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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 10 agosto 1995
I 18 REFERENDUM MESSI IN SORDINA
L'ELETTORATO PREFERISCE DELEGARE I PARTITI

PER I POLITICI SONO FUMO NEGLI OCCHI

Il Giornale, Roma 10 Agosto 1995

di Iuri Maria Prado

Ha ragione Marco Pannella: stanno boicottando i referendum. E per chi lo sta facendo, per chi lo sta facendo, per chi cioè vuole precludere agli italiani non di poter dire "si" o "no", ma più semplicemente di poter "dire", sarà -si teme- gioco facile. Per due motivi. Il primo è fin banale: la classe politica(uso volutamente questa generica definizione, poiché in Italia tra la "classe politica" e le "oligarchie" di cui ha parlato Galli della Loggia non corre alcuna differenza) detesta il referendum. Lo detesta - è banale, lo so: ma è tutta qui la questione - perché esso, il referendum, attenta al monopolio che i politici esercitano nella gestione dello Stato. E' una avversione a priori, che si determina a prescindere dal contenuto del quesito referendario e per il solo fatto che altri e non loro (i politici) sia chiamato a decidere, a produrre con atto proprio e diretto una modificazione dell'assetto esistente. Non è un caso che le più importanti battaglie referendarie siano state condotte dai soliti e pochi

isolati, mentre i partiti di regime si sono limitati a guardare, salvo poi spacciare come proprie vittorie le acquisizioni di libertà e civiltà che al nostro Paese sono state garantite dai radicali. Mentre questi ultimi lavoravano( e digiunavano, diventando oggetto degli ignobili scherni dei carni << compagni>>) il Pci se ne stava zitto e non combinava nulla. Sull'aborto poi gli italiani decisoro come sappiamo, e il Psi - dopo - si autoproclamò salvatore dell'Italia civile ed europea.

E lo vediamo ora - con questa nuova tornata referendaria che prevede diciotto importanti quesiti da sottoporre agli italiani - lo vediamo ora quale parte stia prendendo il Pds e genericamente lo schieramento sedicente di sinistra.

Ma la colpa, la colpa per questo <> (rotto solo dalla notizia che un quotidiano - per una pagina illustrativa del contenuto dei quesiti - ha chiesto una somma superiore a quella pretesa dal primo giornale d'Italia) non è solo della cosiddetta <>.

Quella medesima avversione al referendum, quel medesimo rifiuto a priori, sono propri anche dell'elettorato, dei cittadini. Come i politici non tollerano che sia sottratto loro il monopolio della possibilità di determinare cambiamenti (possibilità che poi, in concreto, essi non esercitano e pervertono nell'uso di non cambiare mai nulla) cosi l'elettorato, la gente, di buon grado accetta di non essere investita di alcuna possibilità di decisione.

E' una questione di libertà. Troppe volte sentiamo dire che <>, che <>, che <>. senonchè, raschiato il superficiale buon senso di queste argomentazioni , scopriamo che in realtà il motivo di questo rifiuto è ben altro e molto più semplice: paura. Paura di essere chiamati a decidere. Paura di essere tenuti responsabili. Paura di essere attori - addirittura in una particina come quella del voto - di un cambiamento ( e cambiamento quale che sia - si o no - perché ciò che ripugna, ciò che spaventa, non è il fatto che a vincere sia questa o quella parte, e in ipotesi quella a noi avversa, ma invece che a vincere sia l'una o l'altra in virtù del nostro intervento autonomo e diretto).

Paura, dunque, di essere liberi.

Allora gli italiani inizieranno a diventare un popolo più serio, più forte, quindi più temibile in casa e fuori, quando impareranno ad accettare con animo sereno di poter essere liberi per atto proprio anziché per regalo altrui.

Ora il referendum non è l'ultimo dei mezzi - né il meno efficace - per imparare questa lezione di libertà.

Ed è necessario sottolineare che saremo più liberi non se prevarrà un <> o un <>, ma se questi, puramente e semplicemente, potranno essere espressi?.

 
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