Per molti utenti di questa conferenza l'articolo del "Financial Times" sui referendum in Italia, riportato in un precedente testo, apparirà su qualche punto come male informato e male informante. Per dirne una, non si dice affatto chi siano i promotori dei diciotto referendum in questione. Eppure, il "Financial Times" è uno dei più seri giornali del mondo: uno di quelli che si leggono volentieri per avere una serie di informazioni piuttosto affidabili su quanto accade in molti Paesi.Ancora peggio, del resto, si era comportato il "New York Times" quando, all'indomani delle elezioni italiane del 27 Marzo 1994, titolò in prima pagina pressapoco così: "Dopo cinquant'anni, i neofascisti tornano al governo in Italia".
La superficialità, l'approssimazione, la rozzezza della grande stampa internazionale ci balza agli occhi più facilmente quando l'argomento trattato ci è vicino, e siamo portati a non accorgercene quando ci propone analisi e commenti su Paesi che conosciamo scarsamente, o che non conosciamo affatto. Non altrimenti accade con la stampa italiana: quando affronta argomenti del nostro vivere quotidiano nel Paese, ed in particolare relativi alle campagne politiche che sosteniamo, ci appare subito nella sua inconsistenza o nella sua sistematica disinformazione; quando ospita nelle sue pagine articoli di politica internazionale, tendiamo a "prenderli per buoni". Così beviamo le più remote dal vero fandonie di osservatori non osservanti, di testimoni distratti o di professionali distortori, e l'idea del mondo che cerchiamo di costruirci ha forse meno a che fare con la realtà che se notizie e commenti di questo genere ci venissero risparmiati.