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Conferenza Movimento club Pannella
Gentile Guido - 28 aprile 1995
II) FINE DI UN CLUB PANNELLA-RIFORMATORI
* Lettera di Paola Di Giuseppe.

Treviso, 25 marzo 1995

A MARCO PANNELLA

A RITA BERNARDINI

A EMILIO VESCE E MARIA GRAZIA LUCCHIARI

Trovo oggi il mio nome sulla lista per le elezioni regionali nel Veneto, pur avendo, in data 23 c.m., comunicato a Maria Grazia Lucchiari ed Emilio Vesce che non intendevo più candidarmi per ragioni che ho opportunamente ed ampiamente illustrato. Non avrei, quindi, firmato l'accettazione di candidatura.

Capivo l'inevitabile disagio arrecato da una modifica della lista in tutte le sedi regionali, ma mi chiedevo anche se non fosse ricattatorio nei miei confronti attribuirmi la responsabilità di conseguenze alle cui cause avevano concorso l'irresponsabilità e la leggerezza, o forse altro, di altri.

Constatare che, nonostante i tentativi di far capire le mie ragioni, si è continuato a far finta di nulla, anzi si è finto di capire che mi riferissi solo alla lista per la provincia, mi fa concludere quanto segue:

a- le ragioni della "Real Politik" (o bassa politica) sono sempre quelle che prevalgono.

b- cè ancora tanta gente che "emette silenzio", ma forse non è quella che pensavate voi.

c- come diceva Sciascia "la difesa della verità è più dimessa e meno trionfalistica dell'affermazione della menzogna".

Tanto basta. Potrei difendermi per l'uso illecito del mio nome.

Non lo farò perchè ho smesso di credere nella possibilità di una giustizia giusta quando ho visto che anche chi urla agli altri "ladri di verità" qualche volta farebbe bene a tacere.

Quanto alle ragioni che mi hanno convinto a non partecipare alle elezioni, credo sarebbe utile esercizio di riflessione per qualcuno interrogarsi sulle motivazioni della sua militanza politica.

Il Club della Marca Trevigiana aveva condotto trattative con forze politiche locali (Verdi, Nuova Democrazia, Insieme per la Marca) molto disponibili a creare un'area laica, libertaria, ambientalista.

La prospettiva (non accettando un simbolo unico) era di muoversi con liste autonome convergendo sul candidato presidente alla Provincia.

Tale proposta, messa nelle mani di Vesce il 16 marzo perchè la riferisse a Roma l'indomani, è stata totalmente ignorata, al punto di non meritare neppure un "NIET" che potesse essere riferito agli altri che intanto restavano in attesa di risposta.

Non basta. Mercoledì 22, come se niente fosse stato, qualcuno mi comunica che il Lamedica, già dimissionario dal Club, ha le liste pronte e risulta la sua autocandidatura alla Presidenza della Provincia.Non ritengo di poter condividere quanto è avvenuto, nè nel merito nè, a maggior ragione, nel metodo che ho creduto di poter definire "doroteo". A chi risalga la responsabilità di un comportamento politicamente miope e senz'altro scorretto nei riguardi del Club, miei e di gruppi politici trevigiani, sarebbe utile esercizio stabilirlo, non per sciocco gliustizialismo ma perchè non condivido la risposta di Vesce "...non è colpa di nessuno...". Sa troppo di vecchi tempi, di democristianume e dintorni.

Ad ogni buon conto, il lavoro costruito nel tempo dal Club rimane patrimonio acquisito al Movimento, per la serietà, la capacità e l'impegno di gran parte dei suoi militanti.

Chi, come Lamedica, ha creduto di poterlo utilizzare per scopi non in linea con le sue ragioni fondanti, si è autoescluso, pur continuando, purtroppo, a condizionarne la vita al punto di decretarne la morte.

Per quanto mi riguarda, ho imparato da questa esperienza tanto quanto basta per non aver più nessuna voglia di ripeterla, pur non rinnegando assolutamente nulla delle idee che danno vita al Movimento e che non sempre trovano degna rappresentanza.

Paola Di Giuseppe

via Manzoni, 25

31100 Treviso

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* Lettera ai compagni, di Paola Di Giuseppe.

Treviso, 26/04/95

Ora che le elezioni hanno dimostrato l'inconsistenza in termini di suffragio popolare del Movimento, credo ci si dovrebbe interrogare sul perchè, dandosi risposte non solamente consolatorie, scoprendo alcune verità scomode ma che bisogna pur dirsi, se si vuole tentare di capire.

Non voglio però allargarmi a valutazioni globali del fenomeno, su cui ho, comunque, delle teorie.

