ARTICOLO DI BENEDETTO DELLA VEDOVA PUBBLICATO SU "L'OPINIONE" DEL 29 LUGLIO 1995REFERENDUM. Nel volgere di pochi mesi la politica italiana sembra aver consumato e distrutto, perfino il valore vocativo, di democrazia, di scelta responsabile e responsabilizzatrice, della stessa parola "referendum". Solo nel 1993 Referendum era sinonimo di cambiamento, di novità, di catarsi rispetto alle paludi mefitiche della "prima Repubblica": era gradito al regime dell'informazione italiana, desideroso di archiviare un passato ingombrante ed indifendibile puntando sull'esasperazione delle persone. Poi però il "gioco" rischiava di rompere definitivamente quegli equilibri consociativi e partitocratici che hanno ricominciato a caratterizzare l'iniziativa dei redivivi partiti e partitini: questo ha fatto paura a molti, a partire da chi, come Segni, dopo essere stato miracolato proprio dalle consultazioni popolari, ambiva a succedere ai mandarini della prima Repubblica.
Da qui l'attacco, micidiale, concentrico: troppi, complicati, costosi, inutili, da scongiurare, incomprensibili. E nessuno ha fatto ammenda nemmeno dopo che il 60% degli elettori italiani (lo stesso quorum di tanti ballottaggi) ha dimostrato di voler e saper scegliere sulle TV, sul sindacato, sul commercio, su tante questioni su cui il Parlamento dei partiti non aveva saputo decidere. Questo è il punto, di metodo e di merito: mettere a disposizione dei cittadini, secondo Costituzione e secondo Legge, l'opportunità di stimolare il Parlamento, o se necessario di sostituirvisi, nell'opera di riforma delle istituzioni, dell'economia, della giustizia. Secondo quel metodo di democrazia competitiva, anglosassone, di scelta secca fra proposte alternative. Ma l'evangelica chiarezza, Sì Sì, No No, poco si addice, ci sembra di capire, anche ai paladini del nuovismo, progressista o moderato che sia, che giudicano proficuo per la democrazia ed il Paese mesi di immobilismo partitocratico sulla data delle elezioni e sulle
alchimie costiutuzionali, e stigmatizzano come destabilizzanti le nostre proposte di riforma sulla legge elettorale, o sulla Guardia di Finanza, sull'organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, etc. etc.. Hanno paura che i cittadini sappiano, e che i cittadini scelgano, hanno paura che il loro giocattolo si rompa, che il loro gioco venga scoperto e che gli altri chiedano di giocare. Di fronte a tutto questo vi domandiamo cosa è meglio, cosa più saggio e prudente per la politica italiana avere o non avere un appuntamento certo, per la prossima primavera, di discussione e di scontro su temi veri, concreti, importanti, nella forma ineludibile del Sì/No a quesiti referendari ? E ancora, è utile o no che 600.000 cittadini scrivano direttamente i temi prioritari sull'Agenda del Parlamento nei prossimi mesi ? Ovvio, noi crediamo di Sì, ma perchè accada è necessario ed urgente che la lobby dei democratici e dei riformatori si muova massicciamente nelle prossime ore: abbiamo bisogno di alcuni miliardi per fare sa
per agli Italiani che il nostro progetto esiste, e per farne conoscere i contenuti. E poi, in ciascun comune d'Italia, potremo forse raccogliere nelle poche settimane rimaste le firme necessarie.