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Conferenza Movimento club Pannella
Depetro Alessandro - 14 ottobre 1995
Ri: PRIVATIZZAZIONI: CLUB PANNELLA

Temo che la confusione regni sovrana nella visione scandalistica e

alquanto controproducente che il tesoriere del Movimento ha della

cessione di quote di capitale dell'Eni da parte del governo.

Qui non si tratta ragionieristicamente parlando di dismissioni bensì

di trasferimento di quote a nuovi soci che, in un primo momento, il

governo si riserva di scegliere tra i possibili investitori. Non è

quindi possibile parlare di foglie di fico dal momento che qualsiasi

economista con un briciolo di corretezza intellettuale sa che

operazioni di tale portata vanno ricondotte a motivazioni connesse a

problemi economici. Benedetto Della Vedova a due giorni dal 503esimo

anniversario, scopre l'America.

Probabilmente il numero due di Torre Argentina, ha ragione nella sua

analisi politica prevedendo assegnazioni di comodo da parte dei

partiti (nelle attuali condizioni politiche) ma economicamente le

scelte che verranno fatte, nell'ottica, anche, di una espansione

dell'Eni stesso con l'apporto di capitale fresco da parte di nuovi

soci può rappresentare una scelta, a mio avviso più che opportuna per

l'economia del Paese. Del resto le casse dello Stato sono attualmente

alquanto fiacche e la riserva sugli investitori, con il golden share,

credo debba essere attribuita proprio alle previsioni che l'attuale

governo ha fatto per quanto riguarda i risultati economici futuri. In

altre parole questa riserva ha lo scopo evidente di stabilire se i

capitali apportati dai nuovi investitori nella misura del 10, 15

percento del capitale Eni ora, saranno in grado poi, con opportune

scelte di management, di rendere reali i redditi previsti da questo

tipo di operazione. Credo che il primo soggetto a rischiare in questo

tipo di cessione è lo Stato medesimo e ventilare soluzioni

neoliberiste troppo avanzate porterebbe sicuramente alla eliminazione

immediata di coloro che in futuro prevedono di acquisire delle quote,

magari non di maggioranza. Una sorta di gigantesco monopolio privato,

senza concorrenza, comunque in mano a quei pochi investitori o "soliti

amici", che oggi potrebbero investire in nome del liberismo sfrenato

(firmando anche quel referendum, facendo buon viso) e che poi, a conti

fatti, lascerebbero l'Italia al proprio destino.

 
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