Ripercorro, invevce, le vicende del Club di Treviso, anche perchè credo che vi si possano cogliere linee di tendenza e segnali evidentemente riconducibili a trend su scala nazionale.

Dunque, nasce il Club con formale atto costitutivo nel settembre '94, dalla spontanea adesione di un gruppo radicale aggregato fin dall'anno precedente, oltre che su iniziative del P.R., sul progetto dell'ottobre '93 "per il Partito Democratico" e sul lancio dei 10 Referendum.

La connotazione più strettamente pannelliana viene assunta in un passaggio pressoché obbligato, anche se al momento pienamente condiviso, trattandosi di lavorare su progetti che s'incuneano fortemente nella situazione politica nazionale.

Un nucleo di 6/7 persone si distingue per impegno nella campagna referendaria, aggregando altri componenti e facendo crescere il gruppo con apporti che, benchè saltuari, risultano comunque utili di volta in volta.

Dal felice risultato della campagna referendaria ( 6000 firme, uno dei migliori dati nazionali in rapporto all'estensione della Provincia ) si passa all'impegno elettorale di marzo.

L'alleanza con Berlusconi (oggi, con sofisma eccessivo, sento Pannella definirla in altro modo) cala dall'alto sul gruppo ed è un boccone di difficile digestione, tanto nel merito quanto nel metodo.

Chi, però, nel gruppo si adegua molto bene e prima degli altri ai tempi nuovi è Lamedica, il quale profonde tutto il suo impegno in questa direzione (contatti continui con la dirigenza romana e regionale, esplorazione sistematica del territorio per aprirsi entrature personali con personaggi che si profilano sul nuovo orizzonte politico). Si sente spesso anche dichiarare con aria ispirata "...oggi si aprono nuovi spazi..."

Che poi i nuovi spazi fossero da lui auspicati soprattutto per sè è cosa ormai evidente, ma allora chi, nel gruppo, lavorava sodo e con totale disinteresse non era in grado di capirlo (e perciò, poi, ha subito gli attacchi senza avere difese). Su chi in gruppo faceva solo numero, approdandovi a seconda dell'umore e del tempo, ha fatto presa il modello di pressapochismo e demagogia fornito al grido di "siamo amici, ci vogliamo bene, ognuno fa quel che può" di Lamedica.

E così certa gente veniva a fare il meno possibile, inducendo in lui atteggiamenti da buon maestro degli ignorantelli e ostacolando il lavoro serio e la spinta a crescere di altri.

Premesso che non capisco perchè il lavoro politico debba essere condito di buoni sentimenti e poichè ho troppo rispetto dell'amicizia per spacciarla per moneta falsa, credo sia piuttosto alla capacità, all'impegno, alle competenze e alla professionalità che vadano attribuite possibilità di riuscita e di successo.

Ma tant'è.

Preso dal vortice di impegni e opportunità che i nuovi scenari gli aprono davanti, Lamedica dimentica, fuori dalla Corte d' Appello di Venezia, quello che avrebbe coronato gli sforzi vittoriosi del gruppo nel raccogliere firme nel gelo e nell'indifferenza di Treviso, e la lista di Veneto 2 per le politiche non passa (certo, anche allora, "magistratura ladrona", ma perchè non dare il posto che merita anche alla leggerezza ?).

Si stendono abbondanti veli pietosi sull'accaduto, anzi, si dimentica proprio, e Roma lo nomina d'ufficio alla Consulta, embrione di quello che sarà il Consiglio Generale.

Si va verso le Europee, Lamedica pone la sua candidatura di bandiera dichiarando che tocca a lui sacrificarsi.

Il gruppo funziona esclusivamente da "supporter" alla candidatura di Dell'Alba; è sempre in piazza per le più svariate ragioni (ma chiediamoci chi c'era sempre e dov'erano invece gli "amici e compagni" che hanno fatto ala intorno a Lamedica nell'opera di distruzione del nostro Club).

Abbrevio più che posso e arrivo alla costituzione formale del Club.

Viene eletto Lamedica al Consiglio Generale a luglio, per merito anche di voti da me sollecitati, a suo favore, da vecchi amici di Teramo.

Convinto, a quel punto, di appartenere ad una schiera di eletti, si sente autorizzato a distribuire investiture e designa me Presidente.

E' probabile si rendesse conto che, se avessimo votato liberamente, non forse la mia riuscita, ma la sua bocciatura sì, era certa.

Dunque, perchè non volgere a suo favore la situazione, creare uno stato di vassallaggio e fare l'eminenza grigia del gruppo ?

Si accorge ben presto, però, che il gioco gli sfugge di mano, scontrandosi con efficienza, capacità, dedizione senza riserve alla causa del Club, con il successo costante che il progetto di crescita e visibilità sta realizzando.

