Caro Enzo,
spero tu abbia colto nel segno: né privilegio né causa di imbarazzo né discriminazione.
Da qualche mese stiamo "pensando", da queste parti, la costituzione di una associazione per l'in/differenza, che promuova, per mezzo di iniziative culturali e politiche, l'abbandono della specialità quando questa risulta causa o effetto di discriminazione e di pregiudizio.
Tre esempi:
Quando una persona omosessuale viene uccisa i giornali titolano "Omicidio nel sordido mondo degli omosessuali" o cose del genere. Che c'entra l'essere omosessuali con l'essere ammazzati?
Quando una persona con disabilità va a sbattere con la macchina i giornali titolano "handicappato provoca/subisce un incidente" o cose del genere. Che c'entra l'avere delle disabilità con gli incidenti in auto?
Quella persona condannata ieri a 12 anni di galera per aver violentato la figlia sotto la minaccia di una pistola e per altre violenze si è letta nei giornali come un "ex carabiniere violenta la figlia" o cose del genere. Che c'entra l'esser stato carabiniere con questi reati?
Questa non è informazione, è causa ed effetto di letture distorte, che poi producono i loro effetti come i cerchi di un sasso gettato in acqua.
Altri esempio che mi riguardano più da vicino:
una buca per le lettere "normale" accanto ad una più bassa, con sopra il simbolo internazionale dell'accessibilità;
la cabina telefonica "normale" accanto a quella accessibile;
i bagni "normali" e vicino quello (uno, asessuato) per disabili.
Quindi in/differenza non certo come menefreghismo, bensì come approccio culturale, progettuale, economico, politico tendente non a evidenziare le differenze, ma a limitarle ai casi ragionevolmente inevitabili.
Se questo atteggiamento, fra di noi, è già stato "conquistato", hai ragione, non è certo un risultato da poco.
A presto.
John
--- MMMR v4.00reg * Gutta cavat lapidem