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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Angiolo - 13 luglio 1995
Roma, 13 luglio 1995

LETTERA APERTA A PEPPINO CALDERISI

Caro Peppino,

solo l'altrieri sono riuscito a leggere, in Agorà, il documento conclusivo del Convegno del 7 luglio. Bene o male, la Convenzione per le Riforme aveva acceso attese, magari polemiche, tra quanti si sforzano di aprire al paese un percorso finalmente liberale; era dunque importante vedere quale sbocco avrebbero avuto quei vostri lavori. Allora debbo subito dirti, a spiegare questa mia inusuale lettera aperta, che sono rimasto assai deluso - persino sul piano stilistico - dal vostro testo. Deluso, intendo, rispetto alle necessità e alle urgenze "oggettive" dei riformatori, dei liberali, dei liberisti: sia quelli che gravitano attorno al Polo sia quelli che, sparsi e frammentari, pure sono presenti dall'altra parte, non solo tra i cespugli, e ai quali occorre fare molta attenzione: nella convinzione, che almeno io ho, che gli schieramenti non siano ancor oggi stabilizzati, e che lacerazioni e spostamenti siano non solo possibili ma auspicabili, e da secondare con scelte adeguate.

Anche tu avrai notato come la qualifica di "liberale" (presente anche nel vostro "stemma") sia piuttosto inflazionata: liberali e "liberal" proliferano in questa stagione come, in autunno, i funghi nei boschi. Sarebbe troppo facile ironizzare su questo affollamento semantico che perciò stesso comporta un notevole illanguidimento espressivo. Non è quello che farò io: ritengo infatti che dietro a questo perfino risibile ammucchiarsi ci sia una esigenza autentica, alla quale occorre dare risposte e indicazioni adeguate, precise, non avventate o strumentali, tali da fare incanalare tante energie su uno o due sbocchi positivamente operativi.

Ebbene, temo si debba dire che il vostro decalogo non facilita il chiarimento, ed anzi lo allontana. Io attendevo il documento perché ero certo che dall'impegno di tante intelligenze, che sempre ammiro nei loro prodotti accademici o giornalistici, sarebbe scaturito un testo che avrebbe costituito a lungo la pietra di paragone su cui ogni altro omologo sforzo dovesse forzatamente misurarsi e confrontarsi. Ammetterai che ciò non è, e che il decalogo null'altro è che una pulita elencazione di "desiderata", senza spessore né indicazioni valide di strumenti, di percorsi, di obiettivi certi. Quando, domenica scorsa, 11 luglio, ho letto sul "Corriere" l'articolo di Giuliano Ferrara, ho pensato che la sua ironia nei vostri confronti fosse ingenerosa e riduttiva: ma come, mi sono chiesto, non era lui l'ispiratore e il vero regista della Convenzione? Perché, allora, questa evidente presa di distanza...? Ma la lettura del vostro documento mi dice, purtroppo, che voi stessi avete dato esca e pane per i denti di un polem

ista di quella portata, smaliziato e disincantato osservatore delle vicende politiche ma anche compiaciuto buongustaio (non solo televisivo) di idee e parole: forse, dopo avervi buttati nell'arena, Ferrara ha capito che il vostro apporto ad un progetto di rafforzamento "liberal"/e del polo sarebbe stato inadeguato alla terribilità del momento?

Ecco, se dovessi condensare le mie critiche, direi che il vostro decalogo è inadeguato perché ingenuo, prodotto di intellettuali che stentano a capire e a cogliere l'occasione per diventare protagonisti, autentici progettatori di idee. E non è un caso che, rifugiandovi magari in uno schivo "understatement", vi siate definiti una "lobby". E' ben vero che le tracce di percorso per una riforma istituzionale non potevano essere diverse... Non c'è poi troppo da inventare, in tale campo. Ma appunto per questo da voi, da loro, da quegli intellettuali, altro si poteva pretendere, ed altro essi dovevano essere in grado di offrire. E invece, persino l'intervento di Berlusconi era più preciso, pungente, politicamente avanzato della maggior parte delle cose che ho potuto sentire da voi (se ne tolga Brunetta, il più icastico e innovatore e quindi, forse, il più trascurato dal decalogo). Il bravo Pera, così sfocato rispetto alle cose da lui stesso dette ad una manifestazione dei Riformatori (dopo le elezioni del marzo 199

4, mi pare), ha solennemente affermato che voi sarete i "cattivi" che si contrappongono alla "mortadella con nutella" degli avversari. Ma di cattivo, francamente, al Parco dei Principi non c'era nulla, tranne la palpabile crudeltà di dover riconoscere che ancora una volta il primato spetta al politico, e che dieci intellettuali non fanno un movimento. Spettacolo triste e amaro, non solo per voi...

