Roma, 28 febbraio 1995
"Sono notoriamentel'ultimo ad avere nei confronti del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro un atteggiamento e convinzioni meno che rispettose e fiduciose. Ma la scelta legittima, ancorche' opinabile, di esercitare poteri diarchici rispetto ai governi e ai partiti (secondo l'articolo 49 della Costituzione), lo fa naturalmente incorrere in rischi gravi di errori e di contestazioni conseguenti.
Oggi il Presidente Scalfaro ha infamato - pur senza nominarlo - con noi Leonardo Sciascia, una delle piu' limpide e forti testimonianze civili italiane in patria e nel mondo intero, affermando che quanti dissero - negli anni settanta - "ne' con lo Stato ne' con le BR" dettero vita "al momento piu' alto della vigliaccheria".
Fu subito chiaro - e chiarito se fosse stato necessario - che Sciascia e tutti noi intendevamo e non potevamo non intendere, "questo" Stato. Quale Stato? Quale, Presidente Scalfaro?
Uno Stato che, con la P2 e la politica infame del periodo di cosiddetta "unita' nazionale", in convergenza con le BR e con accertate zone di soggettiva complicita' con esse, armo' le P38 o ne potenzio' la micidiale e ignobile forza. Uno Stato che era al culmine di Tangentopoli in cui le istituzioni furono spesso, esse, fuori - legge; con un Parlamento, introvabile strumento e killer del regime partitocratico, nelle sue caratteristiche letteralmente criminali. Uno Stato che fu omogeneo al disegno dell'assassinio di Aldo Moro o di tanti altri, con episodi infami, golpisti, eversivi come quelli compiuti il 12 maggio del 1977, con tutti - purtroppo, allora, anche il deputato Scalfaro - silenziosi dinanzi alla strage di legalita', di verita', di democrazia, di complicita' con la mafia e la peggiore criminalita' con la sua Destra, il suo Centro, la sua Sinistra.
Occorre assolutamente che il Paese abbia memoria della sua vera storia, esattamente opposta a quello che continua ad essere ufficiale. quella moralmente e civilmente salvata dalla testimonianza, dall'opera, dalla parola di Leonardo Sciascia; e, me lo si consenta, nostra."