L'agenda parlamentare quest'anno prevedeva come tutti sanno, tra
l'altro, temi come par condicio, riforma delle pensioni, riforme
istituzionali, Rai-TV e via dicendo. Tutti temi importanti per il
Paese che però sembrano aver portato ad una paralisi politica in
transatlantico. Ora, io credo che l'efficacia di pacchetti
referendari, stia proprio nel raggiungimento delle 500.000 mila firme,
allorquando l'agenda del parlamento ha un dato certo da iscrivere.
Infatti per indire referendum popolare abrogativo sulle eventuali
leggi "riformate" (ipotesi peggiore) occorre raggiungere un quorum che
fino a prova contraria non ha stabilito nessuna Cupola o Corte (vedi
art. 75 della Costituzione).
Discutere quindi di quesiti referendari più o meno validi non ha senso
(tutti possono essere temi importanti), ripeto e ribadisco che il
problema è comparare dati statistici con la situazione politica del
Paese per raggiungere il quorum (senza sfinire la militanza che,
rispetto ai Club esistenti, è davvero troppo esigua) per quel numero
numero "x" ben valutato e ragionato di quesiti referendari.
I 18 quesiti, a mio avviso non sono eccessivi numericamente, è
prioritario però che i parlamentari impegnati nella strategia dei
pacchetti referendari, dopo questa esperienza, consentano di
restituire nelle mani dei cittadini l'istituto referendario ovvero
autocertificazione della firma al tavolo da parte del cittadino o
meglio abrogazione della obbligatorietà di autenticare le firme da
parte di collaboratori di cancelleria, segretari comunali, notai.
Superato questo ostacolo, la strategia dei pacchetti referendari
avrebbe sicuramente maggior successo anche sull'agenda parlamentare.
Come negli States.