Ricordi come una ventina di anni fa, proprio in quella sala, si tenne il Convegno teorico del partito radicale (io ero uno dei due relatori!). Ebbene, basta rileggersi quelle pagine, confrontarle con il vostro decalogo, per riconoscere che troppi e troppo evidenti sono i passi indietro fatti rispetto a quel pur inadeguato testo..

Mi dirai che voi non volevate inventare nulla né progettare nulla di nuovo, ma solo costituire un "gruppo di pressione" per il Polo, e nel presente. Ma davvero credete che anche questo obiettivo sia stato da voi raggiunto? Cosa offre, in strumenti e progettualità, la vostra convenzione, di più di quanto non avesse avuto, in tempi lontani, l'A.R.A (Associazione Radicale per l'Alternativa), nata anch'essa col proposito di raddrizzare e far poggiare sul concreto una progettualità liberale rispetto alla quale già allora le teorizzazioni e le pratiche pannelliane apparivano astratte, arruffate, narcisisticamente inadeguate a farsi forza politica? Siete indietro persino rispetto all'A.R.C.O.D., di cui tu fosti ugualmente promotore e di cui facevano parte molti di quelli poi approdati al Parco dei Principi (e, magari, non solo al Parco dei Principi ma anche, con giovanile baldanza, ad uno o all'altro - o a tutti - dei tavoli liberali aperti in questi giorni).

Né l'A.R.A. né l'A.R.C.O.D. hanno avuto esiti e conseguenze. Certo, il tempo passa e Berlusconi si spera non sia un Segni. Ma consentimi che intanto il pannellismo, nelle sue forme anomale, sgradevoli, personalistiche, ecc. (come tu vuoi!), sta lì, vigile ed attento ad esercitare quotidianamente un protagonismo fatto di cose, stimoli, spunti, e sopratutto "occasioni" autentiche di iniziativa, e non solo decaloghi, intimazioni e digrignar di denti "cattivi". Ha resistito, il pannellismo, anche all'altro tentativo messo in atto ai suoi danni agli inizi degli anni '80, quando un nutrito gruppo di eccellenti deputati radicali (li ricordi? anche allora erano forse i migliori deputati su piazza!) venne ostensibilmente abbordato dall'accoppiata Craxi-Martelli, che tentavano così di assaltare ed infiacchire la presenza pannelliana, per creare il primo embrione di "Forza Italia" (pardon, era solo "Made in Italy", o qualcosa di assonante...). Ebbene, che fine hanno fatto i promotori (e i seguaci) di quel tentativo?

E' vero che voi non avete l'intenzione di sviluppare la vostra strategia per quindi anni. In fondo sono certo che il vostro progetto è misurato su tre-quattro mesi, in un calcolo che probabilmente è perfino estraneo e non noto ad alcuni di quelli che avete aggregato, ma che mi pare sennato attribuire a voi. Tutto è possibile, nel breve periodo, e penso che per riuscirvi voi farete di tutto anche per convincere singoli movimentisti (e magari anche alcuni dei Club Pannella già costituiti - è un suggerimento, anzi, fino troppo facile a darvi!): ma, sinceramente, io non ritengo che né tu né gli altri promotori abbiate la capacità di sollecitare autentica militanza, di fare crescere prospettive organizzate, di dare un corpo alle sigle. In fondo, tu e gli altri siete vissuti su e grazie a strutture e valori creati da Marco, perfino appositamente, anche se voi oggi li rinnegate e non volete più riconoscervici ("antiproibizionismo", "aborto", ad es., come ho fatto notare ad un Valcarenghi venuto pieno di curiosità a

lla vostra Convenzione ed incredulo a queste mie affermazioni!).

Caro Peppino,

è in sincera amicizia - ti conosco da quando eri uno studente a Pisa, repubblicano lamalfiano - che ti scrivo questa lettera, senza alcuno spirito polemico e nella speranza che tu voglia invece cogliere l'occasione per un civile e costruttivo dialogo. In fondo, anche per voi è necessario che Berlusconi non fallisca, non venga spazzato via dal "liberismo" (toh!) di D'Alema e dei suoi cespugli. Ma attenti, per questo, a non ridurvi anche voi alla condizione di magra vegetazione di sottobosco, di quella che vive solo perché succhia le altrui radici (e magari finisce col disseccarle). Vorrei che anche Pera, Colletti, Brunetta potessero intervenire: degli altri, sono così piccoli che è meglio aspettare ad una prossima stagione di raccolta.

Un cordiale, fraterno saluto,

Angiolo Bandinelli

 
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