Dopo vari tentativi di riprendere il controllo della vita del Club, facendo rischiare pessime iniziative (ricordo la vicenda, da lui mal gestita, del Comitato per la Difesa dei Referendum, e l'intempestivo incontro di gennaio a Castelfranco con forze politiche locali, spacciato anche per iniziativa del Club a compagni che, perplessi, gliene chiedevano il significato), a questo punto, letteralmente sconvolto dalla non rielezione al Consiglio Generale, nel febbraio '95, dichiara che la "patria igrata" merita un segnale forte: non si ricostituiscano i Club del Veneto. Tale è il grido di guerra lanciato a Roma a Luciana e Maria Grazia e poi a me che, ignara perchè a casa con l'influenza, molto candidamente gli rispondo che la rappresentanza del Veneto, in fondo, restava affidata ai Presidenti dei Club e non vedevo perciò il problema.

Tanto è bastato per deciderlo ad uscire allo scoperto.

Il processo ben orchestrato a più voci, imbastito il primo marzo in sede è stato il concentrato di livore, rabbia e ottusità di chi, non essendo capace che di rovinare e distruggere, non riuscendo a costruire, si accanisce con vandalica violenza lasciando macerie (penso al Club pretestuosamente privato, dal gruppetto ringhioso, dei tavoli e dell'attrezzatura per l'attività politica).

Ma non basta; degno coronamento della vicenda, a metà marzo, come prevedibile finale di una squallida storia, piomba l'autocandidatura di Lamedica alla Presidenza della Provincia.

L'impossibilità, per il Club di continuare a funzionare, nonostante gli iscritti fossero in numero sufficiente e gli sforzi per proseguire enormi, è determinata dalla sua ingiustificata delegittimazione da parte di coordinatori regionali e nazionali che, pur conoscendo le difficoltà createci dal Lamedica, se ne sono lavate le mani, fornendogli così avalli formali di rappresentanza e ignorando l'esistenza del Club.

Neppure l'educazione di una risposta, non importa se negativa, alla proposta di alleanze elettorali con forze locali.

Si trattava di un invito che abbiamo sviluppato a livello interlocutorio e, così com'era, passato per conoscenza al coordinamento nazionale tramite Vesce.

Non s'itendeva certo contravvenire alle decisioni del Congresso, ma in quella fase era comunque opportuno rispondere a sollecitazioni che ci venivano inviate da gruppi che guardavano con grande interesse dalla nostra parte e con cui si profilava la concreta aspettativa di collaborazione, a partire dai nuovi referendum.

Credo che le vicende elettorali abbiano abbondantemente dimostrato a tutti che forse la strategia adottata non era la migliore possibile.

Ma questa è un'altra storia.

A due giorni dalle elezioni, nasce a Treviso il nuovo Club, Presidente (guarda caso) Lamedica, che così rientra dalla finestra nel Consiglio generale in cui non era entrato dalla porta.

Tutto torna in ordine, si spacciano in giro versoni surrettizie della vicenda, si fa credere a contrasti personali, a pruriti di protagonismo da cui sarei affetta e amenità varie.

Finisce qui la storia di un Club e di persone contro cui è stata messa in atto una vera operazione di linciaggio, una specie di "damnatio memoriae" le cui cause scatenanti vanno cercate in quegli strati profondi della natura umana da cui, se si scava, ci si ritrae inorriditi.

Il prezzo da pagare perchè ciò non accadesse era mostrarsi sempre accondiscendenti, burattini ammaestrati pronti a tacere e obbedire, fornendo manovalanza.

Aver dimostrato capacità e autonomia, aver voluto che il Club fosse connotato da serietà, organizzazione e spirito propositivo, è stata colpa troppo grave per essere perdonata.

Qualcuno riesce ancora a credere che le elezioni le abbiamo perse per colpa degli altri ? Le vicende del Club della Marca Trevigiana non potrebbero fornire materia di riflessione su come vengono gestiti i rapporti tra gli organi ufficiali del Movimento e i suoi militanti, sull'attenzione che viene posta alla qualità del lavoro politico, sul problema della mancanza di rapporti e collegamenti fra i club, privi di un reale coordinamento del lavoro ?

A fare da collante è solo Radio Radicale dove, a intervalli più o meno regolari, va in scena lo psicodramma della mobilitazione generale di volenterosi a caccia di firme o soldi.

Credo fermamente che il Partito Radicale e la Radio abbiano vissuto tempi migliori di questo; è lecito sperare che torni ad esistere in Italia quel luogo della politica che per tanti come noi è stato e rimane l'unico approdo possibile ?

 
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