inconveniente lamentato si verificherebbe anche nell'ipotesi che fosse non già il corpo elettorale tramite referendum, bensì il legislatore parlamentare stesso a modificare l'attuale normativa elettorale. Se il Parlamento decidesse in futuro di modificare le vigenti leggi elettorali per quanto concerne la quota rispettiva di parlamentari eletti con il maggioritario e con il proporzionale, allo stesso modo vi sarebbe uno iato temporale inevitabile tra la modifica della legge elettorale e l'adeguamento susseguente dei collegi. Se ne dovrebbe forse dedurre che anche il legislatore parlamentare non può mai modificare la legge elettorale da lui stesso elaborata? Certamente no. Ma, allora, non si comprenderebbe perché mai ciò che non è vietato al legislatore parlamentare debba esserlo al corpo elettorale.
Il fatto è che la stessa legge elettorale ora in vigore aveva previsto il problema. L'articolo 10 della legge n.277 del 1993 stabilisce proprio che fino a quando il governo non ridisegna i collegi elettorali si continua ad applicare la vecchia legge e le eventuali elezioni si possono svolgere con le vecchie regole. Questa non è una regola transitoria: essa invece è espressione del fondamentale principio di continuità di esistenza ed operatività degli organi costituzionali. I referendum elettorali dovrebbero pertanto essere ammissibili."