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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 4 settembre 1995
IL SOLE 24 ORE 30 AGOSTO 1995
pag.6 al centro

"DROGA, PERCHE' LIBERALIZZARE"

Le posizioni degli economisti hanno giustificazioni, ma non convincono l'opinione pubblica.

di Armando Massarenti

A proposito del problema dell'assunzione di droghe - di qualunque droga, intendendo la parola nel senso più generale : droghe leggere o pesanti, alcool, sigarette farmaci e psicofarmaci, ma anche, perché no? sesso gioco d'azzardo, "gratta e vinci", calcio, totocalcio e molte altre cose ancora, ma solo nella misura il cui esse producono assuefazione - l'autore di questo articolo ha una opinione personale molto precisa di netto rifiuto.. Far uso di certe sostanze, o persistere in certi comportamenti, fino a rendersene schiavi, è - per lui - qualcosa di assolutamente poco attraente. Che senso abbia improntare il proprio stile di vita ad un'intensa attività volta essenzialmente a "fumarsi il cervello", proprio non riesce a capire. Solo nel pieno delle proprie facoltà intellettive si può davvero essere liberi e padroni delle proprie azioni, e quindi esserne responsabili. Qualunque alterazione permanente (è lecito ovviamente provare qualche volta, a patto di mantenere il controllo, alcune di quelle sostanze ed esp

erienze) del proprio stato mentale rappresenta quindi, di fatto, non la conquista, ma l'inizio della rinuncia alla libertà di "fare ciò che si vuole". Questa posizione - si spera - apparirà perfettamente plausibile alla maggior parte dei nostri lettori. Ma il fatto che essa sia plausibile o ragionevole, (ammesso che lo sia per tutti) implica forse che gli usi di quelle sostanze (di tutte quelle sostanze) andrebbero proibiti per legge? Evidentemente no. Peraltro alcune di quelle sostanze e di quei comportamenti non sono affatto proibiti. Sul fatto che alcuni debbano esserlo ed latri no, possono esserci ottime ragioni di convenienza sociale. Questo è innegabile. Tuttavia vorremmo mettere l'accento su di un fatto su cui non si riflette mai abbastanza: che questi divieti, in uno Stato liberale, dovrebbero essere considerati delle eccezioni e non la regola. E sono le eccezioni, non la regola a chiedere una giustificazione. Tanto più che la regola in questione qui, è quella liberale per eccellenza, esposta da John

Stuart Mill nel suo immortale On Liberty. La libertà di condurre la propria vita nel modo che i cittadini preferiscono, compresi i modi meno conformistici e quelli apparentemente meno morali, va garantita a tutti con un'unica possibile restrizione: che non si provochi danno ad altri (dove il danno consiste essenzialmente nell'impedire ad altri di perseguire liberamente i propri stili di vita). Quindi: poiché è molto difficile dimostrare che, di per sé, il consumo delle sostanze elencate sopra provoca danni ad altri, non è giustificato proibirle. Tutto questo a rigor di logica. Almeno per chi crede sia nella logica che nei principi liberali. Ma ci si potrà chiedere: che valore può avere la Ragione, quando si ha a che fare con problemi spinosi e drammatici come quello della tossicodipendenza. Di fronte alle tragiche morti per overdose, alla disperazione delle famiglie, ed allo stesso dramma esistenziale che di solito è all'origine dell'assunzione delle droghe pesanti? A dar retta alla ragione - che si vale in

questo caso anche delle conferme dell'esperienza - comunque non ci sarebbero dubbi: la liberalizzazione è assolutamente preferibile rispetto al proibizionismo. Su questo è d'accordo la stragrande maggioranza degli economisti. Ed esperimenti limitati come quello recente di Zurigo sembrano confermare le loro teorie. Perché allora la maggioranza delle persone e degli esponenti della classe politica - come sta accadendo anche in questi giorni dopo la provocazione di Pannella - propende sistematicamente per la posizione opposta? Perché si preferisce la repressione e la criminalizzazione anziché la liberalizzazione (che comunque - dicono i suoi sostenitori - non sarebbe un "invito a drogarsi", ma andrebbe accompagnata da campagne educative di dissuasione)? Una risposta a questa spinosa domanda ci viene da uno dei più importanti filosofi americani, Robert Nozick, che ha dedicato il suo ultimo libro proprio al tema generale della razionalità. La natura della razionalità, tradotto da poco da Feltrinelli, è un libro

tecnico e filosoficamente molto ambizioso, ma una delle sue idee di fondo è facile da comprendere. Le ragioni che si adducono a favore di una credenza , di un'azione o di ina posizione politica sono cariche, secondo Nozick, di "valenze simboliche". Più queste valenze simboliche sono forti più le ragioni appaiono convincenti. L'avversione per l'uso delle droghe - leggere e pesanti - produce valenze simboliche molto più forti rispetto alle ragioni fredde e piuttosto astratte che vengono fornite dagli antiproibizionisti. "Quando si discute su una certa politica -ha spiegato Nozick al "Sole 24 ore" - capita di valutarla negativamente sulla base del fatto che essa non riesce a realizzare gli obiettivi per cui essa era pensata. Eppure ci sono casi in cui, anche di fronte ai risultati chiaramente negativi, una politica continua ad essere mantenuta. E questo dipende dal suo valore simbolico. Un esempio molto chiaro sono le leggi contro l'uso di droghe. Il loro effetto è disastroso. Dall'illegalità di certe droghe n

asce un mercato illegale che realizza profitti da capogiro. Si commettono delitti per procurarsi i soldi per la dose, e la paura aumenta nelle strade. Gli spacciatori corrompono giudici e poliziotti, contribuendo a incancrenire l'intero sistema della giustizia. Persino il sistema politico di interi Paesi, come la Colombia, ne risulta corrotto. Il consumo di droghe non scende affatto. Inoltre poiché il mercato è illegale non c'è nessun controllo sulla qualità della droga, così che anche i morti per droga aumentano: i tossicodipendenti non sanno esattamente che dose stanno assumendo e il rischio di overdose diventa elevatissimo. la domanda non scende e questo è chiarissimo se si guarda l'andamento dei prezzi che non diminuiscono per niente". "Ebbene - osserva Nozick - di fronte a tutti questi effetti negativi, perché mai bisognerebbe continuare la politica che rende illegale l'uso della droghe? E perché i sostenitori di quella politica restano sordi di fronte a questi dati, che ne esprimono gli effetti reali?

La risposta è che essi assegnano alla proibizione della droga un grande significato simbolico. Per loro l'uso di droghe è qualcosa di assolutamente negativo, e in questo si sentono di esprimere un sentimento generalizzato. Così ci si tiene una politica che ha pessime conseguenze". Queste considerazioni che riassumono le ragioni degli economisti contro il proibizionismo, dovrebbero far riflettere anche quei gruppi politici e sociali che cercano di sensibilizzare l'opinione pubblica e di orientarla verso le tesi antiproibizioniste. Avere ragione non basta. Piuttosto come dice NOzick, "bisogna impegnarsi a trovare una politica impegnativa che abbia un valore simbolico ugualmente alto, ma con conseguenze sociali meno disastrose. Come si vede anche nei casi di politiche sbagliate, nella mia teoria il "significato simbolico" gioca un ruolo perfettamente razionale. E bisogna tenerne conto se si vuole davvero produrre qualche cambiamento". Pannella a costo di farsi dare del "buffone" dalla maggior parte dei suoi col

leghi politici, col suo gesto eclatante di vendere marijuana in spregio alla legge, col suo gesto forse ha cercato di fare proprio questo: conferire un valore simbolico alle ragioni anti proibizioniste.

 
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