Roma, 10 luglio 1995I Comitati promotori dei referendum dell'11 giugno promossi dal Movimento dei Club Pannella-Riformatori, dopo aver vinto il conflitto tra poteri dello Stato contro il primo decreto legge del Governo sulla par condicio (sentenza Corte Costituzionale n. 161 che ha dichiarato illegittimo il divieto di pubblicità per la campagna referendaria), hanno deciso di rinunciare al conflitto contro il secondo decreto legge del Governo.
Il nuovo conflitto era stato dichiarato ammissibile il 1· giugno scorso nei confronti del Governo ma non del Garante in quanto non riconosciuto dalla Corte come potere dello Stato (decisione che, delegittimando sostanzialmente il ruolo del Garante, ha poi aperto la strada alla nota decisione del Tar della Lombardia).
La Corte Costituzionale non ha potuto discutere nel merito il secondo ricorso entro l'11 giugno a causa dei tempi procedurali (la discussione era prevista per domani 11 luglio).
In merito, Peppino Calderisi, promotore dei referendum e del conflitto, ha dichiarato:
<Ma c'è anche un'altra ragione politicamente decisiva. E' opportuno creare le condizioni più distensive per verificare la possibilità di una soluzione parlamentare. A questo fine Forza Italia e il Polo hanno annunciato la presentazione di una proposta di legge (la cui redazione è stata affidata al prof. Caravita) che sarà portata al "tavolo delle regole".
Il decreto legge ha mostrato a tutti i suoi gravissimi limiti. Non è immaginabile che si giunga alle elezioni con una disciplina dettata da un decreto che il Parlamento non potrebbe mai convertire in legge e che potrebbe essere impugnato e annullato, come è già accaduto per i referendum.
Occorre una nuova normativa più liberale, saggia e ragionevole che, da una parte, garantisca davvero la parità di condizioni e, dall'altra, non diminuisca ma accresca le possibilità di comunicazione e informazione dei cittadini. Anche per la pubblicità elettorale bisogna tener conto che nella sentenza n. 161 la Corte, pur non investita del problema, ha dichiarato che per le campagme elettorali "un limite temporale ... per lo svolgimento della pubblicità può trovare giustificazione" se "ragionevolmente contenuto". Insomma, un divieto assoluto non sarebbe ritenuto costituzionalmente legittimo.>>