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[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Movimento club Pannella
Depetro Alessandro - 9 aprile 1995
Riporto una pagina molto significativa, che in questi ultimi giorni ho
riletto e che trovo molto significativa in merito alla questione

socialista e liberale.

LA NONVIOLENZA: IL CROMOSOMA RADICALE

di Roberto Cicciomessere

Se qualcuno volesse definire il "pensiero" del Partito radicale, se

volesse cioè isolare il "cromosoma" di cui è rilevabile l'impronta in

ogni sua espressione politica e scoprire la ragione essenziale e

costitutiva del "fenomeno" radicale - nel suo esatto significato

scientifico, di manifestazione degna di osservazione e di cui si

studiano le cause - dovrebbe soffermarsi in primo luogo sul significato

della scelta nonviolenta. Dovrebbe chiedersi perché un partito di

rigorosa osservanza laica a pieno titolo testimone della cultura

occidentale abbia scelto di rischiare il ridicolo affidando

all'immagine un pò naif di Gandhi la sua rappresentazione esterna,

facendone il proprio simbolo.

Scoprirebbe così che la "posta" della scommessa radicale, che ha spinto

- quasi trent'anni fa - persone di diversa estrazione politica, ma con

identica fede nel socialismo liberale, ad associarsi nell'impresa

radicale, era quella di dare compiutezza alla "democrazia politica".

Erano convinti che ciò sarebbe stato possibile solo se fossero riusciti

a far penetrare nella civiltà del nostro tempo la cultura della

nonviolenza politica; se fossero cioè riusciti ad affermare l'urgenza

politica di non rassegnarsi ad accettare la violenza, verso la persona,

la società e lo Stato, o anche verso il suo ambiente naturale, come

tributo storico obbligatorio da pagarsi in nome della civiltà, della

rivoluzione o del "progresso".

Per vincere questa scommessa dovevano interrompere la continuità

storica con quei filoni prevalenti, sia della cultura liberale che

della socialista, che postulavano il "dovere" di prendere le armi

contro il nemico della patria o di classe, e che associavano

indissolubilmente alla affermazione della giustizia la decapitazione

dell'ingiusto.

Con sofferenza, i migliori esponenti di queste culture vivevano la

contraddizione fra i motivi ideali ed iniziali della Rivoluzione -

quelli di fratellanza, di uguaglianza, di libertà e di tolleranza - e

la dura necessità di doverli negare nella lotta armata,

nell'esaltazione della violenza giusta, spesso nel terrorismo. Ma si

rassegnavano a pagare il tributo di sangue e l'amputazione di valori

perché accettavano come insuperabile la contraddizione ideale fra mezzi

e fini, in quanto l'unica alternativa concepibile appariva essere

un'altra forma di rassegnazione, ancora più violenta: l'accettazione

passiva dell'ingiustizia, del totalitarismo, dello sfruttamento...

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Forse Salvidio, non comprende che Pannella immedesima quella stessa

fede nel socialismo liberale citato da Roberto Cicciomessere e confonde

questo con quello. E' quindi, secondo voi, legittimo sostenere che una

persona, per fare piacere ai suoi elettori debba oscurare la propria

storia, solo perchè la parola "socialista" è passata di moda o ricorda

troppo da vicino l'esperienza di un passato regime che ha in gran parte

(e qui Salvidio ha ragione) obnubilato il cervello di molti, ma che non

ha nulla a che vedere con il socialismo, appunto "liberale", da cui

proviene Marco? Attenti, però. Qui si parla dell'identità politica di

una persona dabbene, di un leader nonviolento, non di un colpevole o di

un peccatore o peggio di un incapace in termini di comunicazione. E il

diritto all'immagine e all'identità? Non è che andare in TV sia poi

così facile come Salvidio pensa. Roberto Cicciomessere, proseguendo nel

suo intervento pone anche l'accento sulle "nuove forme di espressione

di dialogo quando la violenza del Quarto Potere (la stampa,

l'informazione) diviene più sofisticata". Forse Salvidio non apprezza

il modo in cui Marco va in TV, perchè è proprio la TV a trasmettergli

questa impressione, a manipolare e strumentalizzare le sue parole, la

sua immagine. Ma allora a cosa servono le critiche di quel tipo? Non

certo ad aiutare la Lista Pannella. Non certo a fare comprendere agli

italiani che tante moine e tanti salamelecchi "polari" nascondono per

davvero un modo di intendere la politica confuso e inconcludente.

Quanti, come diceva Pannella da Nuccio Fava, dei 44 o 45 milioni di

elettori italiani, sapevano fino a quella sera che egli si presenterà

in Lombardia e in Puglia?

Quanti passaggi ha avuto Prodi in TV e sulla carta stampata con la sua

carovana di ulive e ghiande, con scene preparate a regola d'arte per

far vedere che la gente acclama al suo passaggio? Eppure, io il

programma, gli obiettivi del nuovo "spremi ulive" manco li conosco

(posso solo immaginarli!), non ha detto nulla che poi si trasformi in

qualcosa di concreto per il Paese. Marco, di tutto questo, non può

essere accusato. Sarebbe ingiusto, irrazionale. Semplicemente falso.

--- MMMR v3.60unr

 
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