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Colombo Emilio - 2 marzo 1995
L'appuntamento con i referendum è una mina per Fininvest e sindacati

di Marco Palocci

(il Sole-24 Ore, mercoledí 1 marzo 1995)

ROMA - Se ne parla pochissimo, quasi per nulla. Qualche articolo per raccontare le polemiche sullo spot di autopromozione della Fininvest, un trafiletto qui e là per riferire dei progressi della commissione Lavoro del Senato che sta preparando un testo di legge per evitare la consultazione popolare su rappresentatività e contributi sindacali. Ma in realtà i nove referendum "approvati" dalla Consulta il mese scorso, ed ora quasi dimenticati, stanno giocando un ruolo tutt'altro che secondario nella partita politica di questi giorni. E potrebbero giocarne uno ancora maggiore se l'appuntamento con il voto referendario (che dovrà essere fissato per una data compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno) non sarà fatto slittare dall'appuntamento con le politiche a giugno. Anche perché i sondaggi piú o meno clandestini svolti da promotori ed oppositori, disegnano un risultato ancora incertissimo per tutti quelli a piú forte connotazione politica.

I quesiti che scottano sono ovviamente innanzitutto quelli sulla regolamentazione del sistema radiotelevisivo. Sono quattro in tutto ma i piú dirompenti sono i tre appoggiati dai progressiste che propongono di modificare la legge Mammí per ridurre ad una le reti Fininvest, limitare la raccolta pubblicitaria di tutte le concessionarie che raccolgono inserzioni per reti Tv nazionali e vietare l'interruzione pubblicitaria dei film (quest'ultimo è l'unico per i quali le società di statistica prevedono al momento un risultato abbastanza sicuro con i sí attestati attorno ad un solido 70%).

"L'obiettivo è quello di distruggerci cercando magari di trasformare la consultazione in pronunciamento pro o contro Berlusconi", accusa ormai da tempo la Fininvest. Ed i rischi per l'ex presidente del Consiglio e le sue aziende sono talmente evidenti che da tempo le sinistre accusano l'ex presidente del Consiglio di giocare il tutto per tutto sulle elezioni a giugno anche per evitare di correrli.

Ma anche gli oppositori del Cavaliere hanno un punto debole nella partita referendaria. E cioè i due quesiti (di cui uno, già rinviato in passato) che riguardano il sindacato. Con il primo si chiede di abolire la possibilità di operare la ritenuta sindacale direttamente sulla busta paga, con l'altro di permettere a qualsiasi gruppo di lavoratori che si qualifichi come rappresentanza sindacale aziendale di essere ammesso alle trattative con la controparte senza alcun controllo sul suo grado di rappresentatività. Secondo i primi sondaggi informali anche su questi temi l'esito della consultazione sarebbe incertissimo. E piú che l'effetto pratico potenzialmente deflagrante di una loro approvazione, ciò che fa più paura non solo a Cgil, Cisl e Uil è il rischio che, come per i quesiti sulla Mammí, la consultazione travalichi il valore delle norme in discussione e diventi una sorta di pronunciamento pro o contro il sindacato. Non a caso, quando nelle settimane scorse il segretario del PdsMassimo D'Alema sembrò

aprire uno spiraglio sul voto politico a giugno, in molti indicarono anche nella richiesta della Cgil di evitare questa prova uno dei motivi dell'apertura poi smentita.

Dunque, in teoria, farebbe comodo a tutti (o quasi) evitare questo appuntamento. Ma in pratica, se non arriverà il voto politico a giugno ad imporne lo slittamento, molto probabilmente dopo le regionali e le comunali si voterà anche per i referendum. Il Senato in questi giorni, con il placet del Governo, sta lavorando per approvare una normativa che faccia slittare quelli sul sindacato. Ma i tempi sono ridotti e sono in molti a scommettere che il Polo delle Libertà difficilmente accetterà che siano tolte le castagne dal fuoco solo al sindacato e non anche alla Fininvest. Ma per toglierle alla Fininvest bisognerebbe approvare nel giro di pochi giorni una riforma della legge Mammí. Un evento tutt'altro che probabile, nonostante proprio oggi si insedi la commissione voluta dalla presidente della Camera Irene Pivetti salutata dalla disponibilità di massima ad una discussione da parte di entrambi i fronti: "Per noi sarebbe meglio risolvere il problema con una buona legge. Ma non faremo nessun baratto, non te

miamo i referendum", afferma Vincenzo Vita, responsabile del Pds per i mass media e membro del comitato promotore dei quesiti sulla Mammí. E la posizione della Fininvest è esattamente speculare. Dice Carlo Momigliano, vicedirettore generale di Publitalia: "Da parte nostra c'è la disponibilità a discutere già espressa da Fedele Confalonieri. Ma la proposta del Pds di lasciarci solo una rete non è una base di trattativa possibile. Se si vuole discutere bisogna farlo si basi realistiche. Altrimenti meglio i referendum: rischieremo noi ma rischierà anche chi li ha promossi".

 
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